Il no del Pakistan alla CIA preoccupa Washington
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Il no del Pakistan alla CIA preoccupa Washington

Il Pakistan ha reso noto che non permetterà più alla CIA di usare le basi sul proprio territorio, per effettuare missioni antiterrorismo transfrontaliere dopo che le forze americane si saranno ritirate dall'Afghanistan il prossimo 11 settembre. A dichiararlo è stato in particolare, lo scorso 20 giugno, il primo ministro del Paese, Imran Khan, nel corso di un'intervista. Già a maggio, del resto, il ministro degli Esteri pakistano, Shah Mehmood Qureshi, si era espresso in questi termini.


E' pur vero che i rapporti tra Washington e Islamabad risultino ambigui e non privi di problematiche. Ciononostante, come riferito dal sito Axios, "gli Stati Uniti hanno condotto centinaia di attacchi di droni e operazioni antiterrorismo transfrontaliere dal suolo pakistano". Una linea politica che tuttavia Khan, al potere dal 2018, ha detto adesso di voler far cessare. Sembrerebbe, sì, che il governo americano speri ancora di trovare un compromesso: il punto è che il premier pakistano teme la presenza dell'intelligence di Washington sul proprio territorio (Axios ha in tal senso parlato del rischio di un vero e proprio "suicidio politico"). La situazione resta quindi incerta e, in tal senso, gli Stati Uniti nutrono non poca preoccupazione. Gli americani temono infatti che, dopo il ritiro delle loro truppe dall'Afghanistan, l'area possa presto tornare a rivelarsi un ricettacolo di terroristi.

Lo scorso aprile, il direttore della CIA, William Burns, ha non a caso dichiarato: "Quando arriverà il momento per l'esercito americano di ritirarsi, la capacità del governo degli Stati Uniti di raccogliere e agire sulle minacce diminuirà. Questo è semplicemente un dato di fatto". Sempre in questo quadro, lo scorso 17 giugno, il capo del Pentagono, Lloyd Austin, durante un'audizione al Senato, ha affermato che gruppi estremisti come al-Qaeda potrebbero essere in grado di rigenerarsi in Afghanistan e rappresentare una seria minaccia per il territorio statunitense appena entro due anni dal ritiro delle truppe americane dal Paese. Una posizione con cui si è trovato concorde anche il capo di stato maggiore statunitense, Mark Milley. In tutto questo, secondo quanto riferito a inizio giugno dal New York Times, "due decenni di guerra in Afghanistan hanno contribuito a trasformare l'agenzia di spionaggio in un'organizzazione paramilitare: effettua centinaia di attacchi di droni in Afghanistan e Pakistan, addestra unità di commando afghane e mantiene una grande presenza di ufficiali della CIA in una serie di basi lungo il confine col Pakistan".

Tutto questo rende ancora più problematico per Washington rinunciare alle attività della CIA nei territori pakistani. Il punto è che le attività dell'intelligence statunitense hanno creato non poche preoccupazioni nel Paese. In primo luogo, sempre il New York Times ha riferito che "attacchi occasionali di droni in Pakistan hanno ucciso civili": una circostanza che ha accresciuto l'impopolarità americana nell'area, mettendo sotto pressione il governo di Islamabad da parte dell'opinione pubblica. In secondo luogo, non vanno comunque trascurate le controverse relazioni che il Pakistan intrattiene con i talebani. Dal momento che, dopo il ritiro americano, proprio i talebani sembrano destinati a rafforzarsi ulteriormente in Afghanistan, è possibile ritenere che Islamabad voglia evitare di alimentare delle tensioni con loro. Un terzo fattore da considerare è poi il rapporto con la Cina: Islamabad e Pechino intrattengono stretti legami sul versante infrastrutturale e Washington teme che l'influenza del Dragone possa progressivamente affermarsi sul Paese. Un timore non del tutto infondato: nel corso della suddetta intervista, Khan ha non a caso rifiutato di riconoscere la repressione degli uiguri nello Xinjiang.

In questo quadro, Washington ha preso anche in considerazione l'ipotesi di riattivare le basi usate in Asia centrale durante il conflitto afghano. Tuttavia la Russia si è finora opposta a questa opzione. In tal senso, non è del tutto escludibile che la questione sia stata affrontata durante il vertice a porte chiuse tra il presidente americano, Joe Biden, e il suo omologo russo, Vladimir Putin, tenutosi a Ginevra la settimana scorsa. Del resto, l'inquilino della Casa Bianca, nella sua conferenza stampa successiva all'incontro, ha in generale parlato di una cooperazione con Mosca per il contrasto del terrorismo in Afghanistan.

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Stefano Graziosi