Governo di unità e Draghi al Colle: il centrodestra spariglierebbe

Si fa sempre più complicato il puzzle della crisi politica italiana. La maggioranza, fiaccata da un voto di fiducia al senato che non consente di governare, sarà presto di fronte ad un bivio. O Pd e 5 stelle ricuciono con Matteo Renzi oppure questa alleanza di governo si rompe definitivamente. Il primo caso porta a due scenari: Italia viva rientra in un governo molto rimaneggiato con a capo Giuseppe Conte oppure viene messa in discussione la figura del Presidente del Consiglio proprio come moneta di scambio con Renzi affinché rientri nella maggioranza. L'accettare la prima eventualità, però, sarebbe un segno di debolezza eccessiva per l'ex premier fiorentino, una pietra tombale sulla sua credibilità politica e la forse definitiva caduta di ciò che resta di una leadership. Se una qualche ricucitura non avvenisse ci sarebbero poche alternative alle dimissioni di Conte, al netto della materializzazione di responsabili che però al momento non si scorgono in un numero congruo a garantire la governabilità.

Dopo le eventuali dimissioni di Conte la palla passerebbe ai partiti e al Quirinale. I primi dovrebbero trovare un nuovo accordo ed il secondo dovrebbe indirizzare la crisi. Sergio Mattarella ha sempre mostrato fino a oggi una preferenza per la continuità della legislatura. L'ipotesi delle elezioni anticipate, considerata anche la situazione sanitaria, non è tra gli scenari favoriti del Colle. Ci sarebbe dunque un tentativo, del tutto coerente con le regole costituzionali, di comporre la crisi in Parlamento. Ed è qui che il ruolo dell'opposizione potrebbe diventare importante. In questi primi giorni di crisi i leader del centrodestra non hanno scoperto le carte. Hanno recitato la formula di rito delle elezioni anticipate che tutti, loro stessi inclusi, considerano l'extrema ratio e lo scenario oggi meno probabile. Era ciò che la strategia politica richiedeva. Ma se la crisi non si risolverà in breve tempo e anzi arriverà in Parlamento con un governo dimissionario, allora i leader del centrodestra dovranno mostrare le proprie intenzioni reali. Nel calendario è segnato in rosso l'inizio del 2022, quando il Parlamento dovrà scegliere il successore di Mattarella. Contati i delegati regionali, ciò che resta dell'attuale maggioranza, senza Italia viva, non avrebbe i numeri per eleggere il Presidente della Repubblica con la maggioranza semplice richiesta da quarto scrutinio in poi. È per questo che se la pacificazione con Renzi dovesse saltare, Salvini, Meloni e Berlusconi saranno chiamati a sparigliare il gioco. La posta non è tanto il governo in sé quanto il Quirinale. Non ci si potrà presentare alle eventuali consultazioni da Mattarella e chiedere un mandato esplorativo per il centrodestra, ma servirà un piano politico che tenga conto della realtà. Proporre un governo di unità nazionale non è un tabù. Un esecutivo con le migliori personalità di ogni area politica, non divisive, che duri fino all'elezione del nuovo capo dello Stato. A Palazzo Chigi si dovrebbe proporre la migliore riserva della Repubblica di cui l'Italia dispone in questo momento, Mario Draghi. Quell'ex direttore generale del Tesoro che Silvio Berlusconi spinse alla Presidenza della Bce. Una personalità capace di guidare un governo con tutti i partiti, di avviare le riforme per il Recovery Fund e dare garanzie in Europa. A quel punto Draghi diventerebbe anche la prima opzione per la successione di Mattarella. Una proposta unitaria del centrodestra in questo senso avrebbe un triplo vantaggio: costringerebbe l'attuale maggioranza sfaldata a prendere in considerazione seriamente l'ipotesi poiché respingere una opzione di così alto profilo per difendere Conte diventerebbe molto complicato; toglierebbe ogni alibi alle accuse e alle riserve sul sovranismo e l'euroscetticismo di Salvini e Meloni; riporterebbe il centrodestra al governo in una posizione di forza e lo metterebbe in condizione di giocare la partita del Quirinale. Sarebbe un'assunzione di responsabilità, un sussulto politico per uscire dall'angolo dell'opposizione.

Certo, c'è qualche rischio politico relativo al consenso, a cui i leader guardano sempre con preoccupazione, ma in un governo di unità nazionale la responsabilità è condivisa ed il mercato politico più chiuso. E va tenuto conto che c'è tutto il settore produttivo del paese che reclama una rappresentanza urgente ed immediata. Sarebbe un rischio relativo e accettabile, specie per un periodo breve. Questo scenario oggi non è quello con le più elevate probabilità di realizzarsi poiché prima deve collassare del tutto l'attuale governo e poi devono mettersi d'accordo Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia sul piano da presentare. Nel caso di dimissioni di Conte e tensioni tra i partiti della vecchia maggioranza, una proposta del genere sarebbe una strambata tale da produrre una scossa politica ed istituzionale. Sarebbe anche un modo per il centrodestra per tornare nel grande gioco del potere. Ed è un gioco che richiede strategia, compromessi e presa di responsabilità. Questa chiave di lettura della crisi sarebbe anche una prova di maturità per Salvini e Meloni, troppo spesso percepiti in Italia e all'estero come anti-sistema e poco inclini ad assumere il timone del governo in una prospettiva europea. Quale occasione migliore per dimostrare il contrario?

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