La corruzione del Qatargate rischia di essere la punta dell’iceberg di un’inchiesta molto più ampia che coinvolge anche politici italiani. Panorama ricostruisce il sistema dentro il Parlamento europeo, in cui Gruppi trasversali di deputati coltivano rapporti privilegiati con Stati che devono «ripulire» la propria immagine (e manipolare decisioni dell’Unione a loro favore).
Lo scandalo ha fatto scoppiare il panico. Eurodeputati, funzionari, assistenti, tutti stanno cancellando dai social foto, messaggi e dichiarazioni compromettenti o imbarazzanti» racconta una fonte di Panorama a Bruxelles – nel cuore delle istituzioni europee – dopo che soldi, regali e viaggi del Qatar hanno portato in carcere una fetta di sinistra al Parlamento di Strasburgo, a cominciare dall’ex eurodeputato di lungo corso Antonio Panzeri, un assistente di punta come Francesco Giorgi e la vicepresidente greca Eva Kaili. «Il giorno prima degli arresti gli ambasciatori in Belgio e presso l’Unione europea del Qatar hanno organizzato un ricevimento da mille e una notte» racconta la nostra fonte. «Alcuni ospiti che lavorano nei palazzi europei e avevano scattato selfie e foto sono in lacrime o hanno staccato il telefono».
Il ricevimento si è tenuto allo Steigenberger Wiltcher, esclusivo hotel della città belga. I padroni di casa erano i diplomatici di Doha. Tra questi, Abdulaziz Bin Ahmed Al Malki, ambasciatore presso la Ue e la Nato, ha ricoperto la carica diplomatica più alta del Qatar a Roma fino al luglio 2021. Fra gli ospiti, che hanno gestito parte degli inviti, non potevano mancare Panzeri e Giorgi, arrestati il giorno seguente. Il Qatargate rischia di essere solo la punta dell’iceberg di un’inchiesta che si starebbe concentrando sulle attività di 60 eurodeputati coinvolti in rapporti «non appropriati» anche con altri Stati, a partire dal Marocco. Ma la vera anomalia, come ha potuto rilevare Panorama, sono i Gruppi di amicizia con Paesi discutibili che devono ripulire la propria immagine. «Friendship groups» costituiti da europarlamentari in carica e sponsorizzati da governi stranieri come Turchia, Cina, Marocco, Emirati Arabi, Bahrein, Pakistan, Tagikistan, Kosovo (Paese che non è neppure riconosciuto da tutti gli Stati), Azerbaigian e Ucraina. Si tratta di raggruppamenti trasversali più simili a lobby di pressione e penetrazione – politica ed economica – nelle istituzioni europee. Non a caso il 15 dicembre la presidente del Parlamento, Roberta Metsola, ha annunciato ampie riforme per il 2023, compreso «un divieto a tutti i gruppi di amicizia non ufficiali».
Uno dei compiti del Gruppo di amicizia Qatar-Ue, istituito nel 2012 dall’ambasciata di Doha in Belgio, è quello di «assistere lo Stato del Qatar ad articolare e promuovere le sue priorità e posizioni politiche all’interno del Parlamento europeo e nelle altre istituzioni, in particolare la Commissione e il Consiglio». Il «club» ha operato fino al 13 dicembre, quando, sull’onda del Qatargate, le attività sono state interrotte dal presidente, lo spagnolo José Ramón Bauzà. L’eurodeputato liberale di Renew Europe una settimana prima era a Doha, invitato per i mondiali di calcio, e incontrava il ministro degli Esteri, Sultan bin Saad Al Muraikhi, dimostrando l’importanza del sodalizio. I 13 membri del gruppo sono tutti parlamentari in carica, compresi tre italiani: Fulvio Martusciello, capo delegazione di Forza Italia, la sua vice passata dalla Lega, Luisa Regimenti, e l’ex grillino Dino Giarrusso. La «iena tv», prestata alla politica, adesso pontifica contro i pesanti tentativi del Qatar di influenzare i membri dell’assemblea di Strasburgo, anche se non ha fatto rimuovere la propria foto dal sito dell’ambasciata.
