And so my watch begins

Quello che accade in Turchia in questi giorni dimostra, mi pare, che la realtà è sempre molto complessa ed insieme tragicamente semplice.

È complessa perché è vero, ma non del tutto, che si affrontano una visione autoritaria della società, da un lato, e la difesa di una democrazia laica e del diritto di dissenso, dall’altro; non è del tutto vero perché è invece vero, ma non del tutto, che proprio l’attuale premier Erdogan ha incarnato il motore principale, se non il primo, della democratizzazione della Turchia dopo decenni in cui il protagonismo e la violenza dei militari avevano ridotto la politica a poco più di uno strumento nelle mani dell’esercito, svuotando in buona parte di ogni senso le elezioni e la stessa macchina democratica; così come quest’ultima affermazione non è del tutto vera perché è invece probabile che le aperture democratiche di Erdogan sono servite in buona parte a guadagnargli quel credito e quella libertà di manovra che ha poi sfruttato per mettere nell’angolo i rivali “laici” e instaurare quel sistema di potere contro cui si manifesta oggi a Istanbul e altrove.

D’altra parte, se è indubbia la strumentalità di molte mosse di Erdogan e del suo partito, pure gli restano meriti indiscussi, come quello di aver dichiarato per primo che esistono e possono esistere anche turchi non musulmani – il che, nel laicismo di Stato ataturkiano, non era mai stato ammesso (nei due sensi del termine)… Insomma, si potrebbe andare avanti a lungo a forza di affermazioni e controaffermazioni. Mi pare che un buon punto di vista sulla situazione turca sia leggibile qui (grazie a Luca Deruda per la segnalazione).

Scrivevo però all’inizio che la realtà è anche tragicamente semplice: e la realtà è appunto che ha ragione chi disse che la democrazia non è un obiettivo raggiungibile o trattenibile, ma è sempre un percorso, e che il prezzo che questa presenta è l’eterna vigilanza, anche e soprattutto contro le sue stesse perversioni (giacché non è sempre agevole notare o accettare le derive autoritarie di un regime investito della sovranità popolare, e magari ancora visto con favore da una maggioranza della popolazione).

Quello che posso fare, personalmente, è augurare ogni bene e ringraziare i guardiani turchi della democrazia: perché credo che anche la consapevolezza e la dignità siano contagiose, e mi pare che il loro esempio abbia molto da insegnare anche al di fuori dei confini della repubblica di Turchia.

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