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Il valzer degli chef

Il valzer degli chef

Sono nomadi e iperattivi, lasciano un ristorante per ricominciare altrove ed esplorare nuovi fornelli. Inaugurano locali oppure vanno a lavorare nelle cucine di un grande albergo. Si spostano da Nord a Sud e viceversa, alcuni si cimentano in avventure all’estero. Con le loro idee, la fantasia gastronomica, l’ansia di sperimentare, diventano la metafora di un Paese in movimento. Che ha ripreso a vivere.


Più che ansia da nomadismo, è questione di follia, o forse un pizzico di tutte e due le spinte centrifughe. «Noi cuochi siamo un po’ pazzi, non riusciamo a stare fermi. Abbiamo troppa voglia di imparare, di cimentarci con altre esperienze, di guardare nuovi orizzonti. Sappiamo che, muovendosi, si osserva e s’impara» racconta Carmine Buonanno, nuovo executive chef dell’Aleph Rome Hotel. Originario della provincia di Benevento, 38 anni, un passato nel bistellato Don Alfonso di Alfonso Iaccarino, si occuperà di tutta l’offerta gastronomica del lussuoso albergo capitolino a due passi da via Veneto. «Proporrò una cucina mediterranea, autentica, che rispecchia il nostro territorio, capace di parlare ai romani e di essere apprezzata dagli ospiti internazionali». Buonanno arriva da un altro hotel dell’Urbe, il Villa Agrippina Gran Meliá. È uno dei tanti volti di questo grande dinamismo in corso davanti ai fornelli, un valzer degli chef che è metafora di un Paese in movimento, felice di tornare a mangiare fuori, di riprendere a vivere.

«In questo momento è molto importante reagire, dominare questa specie di rabbia che ci siamo tenuti dentro e canalizzarla in un messaggio di grande energia concentrandolo sulle cose buone» conferma Enrico Bartolini, uno dei più grandi talenti tricolore, che resta saldo al timone del locale nel museo Mudec, intanto inaugura tre ristoranti: due sempre nel capoluogo lombardo, il gourmet Anima e l’osteria contemporanea Vertigo, all’interno del nuovo albergo Milano Verticale, affidandoli al resident chef Franco Aliberti, reduce da un’altra esperienza meneghina. All’hotel Miramare The Palace di Sanremo, prende invece vita Horus: 15 tavoli su una terrazza vista onde; a dirigere l’orchestra Masayuki Kondo, giapponese di Tokyo, che ha lavorato in icone della ristorazione stellata nostrana come St. Hubertus e Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo. Il tutto in nome dello stesso spirito, la medesima volontà di ricominciare: «I messaggi da parte del pubblico ci sono» ragiona Bartolini «e ora vanno guidati. Tante cose a cui eravamo abituati oggi ci suonano nuove perché avevamo perso l’abitudine di farle, di viverle. L’invito è quello di reagire, di canalizzare l’energia sui propri talenti».

I mutamenti sono numerosi, raccontano transumanze tra quartieri del medesimo capoluogo, spostamenti dal Nord verso il Sud del Paese, con puntate sulle isole e anche verso l’estero. Riguardano pilastri della buona tavola e rampanti emergenti, sono manovre definitive e altre provvisorie. Meglio prendere nota, andando in ordine sparso: Fulvio Pierangelini, tra i maestri assoluti della nostra cucina, arriva a Palermo per l’apertura di Villa Igiea, l’ultimo elegante indirizzo targato Rocco Forte Hotels. Fa tris, seguendo il ristorante Florio, la terrazza bar Igiea e l’Alicetta pool bar. Pierangelini amplifica la sua responsabilità di «creative director of food» di tutto il gruppo. Filo rosso in Sicilia, i sapori locali. Nella stessa regione, a Taormina, Massimo Mantarro curerà i menu dei tre ristoranti e del servizio in camera del nuovo Four Seasons San Domenico Palace, cinque stelle la cui apertura è prevista a luglio. A Capri, al J.K. Place, è arrivato Andrea Cimino, rientrato nel Bel Paese dopo l’esperienza caraibica a Le Sereno St. Barths. Mentre Giorgio Locatelli, volto televisivo di MasterChef, alla sua stellata Locanda londinese affianca Sabia, ristorante del lussuoso resort One&Only Portonovi, in Montenegro. Il menu si concentra su verdura e pesce fresco, servito anche crudo nell’area Raw Bar.

Il pesce è protagonista pure al Finger’s Porto Cervo, in Sardegna. Da metà luglio Roberto Okabe abbandona temporaneamente l’omonimo locale meneghino e si trattiene fino a settembre in Costa Smeralda, preparando i suoi classici, dalle tartare ai carpacci, più uramaki, roll, nigiri e altre immancabili delizie della contaminazione nippobrasiliana. La novità dell’estate sono i cocktail, da abbinare a ogni piatto, dal «Caipisake Maracuja» al «Mojito Sake». Chi resta a Milano è il giovane Antonio Lucatelli, classe 1990: dopo 4 anni nella cucina di Armani Ristorante, si sposta al Bioesserì Porta Nuova, uno degli indirizzi biologici più noti della città. Mentre lo chef italo-russo Tymur Isayev, ha lasciato Dry Milano per approdare a Quore Italiano in zona Gae Aulenti, format che mette al centro la pasta fresca e la pizza, tenendo come faro l’estrema qualità degli ingredienti (simboleggiata dalla Q del nome).

Intanto, al ristorante L˜Aria dell’hotel Mandarin Oriental, Lago di Como è arrivato Massimiliano Blasone, che ha alle spalle collaborazioni con Heinz Beck al tristellato romano La Pergola. Lo stesso Beck si sta cimentando con l’avventura di Palazzo Fiuggi, dove abbina cucina e benessere (vedi l’approfondimento nelle pagine successive). Nel curriculum di Blasone, c’è peraltro un’esperienza ragusana presso il bistellato Duomo di Ciccio Sultano, che a sua volta, da settembre, si occuperà dell’offerta culinaria del W Rome, debutto in Italia del brand W Hotels di Marriott International, nei dintorni di piazza di Spagna. L’ennesimo giro di valzer dei primi ballerini della cucina.

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