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L’energia di domani imita il sole

L’energia di domani imita il sole

La fusione a confinamento magnetico promette elettricità virtualmente infinita, prodotta in centrali sicure e a zero emissioni. Non è fantascienza. Eni, in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology e con Enea, sarà pronta a partire dal 2030.


Nel corso degli anni la ricerca non si è mai fermata, ma nelle ultime settimane l’energia da fusione è tornata alla ribalta come promettente soluzione per produrre energia sostenibile in quantità virtualmente illimitata. L’ultimo esperimento, condotto con successo negli Stati Uniti nei laboratori della National ignition facility del Lawrence Livermore national lab, in California, ha confermato che ottenere energia netta di plasma dalla fusione è possibile: gli scienziati californiani sono riusciti a produrre una quantità di energia superiore a quella necessaria per raggiungere le condizioni di fusione. Si tratta di un punto di svolta importante, che spalanca il campo a ulteriori sfide. La fusione è la reazione fisica naturale che alimenta il Sole e le altre stelle, nel cui nucleo viene innescata e mantenuta anche per miliardi di anni grazie alla presenza di un’intensa forza di gravità. È un processo opposto rispetto alla fissione, utilizzata nelle centrali nucleari, dove la produzione di energia si ottiene tramite la «rottura» di un atomo pesante (in genere di uranio) dopo l’impatto con un neutrone.

Nel processo di fusione, invece, due atomi leggeri (come gli isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio) sotto opportune condizioni raggiungono uno stato della materia – chiamato plasma – nel quale possono fondersi in un nucleo di elio, rilasciando energia, che per unità di massa è maggiore rispetto alla fissione. La fusione è molto difficile da replicare artificialmente sulla Terra. La strada scelta dai ricercatori della National ignition facility è stata quella del «contenimento inerziale» e prevede l’utilizzo di 192 laser per comprimere la materia a una densità tale da innescare la reazione. L’altra via su cui punta la ricerca è quella del «confinamento magnetico», tecnologia più matura per una industrializzazione in tempi brevi dell’energia da fusione. Cuore del processo è il Tokamak (acronimo che significa «camera toroidale con bobine magnetiche»), una grande struttura a forma di ciambella (o toroide), dove, grazie a un potente campo magnetico creato da magneti con tecnologia superconduttiva posti intorno alla camera, viene generato e gestito il plasma ad altissima temperatura.

La fusione è «intrinsecamente sicura», in quanto si interrompe spontaneamente nel momento in cui anche una sola delle condizioni necessarie per avere il plasma venisse a mancare; è pulita, giacché non produce CO2 e gas serra, ma neppure rifiuti radioattivi a lunga vita; e, non ultimo, l’energia da fusione è virtualmente illimitata (il deuterio si estrae dall’acqua del mare e il trizio si ricava da una reazione con il litio). A questa soluzione tecnologica sta lavorando anche Eni, che è stata la prima azienda energetica ad investire sulla fusione. Dal 2018 Eni è azionista e collabora con Commonwealth fusion systems (Cfs), lo spin-out del Massachusetts Institute of Technology nato con l’obiettivo di arrivare all’applicazione industriale della fusione a confinamento magnetico.

La tabella di marcia di Cfs, che nel 2021 ha sperimentato con successo un prototipo di magnete con tecnologia superconduttiva Hts (High temperature superconductors), prevede di costruire e testare entro il 2025 un impianto pilota per la fusione a confinamento magnetico che si chiamerà Sparc e che farà da banco di prova per lo sviluppo – nei primi anni del 2030 – di Arc: il modulo di reattore su scala industriale dotato dei sistemi per la raccolta dell’energia da fusione e per la sua conversione in elettricità da immettere in rete.

Sempre con il Mit, Eni collabora al programma Lift (Laboratory for innovation in fusion technology), creato per studiare soluzioni in termini di materiali, tecnologie, fisica e controllo del plasma. Inoltre, partecipa al progetto Dtt (Divertor tokamak test facility) di Enea, per l’ingegnerizzazione e la costruzione di un Tokamak dedicato alla sperimentazione di un componente – denominato divertore – che gestirà le ingenti quantità di calore che si sviluppano nella camera di fusione; impianto che è in fase di realizzazione presso il Centro di Ricerche Enea di Frascati. n

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