Cefalonia, 8-24 settembre 1943: il martirio degli Italiani - foto

Da : C.Palumbo "Arrendersi o Combattere"
Pezzo campale da 65/17, uno dei 120 pezzi di questo calibro attivi sull'isola all'armistizio
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Argostoli, 13 settembre 1943. Soldati della "Acqui" disarmano un gruppo di Tedeschi dopo un breve conflitto a fuoco
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Il Capitano Renzo Apollonio con un pezzo da 100/17
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Argostoli, 13 settembre 1943. Soldati tedeschi su sidecar fatti prigionieri dagli Italiani
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Batteria costiera della Regia Marina in azione ad Akrotiri (Cefalonia) dopo l'armistizio
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L'armistizio al Comando del 17° Fanteria della Divisione "Acqui". Cefalonia 8 settembre 1943
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Il testo dell'ultimatum consegnato l'11 settembre 1943 dal comando tedesco di Cefalonia al generale Gandin
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fanti della "Acqui" alla assalto durante la settimana di resistenza sull'isola di Cefalonia
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Porto di Argostoli: 2 ufficiali italiani di cui uno mutilato
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Foto ricordo di un soldato della "Acqui" a Cefalonia prima dell'armistizio
La "casetta rossa" oggi
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Stuka della Luftwaffe durante un incursione contro le postazioni italiane nella zona di Kardakata (Cefalonia)
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Il generale Antonio Gandin, comandante della Divisione "Acqui", fucilato a Cefalonia il 24 settembre 1943
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La "casetta rossa" a Capo San Teodoro, dove furono fucilati gli ufficiali della "Acqui" il 24 settembre 1943
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Il generale Von Stettner, comandante della divisione alpina "Edelweiss" verso Cefalonia
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Mezzi tedeschi si imbarcano a Prevesa per lo sbarco a Cefalonia
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Un giovane civile greco obbligato a portare le armi dei tedeschi durante l'avanzata a Cefalonia
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La divisione "Edelweiss" sbarca a cefalonia da una motozattera
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Gebirgsjaeger della divisione Edelweiss in vista del capoluogo di Cefalonia, Argostoli
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Soldati del 17° Fanteria durante la marcia di trasferimento seguita all'armistizio, poco prima dello scontro con i Tedeschi
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Il tavolo della resa italiana poco dopo la firma del generale Gandin il 22 settembre 1943
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La marcia dei prigionieri della "Acqui" dopo la resa del 22 settembre 1943
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Prigionieri italiani ad Argostoli in attesa della deportazione in Germania
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"Pensavano di tornare a casa". I superstiti della Acqui verso i campi di concentramento nazisti
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Il piroscafo postale "M.Roselli" recuperato nel 1951. Fu affondato al largo di Corfù con il suo carico di 1,300 prigionieri della "Acqui" l'11 ottobre 1943
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Argostoli, 17 settembre 1944. L'ingresso dei partigiani ellenici dopo la cacciata dei Tedeschi esattamente un anno dopo l'armistizio
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Partigiani greci dell'Elas sulle alture di Cefalonia
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Novembre 1944. Cefalonia è liberata dagli Alleati. il Capitano Amos Pampaloni sfila con i partigiani greci
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Argostoli settembre 1944: la marcia del "Raggruppamento Banditi Acqui", che contribuirono alla liberazione dell'isola
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Il Capitano Apollonio guidato da un partigiano di Cefalonia verso la fossa comune con i resti dei soldati della "Acqui" trucidati l'anno precedente
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Il Capitano Apollonio durante una pausa allo spaccio della "Casa del Soldato" di Argostoli
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Commilitoni al bagno a Cefalonia. Estate 1943
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Alzabandiera al porto di Fiskardo, nord di Cefalonia
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Nereo Neri (sull'asinello) comandante del !/317° Fanteria ad Argostoli nell'aprile 1943
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Momenti di relax degli uomini della "Acqui" a Cefalonia
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Il Capitano Renzo Apollonio commemora i caduti un anno dopo l'eccidio del settembre 1943
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Cefalonia, settembre 1944. La fossa comune con i corpi dei soldati della "Acqui"
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La lapide presso la fossa della "Casetta rossa" dove furono fucilati gli ufficiali della "Acqui", il 24 settembre 1943
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Gli Italiani arrivano a Cefalonia nel 1942. Il guado di un torrente
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Costruzione di postazioni fortificate durante l'occupazione italiana di Cefalonia
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Un ufficiale italiano e il tramonto sul mar Ionio
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Italiani a Cefalonia prima del massacro del settembre 1943
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Cefalonia: rancio con mascotte il 22 agosto 1943
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Uomini del 33° Artiglieria da Montagna, il reparto del capitano Apollonio
Renzo Apolloni negli anni '60 con il grado di generale comandante della Brigata Alpina "Julia"


La mattina del 9 settembre 1943 il capitano dell'Artiglieria da Montagna Renzo Apollonio agì d'istinto verso la colonna tedesca che risaliva la strada verso la capitale di Cefalonia, Argostoli: fece armare i suoi pezzi da 100/17 e li puntò contro quelli che fino al giorno prima erano "gli alleati".

Il giorno dopo erano diventati nemici o, forse, "non ancora". La radio di collegamento con l'Italia taceva, ma la notizia dell'armistizio era arrivata la sera prima sull'isola ionica occupata dagli Italiani durante la campagna dei Balcani.

