Allacciamo le cinture, tornano i guru dell’economia

Aveva ragione, cento volte ragione Sua Maestà Elisabetta II nel novembre 2008, quando, invitata alla London School of Economics, chiese ai cervelloni che le rendevano omaggio: “Com’è possibile che nessuno si sia accorto che stava per arrivarci addosso questa crisi spaventosa?”. Il professor Luis Garicano, padrone di casa, rispose onestamente: «Vede Ma’ m (ci si rivolge così alla sovrana quando si è interrogati, ndr) ciascuno faceva affidamento su qualcun altro e tutti pensavano di fare la cosa giusta».  La storia si ripete, speriamo non più come tragedia, ma solo come farsa. A fine anno si scatenano i guru con le loro previsioni, premi Nobel, econo-star, fior di analisti e possenti apparati previsionali messi in campo dalle grandi banche d’affari. Ebbene, a leggere i rapporti, tutti brancolano nel buio e noi con loro.

E’ ottimista Goldman Sachs goldmansachs.com/ : l’America si sta riprendendo, la Germania corre come un treno e se sgancia i vagoni piombati meglio ancora (l’Italia però migliora e resterà sui binari sia pur arrancando), i Brics rallentano, ma viaggiano sempre a velocità doppia rispetto al mondo industrializzato. Il mercato azionario spiazzerà quello dei titoli pubblici, l’indice Standard & Poor’s corre verso i massimi. Dunque, comprate – dice ai propri clienti – comprate azioni dei gruppi assicurativi, dell’auto, del lusso che la crisi non ha nemmeno scalfito (alla faccia dell’aumento della povertà).

Follie, replica Morgan Stanley morganstanley.com. Ma quale ripresa, il 2013 prepara una ricaduta disastrosa, “una recessione di grande portata”. Tutta colpa di quel che i governi non hanno fatto (cioè tagliare le spese e ridurre le tasse), sommato a quel che hanno fatto le banche centrali, guidate dalla Federal Reserve e seguite dalla Banca d’Inghilterra, da quella del Giappone e dalla stessa Banca centrale europea nella quale Mario Draghi ha messo in minoranza i rigoristi tedeschi della Bundesbank. I tassi d’interesse vengono tenuti troppo bassi troppo a lungo, come accadde già dieci anni fa; c’è tanta liquidità in giro che non viene impiegata e rischia di trasformarsi in inflazione; le banche preferiscono fare i quattrini giocando al casinò finanziario che prestare i denari a imprese e famiglie, quindi gli investimenti languono. Conclusione: vendete azioni, puntate sui beni rifugio, a cominciare da oro e argento. Del resto il rally del mercato azionario cominciato a luglio sta ormai perdendo lena. “Le quotazioni sono troppo alte rispetto alle attese di guadagno in una economia stagnante”, conclude Morgan Stanley.

Sono i due poli di un contrasto che vede alcuni, come la Ubs, schierati sia pure in modo più prudente sulla linea Goldman e altri decisamente in sintonia con Morgan. Tra questi Michael Lombardi, un mago dei mercati che sostiene di aver previsto le ultime cinque crisi e che punta decisamente sui preziosi per mettersi al riparo dalla prossima tempesta. Nouriel Roubini, per non smentire la sua fama di mr.Disastro, sostiene che se continua così andremo tutti a remengo e butta la colpa sul pasticcio della politica fiscale americana: baratro o non baratro, l’amministrazione Obama deve trovare il bandolo della matassa, altrimenti la ripresa americana è destinata ad abortire.

A chi credere, a questo punto? Meglio tirare la monetina e vedere se vince la testa di Goldman o la croce di Morgan. Ma come è possibile che si arrivi a conclusioni del tutto opposte pur analizzando gli stessi dati e la stessa realtà? Una spiegazione è ideologica. In Goldman, roccaforte della finanza ebraica, prevalgono i keynesiani convinti che la politica monetaria facile e una politica fiscale non troppo rigorosa siano gli stimoli principali nel breve periodo. Certo, hanno conseguenze negative come inflazione, deficit e debito pubblico, ma queste hanno effetto solo nel lungo periodo e, come diceva il maestro, allora saremo tutti morti. Morgan, invece, vecchio baluardo wasp (white anglo saxon protestant) e aristocratico, è monetarista e ortodossa, i suoi lumi sono Milton Friedman e Friederich von Hayek. Di qui derivano analisi tanto contrapposte. Questa distinzione teorica si accompagna a una divergenza politica: anche se ci sono manager e cervelli di entrambi i partiti, la prima pende più verso i democratici e la seconda è decisamente conservatrice.

Ma c’è un’altra scuola di pensiero che solletica le menti maliziose. Goldman specula al rialzo e Morgan è ribassista. Illazioni calunniose? Mica tanto. Basta guardare cosa è successo in questi anni. Nel 2007 in realtà le posizioni erano rovesciate, con Goldman che anticipava la caduta della borsa, puntando sullo scoppio della bolla immobiliare. Mentre Morgan era convinta che il mercato si sarebbe aggiustato senza gravi traumi. Le strategie cambiano, ma lo scopo è sempre lo stesso: fare quattrini.

Dunque, sempre sia lodata la candida regina, maestra di comportamento. Leggiamo tutti i report possibili e immaginabili, consultiamo gli aruspici, guardiamo con attenzione il volo non degli uccelli, ma dei capitali, ma soprattutto dubitiamo sempre. L’unica cosa certa è il dubbio, tanto più quando c’è in ballo il denaro. Il grande storico francese Marc Bloch citava “il saggio abate di Tournai” che si meravigliava sull’oscurità delle monete: “Crescono e diminuiscono di valore e non si sa che cosa fare; quando si pensa di guadagnare, succede il contrario”. In sei secoli, le “cose monetarie” sono davvero cambiate?

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