Economia
January 08 2015
Si può replicare Silicon Valley lontano da San Francisco? Il distretto delle tecnologie dell’informazione che sta guidando la rivoluzione digitale in corso fa gola a molti amministratori e politici locali, in America e nel resto del mondo. E’ un mix che fa faville. Da ricerca di base, talento ingegneristico e manageriale, spirito imprenditoriale, venture capital, facilità di scambiare informazioni e propensione al rischio si generano innovazione, impresa e occupazione su grande scala. Ma ha senso provare a imitare il modello?
Se pensiamo all’esperienza dei distretti industriali italiani, si può essere scettici: molti hanno provato a esportarli in nuove aree, ma con scarso successo. Le piastrelle si fanno meglio a Sassuolo, le sedie in Friuli e il packaging lungo la via Emilia. Lo stesso dicasi per l’ICT: a San Francisco, diceva un manager romano trapiantato qui, la startup tecnologica cresce come il pomodoro nella piana di Fondi. Ogni distretto è un ecosistema nel quale diversi fattori interagiscono tra di loro in maniera unica. E l’unicità è in larga misura basata sulla cultura – quell’insieme di valori convisi e spesso inespressi che guidano il pensiero e l’azione delle persone in un determinato ambiente.
Bisogna rassegnarsi dunque? No: un conto è tentare di clonare Silicon Valley, un altro conto è creare nei territori le condizioni per far nascere e, soprattutto, crescere aziende innovative. Nel momento in cui il digitale sta stravolgendo molti modelli di business, nuove imprese devono poter nascere in ciascun territorio per fecondare l’economia locale. Per fortuna questo sta già avvenendo anche in alcune aree d’Italia: oltre che a Milano, Roma e Torino, si stanno distinguendo Trento, Trieste, Cagliari, Pisa e Napoli (nel video in basso, un video su un'iniziativa-modello lanciata da Trento per attrarre startup innovative, TechPeaks).
Un guru di Silicon Valley, il presidente del Menlo College, Richard Moran, ha appena pubblicato un vademecum in nove punti su come promuovere ecosistemi locali orientati all’innovazione. Questi i suoi consigli (da prendere sul serio, anche se alcuni non sembrano “seriosi”: ricordiamoci che è la giusta mentalità a fare la differenza).
Nel caso italiano, mi verrebbe da aggiungere un decimo punto: favorire l’acquisizione di startup innovative da parte di aziende già consolidate. Per chi vuole leggere la check-list di Moran in inglese, questo è il link: buona riflessione.