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Delitto di Pordenone, il bersaglio era Trifone. Ma perché uccidere anche lei?

La notizia è che dopo sei mesi di indagini per l’omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza, i due fidanzati freddati a colpi di pistola all’uscita di una palestra di Pordenone, un uomo è stato iscritto nel registro degli indagati: secondo le prime indiscrezioni, si tratterebbe di un amico di Trifone, un commilitone di 26 anni, che era già stato sentito dai carabinieri in passato.

La situazione è in divenire e molto presto conosceremo nome, cognome e colto del presunto assassino. Ma la domanda alla quale tutti aspettiamo di trovare una risposta è questa: perché lo ha fatto? Qual è il movente di questo duplice omicidio studiato e premeditato.

Una prima supposizione possiamo provare a farla, nell’attesa di essere smentiti dallo sviluppo che prenderanno le indagini. Se l’indagato è un commilitone e amico di Trifone, probabilmente trova conferma l’ipotesi che il bersaglio fosse proprio lui, e non la fidanzata. Teresa era rimasta sola tutto il giorno, andando avanti e indietro tra casa, lavoro, supermercato. Chi ha ucciso ha studiato tutto nei dettagli. Se avesse voluto colpire lei, avrebbe avuto tante occasioni per farlo senza lasciare traccia, e senza rischiare che se qualcosa fosse andato storto si sarebbe ritrovato addosso un uomo forte e robusto come Trifone.

Chiarito il probabile bersaglio, rimane il grande interrogativo che investe il movente: perché uccidere anche la fidanzata? L’impressione è che la ragione vada cercata fuori dalla dinamica dell’agguato. Teresa non era scomoda per quello che ha visto poco prima di morire, ma per ciò che poteva sapere a monte. Se fosse rimasta in vita avrebbe portato gli investigatori dritti a casa dell’assassino. Il quale, se questo ragionamento è valido, sapeva che lei quella sera sarebbe passato a prendere Trifone all’uscita dalla palestra.

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