Automobili e grandi delitti

Protagoniste involontarie di attentati e omicidi che hanno segnato la memoria collettiva, spesso le auto sono divenute simboli iconici di fatti di cronaca che in alcuni casi hanno cambiato la storia, come l'attentato all'Arciduca Francesco Ferdinando o l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas. Altre nascondono ancora misteri e interrogativi sugli esiti delle indagini, come l'auto di Pier Paolo Pasolini o la R4 dove fu ritrovato il corpo di Aldo Moro. Un viaggio cronologico attraverso la storia delle più famose automobili del crimine.


Sarajevo, 28 giugno 1914. Assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia

Graf und Stift 28/32 Double Phaeton del 1910.
La mattina del 28 giugno 1914 l'Arciduca d'Austria Francesco Ferdinando è in visita a Sarajevo. Giunto con un treno speciale, attorno alle 10 prende posto a fianco della moglie Sofia su una Graf und Stift 28/32 Double Phaeton del 1910, intestata al Conte Von Harrach, comandante la Guardia dell'Arciduca. 

La vettura fu posta in terza posizione in una colonna di 7 automobili occupate da autorità bosniache, austriache e della Guardia Imperiale. Durante il tragitto di andata, la quarta vettura fu oggetto del primo assalto della giornata per mano del nazionalista serbo Nedeljico Cabrinovic. La bomba scagliata da quest'ultima colpì la vettura che seguiva quella di Francesco Ferdinando, causando il ferimento grave di occupanti e di cittadini che assistevano al corteo. 

Poche ore dopo, durante il viaggio di ritorno, la Graf und Stift dell'Arciduca sbagliò percorso e si venne a trovare a portata di tiro della pistola di Gavrilo Princip, membro della "Giovane Bosnia". Dalla sua Browning partirono i primi colpi che trapassarono la parte posteriore sul lato destro della limousine. Il primo centrò la Principessa all'addome, il secondo fu fatale all'Arciduca. Sui sedili della Graf und Stift si erano spente le ultime speranze di pace in Europa. Oggi la macchina è conservata presso il Museo di Storia Militare di Vienna.

Arciduca Francesco Ferdinando e Sofia D'Austria-Ungheria 1914

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La Graf und Stift "Double Phaeton" con a bordo l'Arciduca e la moglie fotografata alcuni minuti prima dell'attentato. Sarajevo, 28 giugno 1914.

Arciduca Francesco Ferdinando e Sofia D'Austria-Ungheria 1914

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Gavrilo Princip poco dopo l'arresto.

Arciduca Francesco Ferdinando e Sofia D'Austria-Ungheria 1914

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Vienna. Museo di Storia Militare. La Graf Und Stift dell'attentato di Sarajevo. Sulla parte posteriore destra della fiancata, bordato di bianco, è visibile il foro di ingresso della pallottola fatale.


Roma,11 settembre 1926. Attentato a Benito Mussolini

Lancia Lambda "Coupè de Ville"del 1925
La mattina dell'11 settembre 1926 il capo del Governo Benito Mussolini usciva da casa diretto a palazzo Chigi. A Porta Pia era appostato Gino Lucetti, un'anarchico reduce dei battaglioni di assalto durante la Grande Guerra e confluito poi nel gruppo antifascista degli "Arditi del Popolo". Al passaggio della Lambda limousine "Coupè De Ville", l'anarchico scagliò una granata verso la macchina. Invece di penetrare nell'abitacolo l'ordigno rimbalzò sul montante destro della Lancia, ricadendo in strada e ferendo otto passanti. Lucetti immobilizzato e arrestato immediatamente. Condannato a 30 anni di reclusione, Lucetti sarà liberato dagli Alleati alla fine del 1943 a Napoli. Morirà poco dopo sull'isola di  Ischia, ucciso da un bombardamento alleato. Un'altra Lancia Lambda è legata alla storia del capo del Fascismo, a bordo della quale fu caricato Giacomo Matteotti poco prima del suo assassinio.


Benito Mussolini 1926

Wikicommons
La Lambda "Coupè de Ville" sulla quale viaggiava il capo del Governo Benito Mussolini il giorno dell'attentato di Lucetti. La freccia sul montante anteriore destro indica il punto dove l'ordigno rimbalzò a terra.

