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La casa che verrà

La casa che verrà

L’emergenza Covid-19, che ha tenuto agli «arresti domiciliari» milioni di italiani per oltre due mesi, sta cambiando il concetto dell’abitazione. Spazi esterni per respirare, uno studio per lo smart working. E anche il calo dei prezzi degli immobili potrebbe aiutare.


Addio monolocali in centro storico. Decenni di studi di architettura per comprimere in 30 metri quadri tutta una vita stanno per essere archiviati. In un paio di mesi, il coronavirus ha cambiato il modo di concepire la casa. Abbiamo riscoperto il piacere di cucinare che poco si adatta allo strapuntino dell’angolo cottura; lo smart working ci ha fatto capire che sarebbe utile avere una stanza in più come studio. Abbiamo sognato più spazio per mettere una cyclette, desiderato un terrazzo e invidiato chi ha il giardino condominiale.

Oltre due mesi di reclusione forzata hanno improvvisamente acceso la nostra attenzione sull’ambiente in cui viviamo. Da dormitorio dove ritirarsi dopo una giornata tutta fuori tra lavoro, aperitivo con gli amici e ristorante, l’abitazione è tornata a essere un luogo dove trascorrere più tempo. E l’ampliamento di metratura potrebbe essere «finanziato» dalla caduta dei prezzi che si registrerà inevitabilmente nei prossimi mesi e anni. Perché la crisi del mattone potrebbe durare un triennio.

Le agenzie immobiliari sono convinte che il mercato si trasfomerà e qualche indicazione sta già emergendo. «Aver vissuto per settimane in case vecchie o senza balconi cambierà le prospettive di investimento della famiglia» dice Mario Breglia, presidente dell’Istituto di ricerca Scenari immobiliari. «Piuttosto che il nuovo modello di Suv, meglio una casa con una stanza in più da utilizzare come studio per lo smart working, con un terrazzo o un giardino in cui trascorrere qualche ora all’aria aperta».

Il telelavoro, da esperienza circoscritta all’epidemia, potrebbe diffondersi: non sarà più necessario abitare a un passo dall’ufficio, si potrà optare per realtà meno costose e a misura d’uomo. Scenari immobiliari ha stilato un elenco dei fattori che potrebbero condizionare il prezzo di un immobile. Un terrazzo o un giardino fanno aumentare il valore del 10 per cento; se è un piano alto ed è luminoso l’incremento è del 9 per cento; se provvisto di un balcone abitabile +8 per cento e se ha una stanza in più rispetto ai componenti del nucleo familiare allora +7 per cento. Con il doppio bagno l’apprezzamento è del 5 per cento. Infine da non sottovalutare la presenza di possibili connessioni a internet ultraveloce (+3 per cento). Di contro, un appartamento senza terrazza o balconi, poco luminoso, con un solo servizio, anche se in zona urbana centrale, perde il 10 per cento del valore. Anche il Centro studi di Idealista ha rilevato una modifica degli interessi abitativi. Se nel periodo precedente alla pandemia il 34,1 per cento della domanda riguardava immobili situati nei capoluoghi di provincia, con il Covid questa percentuale è scesa al 30,9.

Più di un terzo delle famiglie italiane con 2-3 componenti vive in meno di 80 metri quadri. Secondo l’ultimo censimento Istat, il 13,4 per cento delle case non raggiunge i 60 metri quadri. La percentuale sale al 22,7 a Milano e al 18,7 a Roma. Nuclei di quattro persone, nel 20,7 per cento dei casi, vivono in meno di 80 metri quadri. Nella provincia di Milano si arriva quasi al 30 per cento, al 31,3 a Torino, al 32,5 a Roma, fino al 34 a Napoli. Sempre secondo l’Istat, il 27,8 per cento degli italiani, oltre 16,8 milioni, vive in questa condizione. Per costoro l’insofferenza della reclusione di due mesi si è fatta sentire di più. L’orientamento del mercato, oltre che alle mutate esigenze, dipenderà soprattutto dalla crisi economica. Mentre Breglia di Scenari immobiliari ritiene che questo è il momento giusto per fare buoni affari, secondo il vicepresidente di MutuiOnline.it, Roberto Anedda, non sarà facile l’accesso al credito.

I tassi sono bassi ma le banche applicheranno criteri più stringenti. Con la recessione il rischio di insolvenze è alto. Nomisma ha provato a disegnare uno scenario partendo da una stima del calo del Pil 2020 del 5,2 per cento. È una valutazione ottimistica a fronte di altre previsioni che vanno da un -15 a un -8 per cento. L’ufficio studi dell’istituto bolognese stima circa 110 mila compravendite in meno con un calo del fatturato di 22 miliardi di euro che, cumulandosi nei prossimi tre anni, potrebbe arrivare a 122 miliardi di euro di perdite. È una gelata per un mercato che aveva cominciato a mostrare segnali di ripresa. Nel 2019 le compravendite avevano raggiunto quota 662 mila, di cui il 92 per cento riferite al residenziale. E per quest’anno gli operatori si aspettavano performance simili con un incremento dei prezzi superiore allo 0,2 per cento del 2019 prima di raggiungere un+0,7 per cento nel 2021 e +1,1 nel 2022. Invece, secondo Nomisma, crolleranno tra l’1,3 e il 4 per cento.

La Lombardia, che da un biennio mostrava segnali di netta ripresa, anche grazie al riaffacciarsi di investitori stranieri, ha invertito la tendenza sin dalle prime notizie del contagio. Già a gennaio e febbraio, Scenari immobiliari registrava un calo delle compravendite del 7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Un segno meno che a Milano ha toccato il 12 per cento. Il problema per il mercato è l’improvviso crollo del reddito di una larga fascia di popolazione e le previsioni drammatiche per l’immediato futuro che spaventano anche chi è finanziariamente solido. «Numerosi investitori ritengono che all’uscita dall’emergenza si presenteranno opportunità interessanti e scommettono su un ribasso dei prezzi» sostiene Fabiano Testa, investitore immobiliare e ceo di International home, un network di aziende internazionali. «Molte persone venderanno perché a corto di liquidità o perché avendo un mutuo oneroso non riescono più a pagarlo». Più ottimista sulla ripresa di Milano. «Non smetterà di essere attrattiva per gli investitori perché sanno che è una città dalle spalle solide, capace di riprendersi velocemente».

Chi ha puntato sugli affitti dovrà armarsi di pazienza. «Spostarsi dalle locazioni brevi a quelle tradizionali non è consigliabile» afferma Testa. «Le morosità, che in condizioni normali oscillano tra il 10 e il 20 per cento, con il crollo dell’economia aumenteranno e sarà più difficile far uscire l’inquilino». L’emergenza Covid-19 porterà anche innovazione tecnologica nel settore immobiliare. «Le agenzie stanno intensificando l’attività online con tour virtuali e la nascita di piattaforme di payment» conclude Testa. «Gli acquisti saranno più veloci». Il futuro è già arrivato.

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