La rivoluzione delle colf

Ted Aljibe, AFP/Getty Images

Ogni domenica, le strade di Hong Kong si riempiono di donne filippine: 250mila in una metropoli con più di sette milioni di abitanti. Si accampano in ogni angolo disponibile. Se ne vedono per strada e nei negozi a buon mercato. D’estate, nei centri commerciali per sfuggire all’afa dei 35/40 gradi. D’inverno, in riva al mare o accovacciate per terra lungo i corridoi che collegano i palazzi della città, impegnate a ricreare un angolo di Manila in mezzo ai grattacieli.


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Sono sempre sorridenti, cantano, scherzano e mangiano assieme. Creano un vero e proprio carnevale metropolitano: in un angolo c'è chi si esercita a ballare, in un altro, chi sfida le amiche a carte; più in là chi legge un giornale, o chi sfoglia  gli album che raccolgono le fotografie di mariti e figli rimasti in patria.


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Regolarmente si radunano nei parchi o negli spazi aperti della città per riempire pacchi comuni con oggetti, abiti e soldi da inviare alle famiglie nelle Filippine.


Le filippine amano ballare, alternando alle coreografie di danza contemporanea provate e riprovate sulle spiagge della metropoli balli più tradizionali, come quello “del bicchiere”.



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La danza dei bicchieri, ballata di solito durante le celebrazioni per l’indipendenza delle Filippine, il 12 giugno.


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Trucco da ballerina: un dettaglio.


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Un gruppo di filippine a lezione di violino.


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Per chi non ama la musica e ballare, le carte sono un ottimo intrattenimento.


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Il momento del pranzo è sacro. Viene consumato rigorosamente all’aperto. Tutte portano qualcosa da casa, avanzi o cibo cucinato apposta per l’occasione non importa, purché venga condiviso tra tutti i commensali.


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L'allegria che le circonda pare quella di una comunità apparentemente ben integrata. Eppure, dietro tanti sorrisi non c'è sempre una storia felice. E a Hong Kong come in tante altre metropoli, sono spesso vittime indifese di ingiuste discriminazioni.


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