Tutto alla luce del sole e nessuno di loro, al momento in cui andiamo in stampa, è stato chiamato in causa. Anche se una fonte a Bruxelles del sito Linkiesta afferma che nel contesto delle indagini sarebbero «osservati speciali». Ma fa impressione vedere i volti di sei eurodeputati in carica del Partito Popolare, tre dei liberali di Renew Europe e uno dei Socialisti e democratici, che per statuto dovrebbero «assistere lo Stato del Qatar». Oltre a «promuovere relazioni economiche, sociali e culturali più solide tra l’Ue e il Qatar», si legge sul sito dell’ambasciata a Bruxelles, «fungendo da quadro di supporto per il dialogo informale e il contatto tra uomini d’affari, funzionari governativi e dell’Ue, esperti finanziari e investitori».
L’unico del gruppo Socialisti e democratici, Demetris Papadakis, amico della vicepresidente greca Kaili finita in carcere, ora spiega di avere criticato il suo famoso discorso a favore del Qatar su diritti umani e responsabilità dell’Occidente. Martusciello, di Forza Italia, il 10 aprile 2019 sosteneva animatamente, in un convegno al Senato, che bisogna «sorvegliare con attenzione tutto quello che il Qatar sta facendo perché la costruzione e il finanziamento delle moschee può nascondere qualcosa di pericoloso per l’Europa e per i Paesi che le ospitano». E stigmatizzava l’allora premier Giuseppe Conte che aveva visitato Doha «tessendo le lodi del Qatar». Il 10 dicembre, invece, veniva immortalato sorridente al fianco dell’ambasciatore qatarino in Belgio, Abdul Rahman bin Mohammed Al-Khulaifi, in occasione di una cena presso la rappresentanza diplomatica con gli altri eurodeputati, membri «del comitato esecutivo del Gruppo di amicizia Qatar-Ue», che «ha tenuto la sua prima riunione per stabilire il programma di lavoro durante il prossimo periodo della nuova sessione legislativa dell’Unione europea». Martusciello ha quindi presentato al Parlamento europeo (da cui nel 2021 aveva ricevuto un richiamo per una missione in qualità di «osservatore elettorale» in Kazakistan, mai autorizzata) una durissima interrogazione pro-Doha sui «tentativi degli Emirati Arabi Uniti di manipolare le organizzazioni di giornalisti per boicottare la Coppa del mondo Fifa 2022 in Qatar».
Proprio gli Emirati sono sospettati di avere aiutato i servizi di intelligence del Belgio a scoperchiare il Qatargate (ma anche Abu Dhabi ha il suo «gruppo di amicizia», presieduto da Antonio López-Istúriz White, ex segretario del Partito popolare spagnolo). Il Qatar avrebbe indebitamente influenzato i negoziati sull’accordo del trasporto aereo siglato nell’ottobre 2021 con l’Unione europea, ancora da ratificare. Criticato con fermezza da sindacati e compagnie aeree, garantisce a Qatar Airways un accesso illimitato al mercato europeo.
Un ulteriore «gruppo di amicizia» sotto osservazione riguarda il Bahrein. Il 14 dicembre l’eurodeputata danese Karen Melchior ha chiesto di rimuovere il collega ceco, Tomáš Zdechovský, come relatore-ombra del Partito popolare, «sulla risoluzione per la difesa dei diritti umani in Bahrain». Il parlamentare «non ha sostenuto l’inserimento nel rapporto di Abdulhadi Al-Khawaja (dissidente incarcerato in Bahrein, ndr)». La figlia dell’attivista, Maryam Al-khawaja, ha scritto su Twitter che Zdechovský «deve spiegare la sua relazione e i viaggi pagati dal governo del Bahrein». Tutte accuse da provare, certamente; ma colpisce una dichiarazione rilasciata dal presidente del sodalizio pro-Stato del Golfo, uno dei più importanti con 30 membri: «Prima di istituire il gruppo di amicizia c’erano risoluzioni costanti contro il Bahrein nell’Ue. Oggi c’è solo un brillante futuro davanti alla cooperazione di entrambe le regioni».
