Decreto sviluppo, marcia indietro sui pagamenti elettronici

Non c’è feeling tra il bancomat, le carte di credito e gli italiani, che rimangono affezionati alle vecchie banconote di carta. O almeno è questa la conclusione che sembra sensato trarre leggendo la nuova bozza del decreto sviluppo bis (quello sull’agenda digitale) che sarà discusso settimana prossima in Consiglio dei Ministri.

All’articolo 36, in una prima versione, era scritto: «A decorrere dal 1 luglio 2013, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, per gli importi superiori a 50 euro sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito». In pratica, tutti i negozianti e i professionisti si sarebbero dovuti munire, e anche abbastanza in fretta, dei Pos, i terminali per registrare i pagamenti elettronici. Diffusissimi in altri Paesi, ma che stentano ancora a decollare da noi, soprattutto per saldare piccoli importi. Inoltre non avrebbero potuto storcere il naso in caso il cliente avesse voluto pagare una qualsiasi cifra strisciando la carta.

A quanto pare, però, il ministero ha deciso di fare una doppia marcia indietro. Da una parte nella nuova bozza, quella che dovrebbe andare all’esame del Governo, non ci sarebbe più il limite di utilizzo dei contanti di 50 euro. Non solo, l’obbligo di accettare pagamenti elettronici sarebbe stato posticipato al primo gennaio 2014. Insomma, se ne parla tra quasi un anno e mezzo, per ora la partita si chiude con un classico niente di fatto. E alla questione si aggiunge un ulteriore carico di fumo, perché il provvedimento affida al «ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze, sentita la Banca d’Italia», il compito di decidere su importi minimi, modalità e termini.

La ragione di questo slittamento, comunque, non è spiegabile soltanto con la mancanza di maturità del Paese di fronte a certi strumenti. Gli attori in gioco sono molteplici e sull’argomento hanno opinioni ben precise. Sul punto, per esempio, è intervenuto il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli, che ha così commentato: «Noi siamo favorevoli alla modernizzazione dei sistemi di pagamento, ma certamente non servono obblighi. Quello che serve è una effettiva riduzione dei costi delle commissioni che gravano in maniera pesantissima sui consumatori e sugli esercenti». Tradotto: ci pensiamo noi, magari in anticipo sui termini imposti dall'alto, ma fateci pagare di meno per ogni transazione.

La buona notizia è che nella bozza del decreto si parla di «estensione degli obblighi anche a strumenti di pagamento con le tecnologie mobili». Si tratta quantomeno di una presa di consapevolezza da parte del Governo: carte di credito e bancomat sono solo una faccia del dado, presto la tecnologia farà entrare in campo altri attori, su tutti gli smartphone, e sarebbe un controsenso tenerli alla porta solo per un vuoto normativo.

Nel decreto si parla inoltre di una spinta sul fronte delle fatture elettroniche, che prima richiedevano il consenso del destinatario per il loro utilizzo, andando peraltro in contrasto con quanto stabilito da  una direttiva comunitaria. Infine, anche le pubbliche amministrazioni saranno tenute ad accettare pagamenti elettronici, fornendo agli utenti, tramite i loro siti istituzionali, le coordinate bancarie per effettuare il versamento. Noi italiani saremo anche affezionati al contante, ma saremo felici di risparmiarci qualche coda allo sportello.

Twitter: @marmorello

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