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ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
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C’è una sola strada per riformare il Csm: trasparenza

Quando uno scandalo scoppia, come sempre accade, si torna a parlare di riforme “indifferibili”. Il Consiglio superiore della magistratura (e la magistratura nel suo insieme) attraversa il peggiore periodo della sua storia. E per rimediare al bubbone delle pressioni indebite, del mercanteggio tra correnti, delle nomine fatte su dettatura, ecco che si torna a pensare a nuove regole per l’elezione dei magistrati, a sistemi per frenare i baratti interessati, il “mercato delle vacche”.

Volete sapere quale sarebbe una soluzione vera, e facile facile? Imporre una totale trasparenza al lavoro delle commissioni. Altro che O-ne-stà, o-ne-stà, come gridano i grillini: qui serve tra-spa-ren-za. E basterebbe poco.

Vediamo. Al centro del caso è la Quinta commissione, quella che si occupa delle nomine alle più alte cariche dirigenziali, cioè seleziona tra i candidati a questa o a quella Procura della Repubblica. Ma i suoi verbali, come quelli di altre commissioni del Csm, non sono raggiungibili. Una gentile funzionaria del Csm conferma a Panorama.it che “il regolamento interno” del Csm stesso fa dei verbali di quella commissione “atti privati non ostensibili”: cioè segreti, inviolabili.

Cerchiamo di capire che cosa è accaduto. Il caso che ha scoperchiato questo verminaio è iniziato lo scorso 23 maggio, il giorno in cui la quinta commissione del Csm, che per l’appunto si occupa del “conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi”, ha indicato al plenum quale fosse la terna dei candidati per il posto di procuratore di Roma lasciato libero da Giuseppe Pignatone, andato in pensione. In commissione i tre nomi “passati” quel giorno sono stati quelli di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze; di Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo; e di Giuseppe Creazzo, procuratore di Firenze: Viola ha incassato quattro voti, lasciandone uno a testa agli altri due candidati.

Ma all’inizio di quest’anno, quando era stato chiaro che la poltrona di Pignatone stava per liberarsi, a candidarsi al suo posto non erano stati solo questi tre “concorrenti”: altri dieci alti magistrati avevano fatto regolare domanda alla quinta commissione del Csm.

Chi sono? Ecco i loro nomi: si erano fatti avanti (in ordine alfabetico)

Giuseppe Corasaniti, capo del dipartimento degli Affari di giustizia del ministero della Giustizia;

Giuseppe De Falco, procuratore di Frosinone;

Claudio Di Ruzza, procuratore del Tribunale dei minori di Campobasso;

Alessandro Mancini, procuratore di Ravenna;

Antonio Maruccia, procuratore generale di Lecce;

Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma;

Francesco Prete, procuratore di Velletri;

Leonida Primicerio, procuratore generale di Salerno; 

Cuno Tarfusser, vicepresidente della Corte penale internazionale dell'Aja ed ex procuratore di Bolzano;

Salvatore Vitello, procuratore di Siena.

Tutti e dieci, come si nota a colpo d’occhio, sono magistrati assolutamente non di secondo ruolo, rispetto ai tre prescelti. Al contrario, sono importanti ed esperti, dotati di competenze evidenti e di capacità organizzative. In alcuni casi, si tratta anche di gente di fama: veri personaggi. Alcuni, di loro (difetto fondamentale!), forse non hanno una corrente che li sostenga…

Ecco. La domanda centrale, ma se si vuole il vero busillis originario dello scandalo del Csm, è tutto qui: come sono stati scelti fra i 13 candidati i tre della terna proposta al Csm, e sulla quale poi si è scoperto che si stava esercitando un gioco illegittimo di pressioni e ricatti?

La domanda è: come sono stati esclusi, i dieci magistrati concorrenti? Perché sono stati eliminati uno dopo l’altro, proprio come “i dieci piccoli indiani” del famoso romanzo di Agatha Christie? Ci spiace, ma a questo (almeno per ora) non possiamo rispondere. Proprio perché, come dice la gentile funzionaria del Csm, i verbali della quinta commissione sono segreti, riservati, “non ostensibili”. A precisa domanda, la funzionaria aggiunge che soltanto i “diretti interessati”, cioè i dieci magistrati esclusi, potrebbero fare richiesta per accedere alla documentazione. Non abbiamo capito se li otterrebbero, ma intanto è una strada: anzi, è l’unica strada per la tra-spa-ren-za.

Ecco: il nostro sommesso suggerimento è che i verbali da adesso in poi diventino integralmente e totalmente pubblici. In più, ci piacerebbe tanto che i dieci facessero quella domanda, che chiedessero di sapere perché mai i sei membri della quinta commissione (per la cronaca, i consiglieri Mario Suriano, Fulvio Gigliotti, Gianluigi Morlini,Emanuele Basile, Pier Camillo Davigo e Antonio Lepre) hanno preferito i loro tre colleghi. A noi interesserebbe saperne qualcosa di più e loro, “i dieci piccoli indiani eliminati dal Csm”, sono l’unica via per la trasparenza.


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