Benito Mussolini 1926

Una Lancia Lambda in versione limousine del 1923-25. Una macchina velocissima per l'epoca (oltre 110 km/h) e considerata di extra lusso. Il bollo annuo, nel 1926, era di ben 1.200 lire.

Benito Mussolini 1926

Ansa
Due anni prima dell'attentato di Lucetti a Mussolini.La Lancia Lambda sulla quale fu trasportato Giacomo Matteotti durante il rapimento.


Praga, 27 maggio 1942. Attentato a Reynard Heydrich

Mercedes Benz 320 cabriolet B del 1939
Il generale delle SS Reinhard Heydrich fu il braccio destro di Himmler, già capo del Servizio di Sicurezza del Reich (Reichssicherheithauptamt-Gestapo) a Berlino.


Nel 1941 diviene governatore del protettorato di Boemia e Moravia, a scopo di reprimere i focolai di resistenza che avevano portato alla rivolta del 1939. Estremamente sanguinario, Heydrich governò il Protettorato con il terrore, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "Boia di Praga".

La sua eliminazione fu concepita in Inghilterra dagli esuli cecoslovacchi e dall'Intelligence britannica. Furono addestrati e paracadutati nei mesi precedenti alcuni membri della resistenza di Praga, secondo i piani dell'Operazione "Anthropoid", il cui obiettivo era proprio l'eliminazione fisica del generale delle SS. Alle 10,30 del 27 maggio 1942 Heydrich salì sulla Mercedes 320 diretto al suo quartier generale nel Castello di Praga. Giunti ad una curva a gomito con semaforo, Heydrich ed il suo autista arrestarono la vettura. Al verde, gli uomini del commando aprirono il fuoco, ma il mitra Sten che avrebbe dovuto colpire il generale SS si inceppò. Heydrich reagì con la sua pistola Luger ma un membro del commando gettò una bomba anticarro verso la vettura. Pur gravemente ferito Heydrich cercò nuovamente di sparare, ma poco dopo crollò a terra. In ospedale fu sottoposto a più operazioni chirurgiche dirette dal medico personale di Himmler. Tuttavia, la notte del 4 giugno 1942 Heydrich morì in seguito a shock setticemico. Oggi esiste una copia fedele della Mercedes 320 cabriolet conservata al Museo di Storia Militare di Praga. Pare che quella originale sia stata ritrovata in un fienile da un imprenditore praghese nella cittadina di Hradec. Gli storici concordano sul fatto che i danni alla Mercedes potrebbero essere compatibili con l'attentato del 1942.

Reinhard Heydrich 1942

Bundesarchiv
La Mercedes 320 convertibile sulla quale viaggiavano Reinhard Heydrich e il suo autista la mattina del 27 giugno 1942, danneggiata dalla granata lanciata dai partigiani cecoslovacchi.

Reinhard Heydrich 1942

Bundesarchiv
L'SS-Obersturmbahnfuhrer (generale) Reinhard Heydrich nel suo ufficio quando era capo della sicurezza del Reich. Il suo assassinio generò una delle più efferate rappresaglie tedesche.

Reinhard Heydrich 1942

Wikicommons
Il frontalae della Mercedes 320 cabriolet ritrovata pochi anni fa in un fienile da un imprenditore ceco. Potrebbe essere davvero la macchina su cui trovò la morte il pupillo di Himmler.


Dallas, 22 novembre 1963. Assassinio di John Fitzgerald Kennedy

Lincoln Continental Convertible "X-100" del 1961
Sono le 12,30 del 22 novembre 1963 quando il corteo presidenziale rallenta in prossimità di una curva sulla Elm Street, nel centro di Dallas. In visita ufficiale, assieme a JFK siedono sulla limousine cabriolet la moglie Jacqueline e John Connally, governatore del Texas. All'improvviso tre colpi di fucile esplodono in direzione della vettura presidenziale. Il presidente Kennedy è gravemente ferito alla testa, e anche Connally viene colpito dai proiettili di Oswald. La Lincoln apre il gas verso il Parkland Memorial Hospital dove ogni tentativo di rianimare il presidente si rivela vano. Oggi la Lincoln Continental X-100 è conservata al Museo Henry Ford a Dearborn, Michigan. 


