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Allarmi (veri e falsi) su possibili attentati a Roma e Milano

È durato soltanto un'ora, ieri, il "giallo del maghrebino intossicato". Ma in quell'ora, a Milano (e anche a Roma), si è letteralmente trattenuto il fiato.

Tutto è iniziato alle 16,22 quando l'Ansa ha lanciato la notizia che un uomo era stato ricoverato in gravi condizioni in un ospedale milanese, immediatamente piantonato dalla Polizia, perché aveva inalato una sostanza velenosa. L'Ansa segnalava trattarsi di "una sostanza di cui è vietata la vendita", addirittura "idonea a preparare attacchi chimici". Così per 60 minuti si sono rincorse, incontrollate, le voci più inquietanti: la sostanza inalata era un gas letale? forse iprite? oppure ricina? L'ipotesi, subito nervosamente circolata, è che l'uomo fosse uno jihadista finito vittima dell'ordigno che stava confezionando per un imminente attacco su Milano.

L'allarme si è dissolto alle 17,24, quando è stata diffusa la notizia che il maghrebino era stato dimesso dall'ospedale, e che pertanto non c'era alcun pericolo. In realtà nulla di tutto questo è accaduto ieri, e questo è il terzo falso allarme da registrare negli ultimi 15 giorni, e soltanto a Milano. Perché è vero che un maghrebino intossicato sia stato effettivamente ricoverato: non è accaduto ieri, però, ma lo scorso 11 dicembre. E difatti ieri l'Antiterrorismo si è attivata dopo il lancio dell'Ansa, ma non ha trovato alcun riscontro. Tanto che La Scientifica non è stata nemmeno coinvolta.

L'episodio, comunque, basta a dare il segno dell'agitazione esistente a Milano (e anche a Roma) 13 giorni dopo la morte di Anis Amri, il tunisino individuato come responsabile della strage del mercato di Natale a Berlino e rimasto ucciso nella notte del 23 dicembre in un conflitto a fuoco con due agenti proprio alle porte di Milano, a Sesto S. Giovanni. È notizia proprio di ieri che la calibro 22 con la quale Amri ha sparato a Sesto sia sicuramente la stessa che ha ucciso l'autista polacco del Tir che il tunisino aveva rubato e utilizzato per travolgere 39 persone.

È un dato di fatto che il Viminale il 24 e il 30 dicembre aveva prima lanciato a tutte le questure e poi confermato un forte "alert", segnalando che l'uccisione del terrorista in Italia avrebbe potuto "causare un'accelerazione" nei propositi "di uno o più estremisti islamici", intenzionati a compiere un'azione di vendetta tra capodanno ed Epifania.

Non per nulla la Polizia di frontiera di Fiumicino, così come quella di altri aeroporti, è stata messa in allarme da due circolari, datate 1 e 2 gennaio, intitolate "Attentati di matrice islamica". Tutte e due le circolari indicano "la possibilità, dal 2 al 6 gennaio 2017, del compimento di un attacco terroristico di matrice islamica con l'impiego di auto rubate, contro obiettivi civili in Italia". La seconda prescrive "l'intensificazione delle attività di controllo documentale" e "il rafforzamento delle verifiche di frontiera e di prevenzione all'immigrazione clandestina", soprattutto sulle tratte "a rischio, quelle provenienti da Algeri, Damasco, Istanbul e Tunisi".

Dal 2 gennaio il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, che raccoglie esperti della Polizia, dei Carabinieri e dell'intelligence, sta poi valutando un allarme arrivato dal Mossad: secondo il servizio segreto israeliano droni volanti, telecomandati a distanza, potrebbero essere impiegati dall'Isis per sganciare un contenitore pieno di gas letale. L'obiettivo? Una grande città europea. Come Roma o Milano.

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