L’insofferenza per le dittature dell’ideologia, l’amicizia con Lucio Dalla, gli incontri in panetteria con David Bowie, la collaborazione con Elton John : racconti di un’artista «Spettacolare».
«Ho iniziato a esibirmi con una band a 10 anni. Ci chiamavamo Telly e i Cobra, facevamo le prove in un cinema che aveva in gestione mia zia, e i concerti nelle parrocchie intorno a Castelfranco Veneto. Con una grande incognita: mia madre Teresita che faceva irruzione in platea armata di scopa o battipanni e interrompeva lo spettacolo. Quante figuracce mi ha fatto fare in quelle domeniche pomeriggio…».
Storie di vita e di musica raccontate da Donatella Rettore, icona del pop rock italiano (ha partecipato all’ultimo Festival di Sanremo insieme a Ditonellapiaga), che ha da poco pubblicato in collaborazione con il duo Legno, Spettacolare, uno dei singoli più intriganti dell’estate.
Autrice di hit senza tempo come Kobra, Splendido splendente, Lamette e Donatella, Rettore è da sempre ironica e dissacrante nei testi come nell’immagine. Una mosca bianca nella scena musicale italiana degli anni Settanta, ricca di talento letterario, indubbiamente, ma per lo più refrattaria a occuparsi di look e presenza scenica.
«A un evento femminista, a Roma, venni contestata nonostante mi fossi presentata con un pezzo intitolato Il patriarca. Ero andata lì per cantare e mi ritrovai a dover rispondere a domande sul perché avevo i capelli biondi tinti, il make up sul viso e le unghie con lo smalto. Decisi che non avrei più preso parte a quel tipo di manifestazioni».
Una fascinazione fulminante quella di Donatella per la musica e il palcoscenico, che a 11 anni l’ha portata dritta in un collegio di suore dorotee ad Asolo: la punizione dopo una rocambolesca fuga da casa interrotta in treno dai carabinieri. La destinazione? il concerto dei Rolling Stones al Palalido di Milano. «Non dimenticherò mai la gioia dell’ultima campanella e il ritorno a casa dopo un anno e mezzo di prigionia» ha raccontato nel libro Dadauffa. Memorie agitate (Rizzoli).
Dei milioni di copie vendute con i suoi 33 e 45 giri, una buona parte è figlia del grande successo all’estero, prima ancora che in Italia. A dare il via a tutto, un brano, Lailolà, diventato una hit internazionale, soprattutto in Francia, Germania e Svizzera.
«Nel 1978 incontrai Lucio Battisti nel backstage di una trasmissione televisiva tedesca. Eravamo lì come rappresentanti della musica italiana. Non appena mi vide, mi venne incontro e disse: “Ma tu chi sei? Qui in Germania ti conoscono tutti”. E io: Sono una cantautrice italiana, ma da noi non mi prendono in considerazione. Era veramente così, da noi ero nessuno, all’estero mi invitavano in tv negli stessi programmi a cui partecipavano gli Abba» racconta.
Nemo propheta in patria, ma fino a certo punto, nel caso di Rettore. A intuire il suo talento per primo è stato Lucio Dalla che nel 1973 le ha offerto di aprire alcuni suoi concerti. «Non ero ancora maggiorenne e Lucio, che aveva apprezzato i miei primi brani, aveva colto quale fosse il grado di apprensione di mia madre. Così un giorno, pensò di rassicurarla a modo suo dicendole “Signora, guardi che si tratta soltanto di cantare, non di fare la troia. E poi, comunque, tutto dipende da come l’ha educata lei”. “Le abbiamo trasferito dei valori sani!” replicò mamma. Lucio concluse così: “Benissimo, allora stia tranquilla e reciti una preghiera per ogni canzone che Donatella interpreta”».
Con l’arrivo del successo in Italia, alla fine dei Settanta, si moltiplicano le presenze di Rettore in televisione, ma anche ai festival di partito che 40 anni fa erano un palcoscenico ambito per chiunque si esibisse dal vivo. «Mi mancano moltissimo le Feste dell’Unità perché erano organizzate meravigliosamente. Ma mi sono divertita anche ai Festival dell’Amicizia. A un Festival dell’Avanti mi raggiunse in camper Bettino Craxi: nacque un’amicizia con lui e con la sua famiglia. In quel periodo ero al massimo della popolarità, travolta dagli impegni professionali, e lui mi diede un consiglio importante: non farmi abbagliare dalla venerazione del pubblico, non perdere l’equilibrio, andare sempre per la mia strada».
È il momento in cui Rettore sbanca le classifiche con canzoni come Kobra, metafora sessuale già abbastanza esplicita nella prima strofa del testo: «Il cobra non è un serpente, ma un pensiero frequente che diventa indecente quando vedo te».
«Capirai che scandalo… Una donna che parla di sesso a me pareva la normalità. Sono molto più volgari certe canzoni di oggi, solo che sono cantate in modo che non si capiscano le parole. C’è un’evidente difficoltà nello scandire le sillabe» prosegue. «Io sono insofferente al politically correct. Sento la necessità di chiamare le cose per quello che sono. La cacca del cane non si può definire deiezione… Ma dai… Va bene non trascendere nella volgarità gratuita, ma oggi chi non aderisce al politically correct rischia davvero di essere emarginato».
Nell’immaginario creativo di Rettore a un certo punto entra prepotentemente la Londra scossa dalla rivoluzione punk e attraversata dai suoni e dai colori della new wave. «Nei primi anni Ottanta ho abitato a Oakley Street, a due passi dall’abitazione di David Bowie. Lo incontravo spesso al mattino dal panettiere. Era elegante come un lord, con il trench e il cappello. Dopo qualche giorno, iniziò a salutarmi sollevando il copricapo e chiedendomi come andava. Sorridevo, ma non dicevo una parola: per me lui è stato ed è un mito. E con i miti è meglio non avere confidenza».
Decisamente più impegnativo l’incontro con Sir Elton John. «Mi aveva dato il provino di una sua canzone, Remember, da incidere (il brano presente nell’album Estasi clamorosa era stato scritto in origine per Frank Sinatra che poi rinunciò a pubblicarlo, ndr). Al nostro primo incontro ero così emozionata che mi sono rovesciata una tazza di tè sulle gambe. Lui, da bravo inglese, non si è scomposto minimamente e me ne ha versata subito un’altra dicendomi “Calma, baby”».