Dopo l'attentato, la Lincoln fu utilizzata fino al 1977 dopo essere stata opportunamente modificata nelle blindature e fornita di un tetto antiproiettile.

John Fitzgerald Kennedy 1963

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Dallas, Texas. 22 novembre 1963. Il corteo aperto dalla Lincoln di Kennedy passa tra due ali di folla.

John Fitzgerald Kennedy 1963

Getty Images
Il momento esatto dello sparo. Oswald ha già premuto il grilletto e Jacqueline si piega sul corpo del marito.

John Fitzgerald Kennedy 1963

Gary Malerba for The Henry Ford
La limousine di Kennedy all' Henry Ford Museum di Dearborn, Michigan.

John Fitzgerald Kennedy 1963

Gary Malerba for The Henry Ford
La Lincoln Continental presidenziale aveva un motore da 350 CV . Dotata di doppio radiotelefono. Tuttavia la versione dell'omicidio di Dallas non era antiproiettile.


Genova, 6 maggio 1971. Omicidio di Milena Sutter

Alfa Romeo Giulietta Spider 1300 del 1965
Milena Sutter ha 13 anni. È figlia del magnate dei detergenti Arturo Sutter e il pomeriggio del 6 maggio 1971 esce dalla scuola svizzera di Genova. Da allora, nessuno sa più nulla di lei. Si teme un rapimento, visti i precedenti nel capoluogo ligure da parte del nucleo terroristico "XXII Ottobre". il giorno dopo alla villa dei Sutter ad Albaro, esclusivo quartiere di Genova, arriva una telefonata con la richiesta di un riscatto. Poi più nulla. Finché due settimane dopo, il 20 maggio, il corpo di Milena è ritrovato da due pescatori dilettanti nei pressi della spiaggia genovese di Priaruggia.  Poco dopo scattano le manette per il 25enne Lorenzo Bozano, parente degli armatori Costa e noto come persona con disturbi psichici. I testimoni dicono di averlo notato prima del delitto ed il giorno stesso al volante di una vecchia Giulietta 1300 spider ammaccata nei dintorni della scuola svizzera. Si scoprirà che Bozano era ossessionato dalla tredicenne e dalle azioni del gruppo "XXII Ottobre", tanto che ne inscenò il rapimento per poi ucciderla quasi subito.

Il "biondino della spider rossa", come fu chiamato dai cronisti in base alle testimonianze, tentò di seppellire il corpo di Milena inizialmente in una fossa scavata sul Monte Fasce, altura di Genova. Temendo di essere scoperto, cambierà tattica gettando il corpo della vittima al largo di Priaruggia con 20 kg di piombi da sub attorno alla vita. L'auto di Bozano, la spider rossa targa GE249329 viene ritrovata poco dopo e sequestrata. Nell'immaginario comune la Giulietta cabriolet era una macchina da playboy. Tuttavia quella di Bozano era usata e parecchio malconcia, comprata per 300.000 lire nel 1970. Una volta dissequestrata sarà venduta ad un demolitore di Genova per 45.000 lire e tuttora l'auto non risulta radiata. Piuttosto, secondo alcune testimonianze, la spider Alfa non sarebbe stata sola. Nei giorni del delitto fu anche scorta una spider Triumph sempre di color rosso sostare nei pressi della scuola di Milena, alla cui guida ci sarebbe stato il "vero" biondino, in quanto Bozano era scuro di capelli e piuttosto corpulento. La Triumph sarebbe a tutt'oggi in circolazione, mentre nessuna traccia dell'omicidio fu mai trovata sulla Giulietta, ma solamente sui vestiti di Bozano. Per approfondire i fatti legati all'omicidio Sutter invitiamo a visitare il sito 

ilbiondinodellaspiderossa.org

Milena Sutter 1971

courtesy Maurizio Corte
La Giulietta Spider 1300 fotografata dalla Questura di Genova il 9 maggio 1971, subito dopo l'arresto di Lorenzo Bozano, allora principale indiziato del crimine.

Milena Sutter 1971

Courtesy Maurizio Corte
Vista laterale della spider rossa di Bozano. Nella foto della Questura di Genova si nota come l'auto fosse in pessime condizioni, di certo non la classica cabriolet da promenade. Questo fu uno degli aspetti che sollevarono alcuni dubbi sull'effettivo ruolo della biposto nell'omicidio.

