Banche, iniezione di liquidità: purché alle imprese non vadano le briciole

La Banca centrale del Giappone ha annunciato poderose misure di iniezione di liquidità per combattere la stagnazione che attanaglia il Giappone da due decadi. I più entusiasti sostenitori della decisione sono stati i manager dei fondi. La speranza è che la liquidità vada alle imprese, per investire, innovare, progredire. Di solito però quelli che gioiscono di più sono speculatori di varia natura.

Negli Stati Uniti le iniezioni di liquidità non convenzionale hanno tenuto bassi i tassi sul debito pubblico e fatto lievitare i prezzi di borsa; non hanno aumentato i profitti delle imprese (indicatore di crescita dell’economia reale), né reso le prospettive di crescita duratura. John Maynard Keynes aveva incoraggiato la politica monetaria espansiva (tramite l’uscita dal Gold standard, le monete ancorate all’oro) dopo la crisi del 1929. Dopo i modesti progressi di crescita a seguito dell’uscita della Bank of England dal Gold standard, aveva notato che non serve fornire massicce quantità di liquidità se il cavallo (imprese e consumatori) non va a bere.

E l’Europa? La Bce ha fornito liquidità molte volte nei mesi passati, con misure di natura temporanea, quali prestiti alle banche. Alcune banche hanno usato la liquidità per comprare titoli di stato (una manovra che mette a rischio le stesse banche): dunque, se anche le imprese avessero voluto bere, la liquidità è stata in realtà prosciugata dai governi con finanze mal gestite e da coloro che guadagnano sugli spread dei titoli.

L’attuazione della supervisione unica bancaria potrebbe garantire il monitoraggio dei rischi delle banche a cui la Bce presta i soldi. La Bce dovrebbe poi considerare almeno per un periodo limitato di fornire liquidità a tassi agevolati direttamente alle imprese.

* professore di economia monetaria e fiscale alla Goethe University di Francoforte

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