I Tedeschi si muovevano, gli italiani della Divisione "Acqui" restavano fermi sulle loro posizioni perchè il testo dello Stato Maggiore imponeva di non reagire con i Tedeschi . Quindi dal Generale comandante Antonio Gandin arrivò l'ordine di lasciar passare la Wehrmacht, nella speranza di poter prendere tempo e attendere ordini più precisi.

Erano in superiorità numerica i soldati Italiani a Cefalonia: 9.000 contro circa 1.800 tedeschi. Tuttavia l'abbandono ordinato da Gandin nelle ore successive di alcune posizioni difensive strategiche italiane fece da preludio alla tragedia.

Agli ex alleati si offriva lo spazio per uno sbarco in forze, mentre cresceva il risentimento dei soldati della "Acqui" per l'attendismo del Comando ed insieme al risentimento cresceva il senso di abbandono e di pericolo imminente. Come l'Italia si era spaccata in due dopo l'armistizio, anche il comando del presidio italiano di Cefalonia si sfaldò, evidenziando una frattura insanabile tra la posizione "conciliante" del generale Gandin (croce di ferro tedesca in Russia)  nella speranza di una evacuazione incruenta dopo la consegna delle armi pesanti ai tedeschi, e quella "resistente" rappresentata dagli ufficiali inferiori come Apollonio e Amos Pampaloni, già decisi a combattere contro i nuovi nemici.

Anche gli uomini della Regia Marina del Capitano di Fregata Mastrangelo si schierarono per la lotta e furono i primi a consumare un'azione offensiva contro una motozattera tedesca, aprendo il fuoco e facendo i primi morti. Mentre gli ufficiali inferiori decidevano per la resistenza armata, il generale Gandin proseguiva gli incontri con il generale tedesco Barge che domandava alla "Acqui" di consegnare le armi pesanti entro 24 ore, senza alcuna assicurazione formale di rimpatrio. 

La situazione precipitò il 12 settembre quando al Comando italiano arrivò un nuovo fonogramma, contraddittorio rispetto al primo comunicato da Brindisi all'indomani dell'armistizio.Il testo non lasciava dubbi: i tedeschi erano da considerare nemici, da combattere con le armi. La storiografia tramanda che Gandin avesse indetto in tutta fretta un referendum tra i soldati (in realtà sembra si fosse trattato di un rapido consulto) e che si fosse venuto a trovare in minoranza, risultato che fece scegliere alla divisione Acqui la resistenza armata. 

Alle 5,30 del mattino seguente il ronzio di un ricognitore tedesco riecheggiò sopra Cefalonia. Mezz'ora dopo nel cielo apparvero le sagome degli Stukas decollati da Megara per bombardare gli Italiani. L'incubo della "Acqui" era iniziato: la settimana più lunga, quella del tentativo di resistenza contro l'aggressione tedesca, vide gli italiani combattere senza esclusione di colpi. Il varco lasciato aperto dal ritiro delle postazioni italiane del 9 settembre favorì lo sbarco in forze della divisione di gebirgsjaeger (alpini) "Edelweiss" con artiglieria pesante.

I bombardamenti continuarono ininterrotti, resi più efficaci dal terreno brullo di Cefalonia, che offriva pochi ripari alle postazioni della Divisione italiana. Il 22 settembre le munizioni italiane si esaurirono e Gandin decise la resa senza condizioni.

Nelle 48 ore successive i tedeschi della "Edelweiss" ebbero carta bianca dal loro comandante ed iniziarono rastrellamenti degli Italiani cui seguirono esecuzioni sommarie in tutta l'isola. Terminata la furia vendicatrice, i superstiti furono rinchiusi nell'ex "caserma Mussolini". Qui gli ufficiali furono separati dalla truppa, recati presso la "Casetta rossa " di capo San Teodoro a poca distanza da Argostoli e fucilati a gruppi di quattro.

Tra questi, il generale Antonio Gandin. Il capitano Apollonio fu tra i prigionieri, messo ai lavori forzati dai tedeschi. Fu in contatto con i partigiani greci dell'Elas presenti sull'isola.

Il capitano AmosPampaloni riuscì invece a nascondersi presso una famiglia greca dopo essersi finto morto alla "Casetta rossa". Pur ferito  alla gola, riuscirà ad organizzare tra gli ultimi soldati italiani rimasti fuori dalle mura del carcere il "Raggruppamento Banditi Acqui" impegnati poi assieme ai partigiani greci in azioni antitedesche. 

Pochi giorni dopo la resa si consumò una tragedia nella tragedia. Destinati alla deportazione in Germania, i prigionieri italiani furono imbarcati su motonavi. Due di queste, la "Silva" e la "Ardena" saltarono sulle mine poco dopo la partenza da Cefalonia. Una terza fu affondata dall'aviazione Alleata durante la navigazione. Gli affondamenti costarono la vita ad altri 3mila soldati della "Acqui", a cui si sommavano i circa 1,300 uccisi negli scontri con i tedeschi dei giorni precedenti e gli altri fucilati sommariamente dopo la resa della Divisione.

L'isola di Cefalonia sarà liberata nel settembre 1944 dagli Alleati. Alla sfilata di Argostoli parteciperanno sia Pampaloni (chiamato dai Greci "kapitanios") che Apollonio. Le salme delle vittime della Acqui saranno recuperate all'inizio degli anni '50, in quanto Cefalonia fu coinvolta negli eventi della guerra civile greca, conclusa soltanto nel 1949. A Norimberga sarà processato il generale tedesco Lang, che scontò soli tre anni sui 12 stabiliti dal Tribunale. 

Si ringrazia la Fondazione Europa Cefalonia per la collaborazione

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