Milena Sutter 1971

Ansa
LA vittima. La tredicenne Milena Sutter, figlia del magnate dei detergenti Arturo Sutter, fu rapita a Genova il 6 maggio 1971. Il suo cadavere verrà ripescato due settimane dopo, il 20 maggio, al largo della spiaggia genovese di Priaruggia.

Milena Sutter 1971

La Giulietta di Bozano nel momento del ritrovamento da parte degli inquirenti.

Milena Sutter 1971

Ansa
Un ritratto di Lorenzo Bozano, il killer di Milena Sutter. Era parente di una famiglia di benestanti genovesi. Fin dall'adolescenza era stato ripudiato dal padre per il comportamento violento e ossessivo.

Milena Sutter 1971

Wikicommons
Una Triumph "Spitfire" Mark IV del 1970. Una macchina come questa fu vista da diversi testimoni in concomitanza con la presenza dell'Alfa di Bozano. La sua apparizione ha prodotto dubbi sull'effettivo ruolo della spider Alfa, sulla quale non furono mai trovate tracce dell'omicidio della giovane Milena.


Idroscalo di Ostia, 2 novembre 1975. Morte di Pier Paolo Pasolini

Alfa Romeo Giulia 2000 GT Veloce del 1972.
È l'1.30 del mattino del 2 novembre 1975 quando un'Alfa Romeo Giulia 2000GT Veloce grigio metallizzato percorre in contromano a tutta velocità la strada del Lido di Ostia. Una gazzella dei Carabinieri parte all'inseguimento, che si conclude con l'arresto del guidatore, il minorenne pregiudicato Pino Pelosi. L'auto è intestata al regista e scrittore Pier Paolo Pasolini, che giace senza vita in uno sterrato dell'Idroscalo di Ostia. Porta i segni di una forte colluttazione e dei pneumatici dell'Alfa, che lo ha ucciso passandogli sopra più volte.


La Giulia GT è di Pasolini dall'agosto 1972. È un'auto sportiva, top di gamma dell'allora produzione della casa del Portello. Pasolini ha sempre amato le Alfa Romeo, e per quella GT grigio metallizzato ha persino polemizzato con alcuni attivisti di sinistra, che lo accusavano di doppiezza "borghese" proprio per il possesso di un'auto di lusso. L'auto è sequestrata la notte stessa dell'omicidio e chiusa in un deposito giudiziario. Le sorti dell'Alfa si intrecciano con le tesi complottiate che seguirono da subito il delitto, in primis con l'opera di Oriana Fallaci su " L'Europeo". LA GT 2000 dalla targa palindroma Roma K69996 fu sotto sequestro fino al 1983, quando verrà affidata a Ninetto Davoli che dichiara di averla demolita nel 1987. Sempre che si sia trattato dell'unica Giulia presente sul luogo del delitto, uno dei più oscuri della storia della Repubblica.

Pier Paolo Pasolini 1975

L'Alfa Romeo Giulia GT 2000 di Pasolini in una sequenza del filmato che mostra l'auto in custodia alla Questura dopo l'omicidio del 2 novembre 1975.

Pier Paolo Pasolini 1975

Ansa
Pier Paolo Pasolini con l'attore romano Ninetto Davoli. Quando fu dissequestrata l'auto fu affidata a Ninetto che sostiene di averla rottamata nel 1987.

Pier Paolo Pasolini 1975

In un fermo immagine dell'epoca si nota molto bene la grave ammaccatura sulla fiancata anteriore destra, dovuta agli effetti dell'inseguimento dell'auto la notte del 2 novembre 1975.

Pier Paolo Pasolini 1975

Archivio Storico Alfa Romeo
Un'immagine pubblicitaria della Giulia 2000 GT Veloce. Sotto il suo cofano ruggivano 150 cavalli che spingevano la sportiva del biscione a 200 km/h

Pier Paolo Pasolini 1975

Ansa
Il corpo martoriato di Pasolini giace sullo sterrato dell'Idroscalo di Ostia la mattina del 2 novembre 1975. Fu la sua GT Veloce ad ucciderlo, passandogli sopra più volte dopo la colluttazione con Pino Pelosi.

