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Che cosa ha detto (veramente) Berlusconi

Silvio Berlusconi vuol vincere. Vuole che non vinca la sinistra. Vuole che vinca il fronte dei moderati. Questa e solo questa è la chiave per capire la sua ricerca dell’assetto più efficace per le elezioni. Mancano due mesi e il tempo stringe. Ma quello che il Cavaliere ha detto ieri alla presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa non è affatto confuso. È perfino troppo chiaro. Quasi trasparente. A riprova che il Cavaliere, tra tutti i politici italiani, è ancora quello che parla in modo più sfacciatamente sincero. Tutto il contrario di quanto sostengono i commentatori dei due principali quotidiani nazionali, Massimo Franco sul Corriere della Sera e Concita De Gregorio su Repubblica, dipingendolo come fonte e vittima di una “confusione” totale.

Cerchiamo di diradare la cortina di nebbia.

Berlusconi vuole far vincere i moderati. E si ostina a considerare Mario Monti per quello che avrebbe dovuto essere: un tecnico. Ribadisce la sua stima (è stato lui il primo a portarlo in Europa come Commissario) e rivela che lo avrebbe voluto ministro dell’Economia al posto di Tremonti. Perché adesso lo critica? Perché non critica la persona, ma il contesto. Berlusconi mette d’accordo pro e contro Monti nello stesso PdL (o almeno ci prova) quando spiega che il peggioramento dell’economia italiana è un dato che emerge da tutti gli indicatori economici (si stava meglio sotto il governo Berlusconi), ma che non è colpa di Monti. Il professore ha dovuto piegarsi ai veti della parte “sinistra” della maggioranza. Il punto di svolta è stata la riforma del lavoro di Elsa Fornero, stravolta dalle pressioni di Bersani e del sindacato. Non potendo fare le riforme liberali (quelle che neanche il Cav era riuscito a portare a termine per via della defezione di Fini e delle offensive mediatico-giudiziarie), Monti si è dovuto limitare a una politica di rigore e imposizione fiscale. Adesso il Prof, dimissionario, ha le mani libere. E Berlusconi è convinto che da buon tecnico potrebbe fare bene il prossimo capo di governo, purché appoggiato da una maggioranza liberale e moderata. Non è neppure la prima volta che lo dice. L’aveva già spiegato nelle interviste ai media stranieri. Nessuna contraddizione tra montismo e anti-montismo, quindi. Tutti dimenticano sempre che il Cav è anzitutto un pragmatico. Spetta a Monti offrire la sua disponibilità, ma non lo farà mai per non perdere quell’immagine super partes necessaria per approdare al Quirinale o di nuovo a Palazzo Chigi sostenuto da destra e sinistra. Spiega inoltre Berlusconi, anche qui con franchezza eccessiva, di averlo criticato per esprimere sintonia con la protesta dei propri elettori tartassati, e per riannodare il rapporto con la Lega.

Smaccatamente franco pure su Alfano e sul Carroccio. Maroni non vuole Berlusconi candidato premier. Il Cav lo rivela senza problemi e aggiunge che è incorso una trattativa: se la Lega correrà da sola per la presidenza della Lombardia, il PdL rimetterà in discussione le alleanze in Veneto e Piemonte. Scelta del tutto legittima e anche ragionevole, che soltanto col paraocchi dell’anti-berlusconismo si potrebbe definire “ricatto”. Che altro è la politica? E ancora: non è escluso che alla fine della fiera sia Alfano il candidato premier del PdL-Forza Italia e della coalizione moderata che comprenderà pure gli ex An di “centrodestra nazionale”. Tante le pressioni e le variabili in gioco e il Cavaliere, per esempio, deve affrontare l’ostilità dell’Europa. E deve sostenere l’attacco frontale dei magistrati. Su questo il Cav ha posto una domanda sacrosanta: perché lui è finito sotto processo per aver contribuito a divulgare una notizia coperta da segreto relativa a un’intercettazione a Fassino, quando poi il contenuto del suo interrogatorio davanti ai magistrati di Palermo sul “caso Dell’Utri” (presenti lui e i pm) è finita integralmente sul Fatto Quotidiano, “compresa la pausa caffè, e non è successo nulla”? Già, perché?

Il problema vero, per Berlusconi, non riguarda le alleanze né i candidati premier. Riguarda i programmi e la classe dirigente. Prima o poi si dovrà cominciare a parlare non più di contrapposizione a Monti e dialettica con la Lega, ma di contenuti e della proposta di governo, e delle persone che dovranno sostenerli in Parlamento. È su questo terreno che gli elettori di centrodestra aspettano al varco Berlusconi e i suoi.

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