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Un filo di gas

Un filo di gas

Le fonti fossili non sono sostituibili ed è inutile sperare che ci salvino le «rinnovabili». Lo dice in questa intervista il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli. Quanto all’Europa, aggiunge, non solo coltiva da anni l’irrealistico sogno del green per fare politica, ma non sa neppure come fare per applicare davvero il «price cap», il tetto al prezzo del metano. Che, secondo le sue previsioni, «non si farà né ora né mai».


L’Europa stacca la corrente e sul mitico (e mitizzato) «price cup», il tetto al gas russo, o forse a tutto il gas, si vedrà. Se ne riparla il 30 settembre in un super-vertice. Si sono messi di traverso, nell’ordine: Mark Rutte, il premier olandese che con la Borsa di Amsterdam dove si scambiano i TTF sul metano fa ottimi guadagni; i norvegesi, che grazie ai loro pozzi intascano moltissimi quattrini (80 miliardi di euro di surplus commerciale); poi c’è la Germania con il cancelliere Olaf Scholz il quale insiste nell’affermare che del gas di Vladimir Putin non si può fare a meno, ma sa che se la linea Nord Stream non riprende le regolari forniture e, nonostante i 120 miliardi di euro di aiuti, ha un’economia che langue. E l’Italia? Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, si barcamena: un po’ di risparmi qua, un po’ di gas acquistato là, l’annuncio che i nostri serbatoi di stoccaggio sono pieni oltre l’83 per cento, ma non basta e già si parla di restrizioni. La campagna elettorale è molto frizzante, nel senso «gasata», fra tasse da far pagare sugli extraprofitti e richieste di scostamenti di bilancio. Qualcuno ha una soluzione? Panorama intervista il massimo esperto italiano, il professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia.

Arriverà il tanto invocato «price cap»?

Be’, mi sembra un po’ tardi per adottarlo e soprattutto non si sa come farlo. Sono stato autore di previsioni sbagliate: non mi sarei aspettato che il prezzo sfondasse i 300 euro, come non mi sarai mai aspettato di vedere una guerra in Europa perché, piaccia o meno, ucraini e russi sono europei. I nostri governanti di Bruxelles, quelli che si preoccupano dei diritti civili, della qualità dell’aria o dei cani e dei gatti, oggi non sanno garantire il nostro livello di benessere e non sono stati in grado di prevedere e prevenire la guerra. Dopo 80 anni abbiamo una guerra sul continente, una tragedia umana che non si riesce a fermare. Noi godiano di tali miglioramenti nella qualità della vita grazie ai combustibili fossili, ed è difficile immaginare di costruire la pace eliminando ciò che ci ha assicurato lo sviluppo. Vedo improbabile che si possa aumentare la disponibilità di gas. I prezzi, poi, sono in discesa e non credo che, tra gli europei, chi sta guadagnando dal metano voglia sentire parlare di un «tetto». Azzardo. Non si farà né domani né mai.

Ma l’energia costa carissima, rischia di far fallire il nostro Paese. Possibile che non ci sia una via d’uscita?

Paghiamo errori del passato, previsioni sbagliate, impostazioni ideologiche. Prendiamo il mercato dei TTF: è un mercato poco liquido dove la speculazione banchetta da sempre. Lo abbiamo capito adesso. Come solo ora abbiamo scoperto che l’energia è il motore dell’economia ma fino a ieri eravamo convinti si potesse pagare poco, e si potesse rimpiazzare il fossile con il green dalla mattina alla sera. I prezzi scenderanno ancora ma il punto è che l’energia fossile non è sostituibile e ci manca metà del gas che serve. È facile incolpare le compagnie petrolifere, dire che sono cattive e sporcano il mondo e sperare che le energie alternative ci salvino. Non è così. La crisi del gas durerà almeno due o tre anni. L’Europa invece di assecondare chi coltiva il sogno delle rinnovabili per fare politica e anche lauti guadagni, avrebbe fatto meglio a coltivare il sogno di una Russia europea. Ed è più probabile che si realizzi tale prospettiva rispetto al Green deal e alla sostituzione del fossile con le rinnovabili che forniscono l’energia per lo sviluppo.

Dunque, è un’illusione sperare nel piano europeo per fare argine alla crisi?

Quel piano è pasticciato e non può essere altrimenti perché sconta il gap democratico: si devono mettere d’accordo in 27. E tutti hanno diritto di avere un parere: la somma di questi pareri però causa una forte litigiosità. Poi c’è anche chi ha capito che con l’energia si fanno i soldi e ha un motivo in più per resistere. Infatti si parla solo di tagli alle forniture. Ora si affaccia l’idea di una riforma del mercato e viene preso come parametro il mercato americano, dove operano almeno 3 mila fornitori e 20 mila clienti. Noi abbiamo un mercato del gas – voluto da Bruxelles – in cui ci sono al massimo cinque fornitori, con uno che fornisce il 40 per cento del gas che ci serve, e al massimo una ventina di compratori. Si sta parlando del nulla.

Non sarà che manca il gas e perciò i prezzi sono instabili?

Di gas e di petrolio ce n’è in abbondanza. Il punto è un altro: se insisti con la propaganda delle rinnovabili è chiaro che le compagnie non investono più in ricerca, nella manutenzione dei pozzi, nelle nuove esplorazioni. Ma il prezzo che s’incendia non dipende dalla carenza di prodotto. Piuttosto dal fatto che chi lo estrae ha capito che in attesa del poco realizzabile passaggio dal fossile alle rinnovabili si può spingere sui listini. Il prossimo problema sarà il petrolio, che pure sarebbe la nostra salvezza. Di greggio c’è vasta disponibilità, ma se gli ambientalisti spingono su un’illusoria transizione è chiaro che ce ne sarà sempre meno di disponibile. È un po’ come la tassazione sugli extraprofitti: discutibile sotto moltissimi aspetti, ma che è diventata la foglia di fico dietro cui si nasconde il fallimento delle politiche per un settore strategico.

E il piano energetico italiano?

Penso che Mario Draghi, Supermario, abbia fatto il fenomeno: ha chiuso il ministero dell’Industria e ha aperto quello della Transizione ecologica. Una prospettiva sbagliata. Si sapeva già dal febbraio del 2021 che sarebbe arrivata questa crisi: andava militarizzata la fornitura energetica, andava compreso che inseguire le politiche green non era saggio. Mi raccomando, però: che ci si continui a preoccupare del cambiamento climatico in questo modo. È giusto: vedo già qui a casa mia, a Bologna, l’acqua dell’Adriatico che si è innalzato e ci sommerge…

E allora, che cosa si può fare?

L’energia è una cosa troppo difficile per quelli che la stanno attualmente gestendo. In Italia i razionamenti sono sotto forma di inviti: spero solo che non si arrivi a staccare la luce alle famiglie; alle fabbriche è sicuro. E poi affidarsi agli ingegneri elettrici, in Italia ce ne sono di ottimi. Attivare al massimo tutto il carbone possibile riaprendo anche le miniere del Sulcis, in Sardegna, visto che da 40 anni paghiamo operai per non fare nulla. E poi ricominciare a trivellare in cerca di gas. La prima legge contro i nostri pozzi è di 12 anni fa. Quello che ha portato purtoppo è sotto gli occhi di tutti. Basta leggere una bolletta.

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