Pier Paolo Pasolini 1975

Ansa
Primo piano di Pino Pelosi. Quella notte fu fermato dopo un inseguimento con i militari dell'Arma alla guida dell'Alfa di Pasolini.

Pier Paolo Pasolini 1975

Una delle ultime immagini note della GT Veloce di Pasolini nella foto dei fratelli Conti, famosissimi collezionisti e fornitori di auto d'epoca per il cinema da 50 anni.


Washington D.C., 21 settembre 1976. Assassinio di Orlando Letelier

Chevrolet "Chevelle" del 1975
Orlando Letelier era stato più volte ministro del governo di Salvador Allende. Fu agli esteri, agli interni e alla difesa. Quando Pinochet prese il potere fu arrestato e per un anno detenuto in vari luoghi. Fu infine liberato a condizione che lasciasse il Cile. Nel 1975 è a Washington D.C. dove presiede l'"Institute for Policy Studies". E'nel mirino della DINA, il servizio segreto di Pinochet, da quando ha convinto il Governo olandese a non concedere più finanziamenti al Cile della dittatura. La mattina del 21 settembre 1976 Letelier accompagna con la sua auto, una Chevrolet Chevelle, la sua giovane assistente Ronni Moffitt e il marito, perché la loro auto quella mattina si era rifiutata di partire. Giunti nella zona delle Ambasciate la Chevrolet imbocca lo Sheridan Circle. Pochi secondi dopo una bomba posta sotto il sedile del guidatore esplode, facendo carambolare l'auto fino all'arresto contro una Volkswagen in sosta vietata. Letelier muore poco dopo mentre Ronni Moffitt, che inizialmente pare illesa, morirà poco più tardi per un emorragia alla carotide dovuta ad una scheggia della bomba. L'attentato fece il giro del mondo e creò molta impressione, perché avvenuto sul suolo degli Stati Uniti. Della Chevelle di Letelier, verosimilmente sequestrata e poi rottamata, esistono ancora le targhe diplomatiche, in vendita su un sito di aste online per 900 dollari.


Orlando Letelier e Ronni Moffitt 1976

In una rara immagine televisiva i resti della Chevrolet di Orlando Letelier pochi minuti dopo l'attentato del 21 settembre 1976.

Orlando Letelier e Ronni Moffitt 1976

Marcelo Montecino via Wikicommons
Un ritratto del politico e diplomatico cileno Orlando Letelier, arrestato e poi espulso dal Cile dopo il colpo di stato del 1973.

Orlando Letelier e Ronni Moffitt 1976

GM media
Una Chevrolet "Chevelle" come quella di Letelier. Era una vettura mid-size. Era un auto molto popolare in quegli anni, per la praticità e l'economicità.

Orlando Letelier e Ronni Moffitt 1976

Quanto rimane della Chevelle dove furono uccisi Letelier e Ronni Moffitt: le targhe diplomatiche di Washington, in vendita su un asta online.

Orlando Letelier e Ronni Moffitt 1976

Epa/Ansa
Isabel Allende sulla tomba di Orlando Letelier nel 2009.


Roma, 9 maggio 1978. Ritrovamento del corpo di Aldo Moro

Renault R4 TL del 1968
La Renault R4 TL rossa nella quale il 9 maggio 1978 fu ritrovato il corpo dello statista Aldo Moro è entrata nell'immaginario collettivo di molti italiani che vissero la tragedia del rapimento e della morte del leader DC.

Dal giorno del ritrovamento in via Caetani l'utilitaria, un vecchio modello del 1968, sarà protagonista della cronaca e della letteratura degli anni seguenti. L'auto era stata rubata al proprietario Filippo Bartoli, un imprenditore edile attivo nella Capitale, dalle Brigate Rosse e fu forse custodita e guidata dal brigatista Teodoro Spadaccini. La R4 targa Roma N57686 ( che risulta però reimmatricolata nel 1974) fu trovata e poi aperta quando una telefonata anonima la segnalò. In alcuni scatti l'auto appare ancora con il baule contenente il corpo di Moro intatto, prima che gli artificieri lo forzassero con il flessibile. La porta posteriore destra è già aperta quindi verosimilmente l'auto non era stata chiusa ad eccezione del portellone posteriore, non essendo l'utilitaria francese dotata di chiusura centralizzata. In seguito al sequestro da parte dell'Autorità Giudiziaria, la vettura fu tenuta in un deposito fino al dissequestro. Fu poi restituita a Filippo Bartoli, legittimo proprietario, che la tenne nel suo cortile alla periferia di Roma coperta da un telo, senza mai volersene disfare. Persino la Renault si mostrò interessata a rilevare la vecchia R4, ma Bartoli rifiutò sempre. Solo poco prima di morire, il giorno di Natale del 2013, l'imprenditore edile dispose la restituzione della Renault all'Autorità Giudiziaria. Oggi si trova in deposito non più sottoposta a sequestro, ma in semplice custodia. Dovrebbe in futuro essere trasferita al Museo della Polizia di Stato assieme alle altre auto protagoniste del caso Moro: la Fiat 130 sulla quale viaggiava lo statista e l'Alfetta della scorta massacrata in via Fani.

