Si aggrava la crisi in Iraq

Il leader religioso sciita iracheno Moqtada Sadr ha ordinato alle 15 di oggi ai suoi seguaci armati di ritirarsi entro un'ora dalle strade dentro e attorno alla Zona Verde di Baghdad.

Nel comunicato diffuso dai suoi collaboratori Sadr ha confermato la decisione assunta ieri «di ritirarsi definitivamente dalla vita politica», un fatto che ha scatenato la mobilitazione generale e le proteste sfociate nelle violenze di questa notte. Moqtada Sadr ha anche chiesto pubblicamente scusa «al popolo iracheno» per i sanguinosi scontri a cui da ieri hanno partecipato i suoi seguaci.

In una conferenza stampa trasmessa dalla televisione irachena Sadr ha affermato: «Sono molto rattristato per quello che sta accadendo in Iraq, offro le scuse al popolo iracheno per quello che è successo. La nostra patria è ora prigioniera della corruzione ma la rivoluzione non si fa con le armi» ribadendo infine il fatto che «le proteste devono rimanere pacifiche».

Nonostante il suo appello, appare molto difficile che la situazione possa ricomporsi e anche per questo l’esercito iracheno ha prorogato per la giornata di oggi il coprifuoco valido su tutto il territorio nazionale, dopo che nella notte e nelle prime ore del giorno sono continuati i durissimi scontri armati dentro e attorno alla Green Zone di Baghdad tra le milizie sciite rivali. Per questo le scuole e le banche sono rimaste chiuse per tutta la giornata come deciso dal premier Mustafa Kazimi.

Il bilancio dei disordini della scorsa notta è di almeno 23 morti sostenitori di Moqtada Sadr uccisi a colpi di arma da fuoco all’interno della Green Zone di Baghdad mentre i feriti sarebbero almeno 400. A scontrarsi i sostenitori di Moqtada Sadr, l'esercito, e gli uomini dell'Hachd al-Shaabi, gruppo paramilitare filo-iraniani integrati nelle forze regolari.

Chi è Moqtada Sadr

Secondo quanto egli afferma vanterebbe discendenze dirette dal profeta Maometto, e appartiene a una delle famiglia sciite più influenti di tutto il Medio Oriente, con ramificazioni che vanno dall'Iran al Libano.

Considerato per molto tempo un leader populista ed estremista, l'ex capo delle milizie anti-americane nell'Iraq post-Saddam Husseinha nel corso degli anni si è allontanato dall’Iran e si è costruito una grande popolarità e una base elettorale che gli ha consentito di conquistare alle elezioni dello scorso ottobre, 73 seggi sui 329 totali.

La decisione di lasciare la vita politica è arrivata dopo che Sadr ha insistito per mesi di voler decidere sia il premier (uno sciita) che il capo di Stato (un curdo), cariche attualmente vacanti. Viste le resistenze dentro e fuori dall’Iraq (iraniani e americani) a Sadr non è rimasto altro che alzare sempre di più i toni dello scontro. Prima con l'occupazione fisica dei luoghi del potere istituzionale, poi passando al ritiro di tutti i suoi deputati al Parlamento per poi chiedere lo scioglimento dello stesso.

Non essendo riuscito a far uscire l’Iraq dallo stallo politico-istituzionale nel quale si trova ha infine chiesto a tutti i leader politici, lui compreso, di ritirarsi da ogni carica politica. Al momento però nessuno lo ha seguito.

L’ombra di una nuova guerra civile

L’Iraq è quindi di nuovo sull’orlo della guerra civile e l’assalto ai palazzi del governo e le granate lanciate contro l'ambasciata Usa ricordano quanto accaduto dopo la scellerata invasione dell'Iraq da parte degli USA e una coalizione di paesi, avvenuta tra il 20 marzo e il 1º maggio 2003 che tanti disastri ha provocato, vedi la nascita dell’Isis.

Vista la situazione, l’Iran ha sospeso i voli di linea per l'Iraq e il Kuwait ha subito chiuso le frontiere a tempo indeterminato. Mentre gli Stati Uniti descrivono la situazione come «preoccupante».

Secondo il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha «seguito con preoccupazione le proteste in corso in Iraq, durante le quali i manifestanti sono entrati negli edifici governativi, ed è particolarmente preoccupato per le notizie di vittime».

Guterres, si legge, «fa appello alla calma e alla moderazione ed esorta tutti gli attori interessati a prendere provvedimenti immediati per ridurre l’escalation della situazione ed evitare qualsiasi violenza». Inoltre, esorta «tutte le parti a superare le proprie differenze e a impegnarsi, senza ulteriori indugi, in un dialogo pacifico e inclusivo su una via da seguire che sia costruttiva».

L’Isis osserva il corso degli eventi pronto ad approfittarne

Nonostante l'autoproclamato califfato sia stato sconfitto territorialmente e militarmente nel 2019 e due suoi leader siano morti, gli estremisti che secondo un recente report dell’Onu sarebbero almeno 10-15.000 sparsi tra Iraq e Siria, continuano a rappresentare una minaccia nel “Siraq” in particolare nelle province liberate, mentre conducono un'insurrezione di basso livello.

Gli attacchi a volte provocano morti e feriti tra il personale di sicurezza e i civili. Mercoledì scorso sono stati effettuato alcuni attacchi aerei contro i nascondigli dell’Isis nella provincia occidentale di Anbar.

Le forze speciali irachene hanno effettuato lanci aerei da elicotteri all'alba dopo che gli aerei da guerra hanno effettuato sei attacchi aerei su cinque obiettivi nel distretto di Al-Rutba, secondo una dichiarazione dell'Iraqi Security Media Cell. L'esercito iracheno conduce continuamente operazioni di rastrellamento per scovare gli estremisti.

Queste operazioni si svolgono in province tra cui Anbar, Kirkuk, Ninive e altre che erano state precedentemente liberate dal controllo dell'Isis, poiché è lì che si trovano gli irriducibili dell’Isis tra i quali ci sono molti foreign fighters europei.

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