Le cose da dire e da fare sul problema della natalità in Italia

Com'era la storia del dito e della luna? Da ore il mondo politico-giornalistico ha messo al centro della discussione la frase pronunciata dal ministro Lollobrigida mentre in un convegno parlava di migranti e natalità: «sostituzione etnica». Immediata è partita la caccia al fascista, arrivata persino a rispolverare un vecchio post su facebook (era il 2016) in cui l'attuale premier Giorgia Meloni utilizzava la medesima espressione commentando i dati degli sbarchi.

Ecco, mentre gli altri su questo litigano forse sarebbe il caso di fare una riflessione seria sulla questione della natalità.

Questo governo per parola del Presidente del Consiglio ha messo la questione al centro del suo progetto parlando di vera «emergenza nazionale». In realtà se andaste a riascoltare i discorsi di insediamento diciamo degli ultimi 10 governi (di destra, di sinistra di centro, tecnici compresi) troverete riferimenti alla questione, riferimenti che però hanno prodotto poco in termini di impegni reali e quindi anche di risultati nelle sale parto.

Ora è arrivato il momento però di agire. Intervenendo per prima cosa a livello finanziario. Gli stipendi dei giovani (che tra l'altro entrano nel mondo del lavoro sempre più in là con gli anni) sono bassi, bassissimi. Vanno quindi portati ad un livello che dia modo ad una coppia di ragazzi di costruire una famiglia ed un progetto di vita. Certo, magari non a Milano dove il costo degli affitti e delle case è ormai riservato solo a chi problemi economici non ne ha... L'unica via per far crescere i salari senza pesare sulle casse delle aziende è una ed una sola: detassare, del tutto , dando quindi modo agli imprenditori di avere un lordo più basso ed al lavoratore un netto più alto.

C'è poi da riorganizzare il tema del lavoro, utilizzando, ove possibile, lo smart working. Il figlio si ammala? Non mi serve un permesso per stargli vicino; lavoro da casa ed ho risolto il problema.

Ci sono poi interventi sul cosiddetto welfare. Portare le rette degli asili nidi e delle scuole materne a livelli più umani sarebbe un importante passo in avanti (oltre a costruirne di nuovi o a sistemare quelli fatiscenti ora esistenti). Come ad esempio snellire e ridurre il peso fiscale dell'assunzione ad esempio di una «Tata». Tra contributi, commercialista, e tutto quello che gira attorno ad un contratto in regola oltre all'assegno mensile c'è tutta una serie di gabelle da pagare che fa spavento.

Si possono fare tante cose, come la proposta circolante in queste ore del ministro Giorgetti secondo cui le famiglia che fanno almeno due figli andrebbero detassate. Bene, benissimo. Il problema, inutile dirlo, è trovare le risorse economiche anche se abbiamo visto con il superbonus come i miliardi di euro a volte ci siano a prescindere.

Però bisogna anche avere il coraggio di dire, senza fronzoli, che la società è cambiata, che la famiglia è cambiata, il mondo, il nostro mondo è cambiato.

Provate a parlare con giovani di figli e famiglia (di qualsiasi modello vogliate, sia chiaro). Scoprirete che molti non hanno tutta questa voglia di diventare mamma o papà. Scoprirete che si tratta (forse solo momentaneamente) di una scelta di vita che un assegno in più o un asilo in più non potrà cambiare. Il perché ha mille facce: paura per le responsabilità che avere un figlio comporta, un pizzico di egoismo, la voglia di farsi una carriera e di essere liberi di cambiare vita a seconda del vento. Non è un caso che ad esempio gli stranieri provenienti da paesi che hanno ancora culture diverse (non abbiamo detto migliori o peggiori, solo diverse) dalla nostra abbiano un tasso di natalità di due, tre volte superiore a quello degli italiani.

Quello della natalità resta un problema, una questione centrale. Sulla quale serve trasparenza, concretezza ed onestà intellettuale. E non discutere su un'espressione infelice.


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