Aldo Moro e la scorta 1978

Ansa
Roma, via Caetani. 9 maggio 1978. La Renault 4 dove giace il corpo di Aldo Moro è appena stata aperta dagli artificieri.

Aldo Moro e la scorta 1978

Ansa
Gero Grassi, componente della commissione Moro, posa accanto alla Renault 4 rossa, tornata da poco in custodia alla Polizia. 19 novembre 2014.

Aldo Moro e la scorta 1978

Ansa/Paolo Cucchiarelli
La R4 "Roma N57686" nel deposito della Polizia di Stato a Roma. Si noti il taglio sul cofano praticato dagli artificieri il 9 maggio 1978.

Aldo Moro e la scorta 1978

Ansa
Il cruscotto della serie 1968-73 della piccola Renault, perfettamente conservata e come restituita dal legittimo proprietario, Filippo Bartoli.

Aldo Moro e la scorta 1978

Ansa
La foto di Aldo Moro scattata dalle Brigate Rosse e diffusa il 20 aprile 1978.

Aldo Moro e la scorta 1978

Getty Images
Roma, via Fani. 16 maggio 1978. La scena della strage che portò al rapimento dell'On. Aldo Moro nella quale persero la vita gli agenti di scorta.

Aldo Moro e la scorta 1978

Ansa
Dettaglio dell'Alfa Romeo Alfetta della scorta di Moro crivellata dai colpi. Assieme alla R4 rossa e alla Fiat 130 sulla quale sedeva moro il giorno del rapimento, sarà esposta al Museo della Polizia di Roma.


Palermo, 3 settembre 1982. Omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela Setti Carraro

Autobianchi "A112 Elegant" del 1981
La sera del 3 settembre 1982 il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa varcava il portone della Prefettura di Palermo su una A112 beige alla guida della quale ci era la moglie, Emanuela Setti Carraro. L'utilitaria è seguita da un'Alfetta di scorta e si dirige verso un ristorante di Mondello, elegante lido palermitano. Alle 21,15 le due auto furono attaccate da una motocicletta e da una BMW 518 sulle quali viaggiavano i killer di Cosa Nostra Pino Greco, Antonio Madonia e Calogero Ganci. La moto si occupò prima della scorta, uccidendo sul colpo l'agente di scorta Domenico Russo. Poi la BMW affiancò la A112 ed esplose una raffica di AK-47 contro l'auto del Prefetto. 30 pallottole posero vita alla fine del Generale e della moglie, mentre la piccola utilitaria finiva la sua corsa contro il baule di una Ritmo parcheggiata. Oggi la A112 della strage di via Carini si trova in mostra a Voghera al Museo Storico "G.Beccari", ferma a quella triste sera di settembre di 32 anni fa.


Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela Setti Carraro 1982

Ansa
La Autobianchi A112 Elegant guidata da Emanuela Setti Carraro poco dopo l'agguato del 3 settembre 1982.

Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela Setti Carraro 1982

Ansa
Carlo Alberto Dalla Chiesa e la seconda moglie Emanuela Setti Carraro nel giorno del loro matrimonio nella cappella del castello di Ivano Fracena, in provincia di Trento, il 12 luglio 1982.

Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela Setti Carraro 1982

Museo Storico di Voghera
La A112 dove trovò la morte il Generale dalla chiesa assieme alla moglie esposta nelle condizioni in cui si trova dal 3 settembre 1982 in una stanza del Museo Storico di Voghera.

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