Nel Vecchio continente è scoppiato un conflitto tra 007 come non se ne vedevano dai tempi della Guerra fredda. Molti Paesi sono a caccia di segreti industriali e soprattutto militari, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina. Ma cercano anche appoggi politici per interferire in relazioni e affari. Intanto la Nato sguinzaglia sul territorio i suoi operativi per pedinare e intercettare decine di «notabili» stranieri. Ed è così che si è scoperchiato il Qatargate…
Gramsh Factory, Albania centrale. Nel tardo pomeriggio dello scorso 20 agosto una Chevrolet Camaro si accosta al muro perimetrale di una fabbrica che produce armi per l’industria della difesa albanese e della Nato. Tre uomini si affrettano a scendere dall’auto e fanno irruzione nel complesso. Hanno giusto il tempo di scattare qualche foto che la loro intrusione viene notata dai militari a guardia dell’impianto. Ne nasce una colluttazione. Uno degli uomini del commando estrae uno spray al gas nervino, e con quello ferisce due soldati. Ma in breve le forze di sicurezza albanesi gli sono addosso, e i tre vengono arrestati. Si scopre così che si tratta di due cittadini russi operativi del Gru, l’intelligence militare russa, più un ucraino. La loro missione è fallita. Ma l’episodio apre a interrogativi inquietanti. A quale scopo l’intelligence di Mosca voleva informazioni sui depositi Nato dei Balcani?
La risposta è nella guerra di spionaggio che si è scatenata in Europa da quando gli alti comandi russi hanno progettato l’invasione dell’Ucraina. Parimenti, la Nato ha iniziato a pedinare e intercettare diplomatici, funzionari e uomini d’affari di: Russia, Turchia, Cina, Iran, Marocco, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Azerbaijan, solo per citare i più noti. È così che si scoprirà l’enorme sistema di corruzione intorno al mondiale in Qatar, da cui discende lo scandalo ribattezzato «Qatargate», che sembra solo all’inizio. Non sorprende, nella vicenda, che vi sia la presenza di Yassine Mansouri, capo dei servizi di intelligence del Marocco, sospettato dalla procura belga di avere diretto e pagato i protagonisti dello scandalo al Parlamento Ue, facendo anche uso del famigerato spyware Pegasus (l’accusa è di averlo installato in 50 mila cellulari, compresi quelli del premier spagnolo Pedro Sánchez e del presidente francese Emmanuel Macron).
Perché il contesto è quel mondo di spie che girano indisturbate e protette da passaporti diplomatici per i corridoi dell’Europarlamento di Strasburgo, per gli uffici della Commissione europea a Bruxelles e nel Lussemburgo, dove migliaia tra funzionari, consulenti, europarlamentari e relativi staff s’incontano, si scambiano idee e biglietti da visita, vanno alle feste insieme. E talvolta vendono o scambiano segreti. Per favorire un’azienda, per accreditare una legge, per promuovere un amico. O, peggio, per rubare documenti riservati e segreti militari. Solo la capitale belga ospita 300 missioni diplomatiche, con circa 26 mila funzionari registrati e almeno 100 organizzazioni internazionali. «Di questi tempi, tutte le agenzie di intelligence che monitorano le attività fino a infiltrarle quando occorre, sono concentrate sulla difesa di ingerenze relative ai piani dell’Alleanza atlantica, dato che la guerra in Ucraina fa risuonare echi da Guerra fredda» dice a Panorama una fonte che preferisce restare anonima.
Vero è che il Vecchio continente è da sempre territorio di caccia delle agenzie di intelligence straniere, con le residenze diplomatiche quali punti di interscambio privilegiati per ricevere ordini e trasmettere cablo confidenziali alla madrepatria. Non solo le onnipresenti agenzie Cia e Nsa americane, o il Mossad israeliano. Anche il personale russo qui ha le proprie «residenture», basi stabili che ospitano qualcosa come 2 mila funzionari coperti dall’«ombrello diplomatico. Se Mosca vanta in Europa un network invidiabile di collaboratori «informali» che mantengono contatti costanti con gli occidentali, la Turchia rapisce e talvolta «neutralizza» in tutta Europa persino i propri connazionali, specialmente i curdi sospettati di far parte della rete terroristica Pkk, dietro ai paraventi di associazioni islamiche-spia costruiti con paziente determinazione da Hakan Fidan, dal 2010 a capo del servizio segreto Mit.
Da tempo qui sono attivi anche gli iraniani, che usano agenti clandestini – personale dell’Iran Air, dell’agenzia di stampa Irna, della radiotelevisione Irib, di associazioni culturali o di beneficenza, e persino della Mezzaluna rossa – come copertura per monitorare movimenti ostili al governo, e per compiere altresì operazioni di intossicazione e disinformazione. A coordinare tutto è Mahmoud Alavi, attuale ministro delle Informazioni e della Sicurezza nazionale. Anche le banche iraniane (come Bank Melli) sono utilizzate per fornire discretamente i fondi necessari alle reti clandestine. Quel denaro serve a finanziare pure gli Hezbollah affinché possano acquistare armi. In Europa, importanti postazioni dei terroristi libanesi sono state scoperte a Parigi, Bruxelles, Berlino, Bonn, Vienna, Ginevra, Nicosia.