Una nazione che sta emergendo nell’euroscandalo è il Marocco, con tanto di coinvolgimento dei servizi segreti di Rabat che avrebbero «influenzato» non solo Panzeri e Giorgi, ma altri europarlamentari in carica di sinistra. L’ex membro francese di Strasburgo, Gilles Pargneaux dell’Alleanza progressista di Socialisti e democratici, che presiedeva il Gruppo di amicizia Marocco-Ue, era un alfiere della linea di Rabat sulla spinosa questione del Sahara occidentale. E quando il gruppo visitò Laâyoune, la città più grande in quella regione, i media lo presentarono come «delegazione europea». Nel 2016 Pargneaux riceveva pagamenti mensili per «attività educative occasionali», lo stesso periodo in cui venne messo a capo della Scuola internazionale inglese di Casablanca.
I gruppi di amicizia non rappresentano il Parlamento europeo e non devono contraddire le linee ufficiali di Strasburgo. I membri sono obbligati a dichiarare qualsiasi donazione o regalo, ma ciò accade raramente. Il bubbone era già scoppiato nel 2018 quando si calcolava che ci fossero una quarantina di questi sodalizi, in gran parte utilizzati da Stati-paria o criticati per i diritti umani e scarsa democrazia con l’obiettivo di influenzare le istituzioni europee. L’allora presidente del Parlamento, Antonio Tajani, aveva ricevuto una lettera «bipartisan» che invocava regole chiare e un codice di condotta per evitare conflitti di interessi e danni «all’immagine e il prestigio» dell’assemblea di Strasburgo. Il paradosso è che in precedenza aveva sollevato le stesse preoccupazioni l’eurodeputato del Pd, Panzeri, ora sorpreso con le mazzette transitate attraverso la sua Ong che, beffardamente, si chiama «Combattere l’impunità». Allora l’eurodeputato italiano dichiarava al portale Euobserver: «Questi gruppi di amicizia sono stati utilizzati e vengono utilizzati da determinati Paesi per evitare di avere rapporti formali con l’organo istituzionale». E denunciava che questioni serie come i diritti umani vengono, così, aggirate o sbianchettate.
Nel novembre 2020 è stato sospeso il gruppo di amicizia di eurodeputati con Pechino. Lo aveva annunciato lo stesso presidente, il ceco Jan Zahradil, del gruppo Conservatori e riformisti europei, durante un’audizione alla Commissione sulle influenze straniere del Parlamento. I riflettori si erano accesi su Gai Lin, nazionalità cinese, assistente di Zahradil, che aveva organizzato una dozzina di viaggi in Cina degli eurodeputati. Il presidente ha sempre respinto le accuse «di essere uno strumento della propaganda di Pechino e di avere ricevuto fondi», ma due think tank indicavano il gruppo di amicizia «come un esempio dei tentativi cinesi di interferire con le politiche europee». Zahradil ha dovuto pure dimettersi come relatore dell’accordo di commercio fra la Ue e il Vietnam perché era presidente del gruppo di amicizia del Paese asiatico lanciato con un ricevimento all’ambasciata in Belgio del regime comunista di Hanoi.
Non mancano anche club curiosi e con interessi meno cruciali, come quello del «Parlamento europeo per la birra», che risale al 1995 e conta decine di eurodeputati, compresi tre italiani. Tutti cultori della bevanda a base di luppolo e ovviamente sponsorizzati dall’associazione di produttori di birra del continente. Cinzia Bonfrisco, della Lega, fa parte della Commissione sulle ingerenze straniere a Strasburgo. Dice: «L’attacco alla democrazia e alla sovranità dell’Unione europea che sta emergendo ci ha scioccato. L’aspetto grave è che si tratta di un sistema che s’innesta nel Parlamento perché non ci sono abbastanza anticorpi. È necessaria una commissione d’inchiesta per individuare buchi e falle».