PAOLO CERRONI / Imagoeconomica
Economia

Articolo 18, perché la Cgil non si fida di Renzi

Susanna Camusso, segretario della Cgil, non poteva tornare indietro. È entrata nella sala verde di Palazzo Chigi con una manifestazione in difesa dell’articolo 18 annunciato per il 25 ottobre e non ci si poteva aspettare che uscisse annunciando il suo ritiro. Ovvio. Il punto è che quando Matteo Renzi ha, in mattinata, fatto balenare l’ipotesi che anche in caso di licenziamento per motivi economici ci possa essere la possibilità che il lavoratore venga reintegrato (e non solo indennizzato) ha fatto un’apertura decisiva sia verso le posizioni più oltranziste sia del sindacato (Fiom e Cgil, appunto) che del proprio partito. Alcuni, come Stefano Fassina, l’hanno capito. Altri, come Susanna Camusso, hanno fatto finta di no. Vediamo perché.

COSA PREVEDE IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Il licenziamento di tipo disciplinare consiste nel licenziare uno o più lavoratori che, secondo l’imprenditore, non svolgono compiutamente il loro lavoro. Se, ad esempio, sul posto di lavoro un dipendente si dimostra non collaborativo o non si impegna a sufficienza nello svolgere il proprio compito, in quel caso l’imprenditore può decidere di licenziarlo. Questo è il caso più comune di licenziamento “disciplinare”. In questo caso il lavoratore può fare causa all’imprenditore. E se vince? Questo è il punto. Secondo Cgil e minoranza Pd quel lavoratore deve avere il diritto di essere reintegrato su ordine del giudice del lavoro se quest’ultimo stabisce che non sussiste il motivo disciplinare, cioè, se stabilisce che il lavoratore ha svolto sempre con zelo i propri compiti. Secondo, invece, i riformatori più estremisti, il giudice non deve poter decidere il reintegro e il lavoratore deve avere diritto solo ad un indennizzo.

ASSENZA DI FIDUCIA

In altre parole la reintegra per motivi disciplinari smonta completamente quella che Renzi aveva annunciato come l’abolizione dell’articolo 18 che non verrebbe affatto abolito, anche se l’incertezza resta totale perché gli appuntamenti si stanno accavallando. Il governo ha annunciato un maxiemendamento e vorrebbe provare a farlo approvare, con un voto di fiducia, prima di domani quando i ministri del Lavoro della Ue si troveranno a Milano. Ma il Parlamento sarà chiamato a votare una legge delega e non un provvedimento vero e proprio. Cioè “delegherà” il governo a scrivere la riforma dell’articolo 18. Solo che voterà un testo dove non ci sarà scritto, a meno di sorprese dell’ultima ora, se la reintegra per motivi disciplinari resta oppure no. Ed è per questo che la minoranza Pd è in allarme rosso. Ed è per questo che la Camusso non ha ritirato lo sciopero del 25 ottobre. Nessuno dei due si fida dell’apertura al reintegro anche in caso di licenziamenti per motivi disciplinari.

YOU MAY ALSO LIKE