Mentre i cinesi hanno un solo scopo: assicurarsi la fedeltà di funzionari e politici utilizzando mazzette e consulenze. Per farlo Pechino sfrutta l’Mss, il ministero della Sicurezza dello Stato, oggi sotto la guida di Chen Wenqing. I cinesi a loro volta spiano quanto accade nel palazzi del potere europeo, e riservano grande attenzione ai connazionali e ai brevetti delle industrie. Specie quelle del comparto militare, che «è tornato a essere oggetto di grandi appetiti dopo lo scoppio della guerra in Ucraina» assicura la nostra fonte. «I segreti dell’industria euro-atlantica sono considerati il Sacro Graal per l’intelligence di Mosca e Pechino».
Nel marzo 2022, la magistratura bulgara ha rivelato come un generale dell’esercito trafficasse informazioni classificate della Nato e dell’Ue con il consigliere dell’ambasciata russa a Sofia. Sempre in marzo, la Slovacchia ha arrestato il colonnello Pavel Buczyk, che lavorava per il ministero della Difesa. Il militare avrebbe fornito ai russi informazioni relative alla difesa della Slovacchia, della Nato e dell’Ucraina: dettagli su operazioni militari, esercitazioni e sulla difesa aerea. Colto in flagrante, ha confessato di aver ricevuto 46 mila euro dall’intelligence di Mosca e ha testimoniato su come «i russi siano particolarmente interessati a certe informazioni riguardanti l’Ucraina». Soprattutto Aleksandr Bortnikov, capo del Servizio federale per la sicurezza (Fsb), che ha teorizzato l’uso spregiudicato di informazioni relative ai parlamentari, per influenzare le singole politiche nazionali.
Senza dimenticare che un anno prima, nel marzo 2021, proprio in Italia un ufficiale di Marina, Walter Biot, era stato arrestato con l’accusa di spionaggio per aver passato documenti segreti a un funzionario russo in cambio di 5 mila euro. In Germania, nel 2020 il Tribunale regionale superiore di Coblenza ha invece condannato a 6 anni e 10 mesi un cittadino afghano che aveva lavorato come traduttore e consulente di storia per nove anni presso la Bundeswehr, l’esercito tedesco. L’uomo, con la complicità della moglie, trasmetteva regolarmente alla Vevak (il sevizio segreto iraniano) documenti sulla logistica militare Nato, che Teheran girava a Mosca. Mentre uno scienziato russo impiegato presso l’Università di Augusta è stato condannato a 12 mesi di reclusione per aver fornito ai russi informazioni sul programma spaziale europeo Ariane in cambio di denaro: è accusato di aver tenuto 11 incontri sospetti con un ufficiale dell’intelligence russa impiegato presso il consolato di Monaco, tra novembre 2019 e giugno 2021.
Anche se non è più Unione europea, il Regno Unito è tutt’altro che immune allo spionaggio: a giugno, una spia russa è stata arrestata prima di imbarcarsi su un aereo a Gatwick, perché ritenuta un agente di contatto per altre quattro spie «dormienti» che lavorano per il parlamento britannico. Mentre il cittadino britannico David Ballantyne Smith è stato scoperto a inviare documenti per posta all’addetto militare dell’ambasciata russa a Berlino, il generale Sergey Chukhurov.Smith avrebbe raccolto informazioni sulle azioni dei diplomatici e altre relative alle attività del governo, fotocopiando documenti, rubando video interni dell’ambasciata e trafugando Sim telefoniche. Dall’inizio delle ostilità in Ucraina, altre centinaia di diplomatici sospettati di spionaggio (soprattutto russi) sono stati espulsi da Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia, Bulgaria, Montenegro, Repubblica Ceca, Danimarca, Svezia, Irlanda, Paesi Bassi, Francia, Polonia.
Di queste «ingerenze» in Europa si è occupato a lungo anche il Copasir sotto la direzione del senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso. In missione a Bruxelles per incontrare Raphael Glucksmann – presidente della Commissione speciale contro le interferenze straniere dell’Ue – Urso riscontrò una serie di anomalie tra il 2020 e il 2022 che lo portarono a scrivere: «I principali attori ostili sono, come è noto, la Russia e la Cina, che fanno ampio uso dei vari strumenti di disinformazione e di ingerenza sia sul fronte interno che all’estero nei Paesi considerati nemici. Anche altri Paesi più o meno estesamente utilizzano le stesse modalità. Vi sono attori che svolgono una pesante attività di lobbying presso l’Ue, come la Turchia, il Qatar, gli Emirati arabi uniti e l’Azerbaijan». Pochi mesi, e lo scandalo dentro le istituzione europee è esploso.
