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Come salvarsi il cuore e vivere felici

Come salvarsi il cuore e vivere felici

«Aggiustarlo» con la medicina rigenerativa. Usare algoritmi e A.I. per mettere a punto terapie sempre più personalizzate. Il ruolo della cardioaspirina. La maglietta hi-tech.E ciò che possiamo fare ogni giorno per evitare guai. Parla un famoso cardiochirurgo, che su tutto ciò ha appena scritto un libro.


Nell’età d’oro della cardiologia, in cui tutto sembra possibile grazie a cure futuribili, dietro ogni cuore che batte nuovamente, ogni vita che riprende il suo corso, ci sono sempre le mani e la mente degli scienziati e dei cardiochirurghi. Lo narra molto bene Giulio Pompilio, Ordinario di Cardiochirurgia all’Università di Milano e direttore scientifico del Centro Cardiologico Monzino nel suo primo libro Il cuore ha sempre ragione (citando la frase del 1509 di Erasmo da Rotterdam nel suo Elogio della follia), appena uscito per Sonzogno. Pioniere delle terapie geniche e della medicina rigenerativa con cellule staminali cardiache, nel saggio, e in questa intervista, racconta come è cambiata oggi, con terapie hi-tech e nuovi farmaci, la cura del nostro organo più importante.

Cosa potremo aspettarci dalla cardiologia rigenerativa, che è un po’ la grande promessa di questa nuova era?

Applicata al cuore, questa branca della medicina, che studia come rigenerare i tessuti, punta ad «aggiustare» il muscolo cardiaco malato a causa di un infarto, o di scompenso cardiaco, così da ripristinare la sua funzione normale: anche grazie alle cellule staminali, un tesoro biologico che oggi sappiamo manipolare per ricreare quelle cardiache.

È complicato farlo?

Molto difficile sì, perché il cuore ha barriere molecolari e cellulari che prevedono un meccanismo di riparazione rudimentale, che è quello della cicatrice. Andare contro questa legge di natura e riuscire a trasformare la cicatrice in tessuto nobile e contrattile, oppure rigenerare i vasi, è complesso. Ma in futuro non sarà impossibile.

Applicate già queste tecniche per qualche patologia cardiaca?

Al momento la scoperta che il cuore possa rinnovarsi, seppure a bassa frequenza, ha rivoluzionato la ricerca ma non ancora la pratica clinica. Ciò che per ora riusciamo a far è applicare le terapie rigenerative nei casi di aterosclerosi coronarica intrattabile, o quando stent o bypass non sono più applicabili. Siamo in grado di prelevare le staminali dal midollo osseo, selezionarle e inocularle nel cuore, così che dove c’è una mancanza di ossigeno si possano ricreare piccoli vasi sanguigni.

Sono tecniche in grado di sostituire le terapie tradizionali?

No, sono terapie che noi chiamiamo «on top», oltre quelle che sono finora le tecniche convenzionali. Con queste ultime abbiamo fatto negli ultimi anni progressi enormi nella cura del cuore: il problema è che è molto difficile, adesso, andare oltre quello che già possiamo fare con i farmaci, gli stent, le valvole e tutti i presidi a disposizione. Occorre pensare e agire in maniera diversa, investigando nuove frontiere della scienza.

Sarà possibile un giorno «vaccinarsi» contro le malattie del cuore?

In questo caso l’obiettivo, con la tecnologia a mRna è introdurre il materiale genico all’interno delle cellule cardiache per curare una malattia genetica o per indurle alla rigenerazione. Il materiale viene veicolato dai liposomi, o da nanoparticelle «orientate». Viene trasportato anche attraverso un vettore virale, totalmente innocuo.

A cosa può servire l’intelligenza artificiale, che oggi è omnipresente in ogni settore?

Le ultime apparecchiature diagnostiche più sofisticate, tac e risonanze, la usano per imparare da ciò che stanno facendo. E poi c’è la grande branca del machine learning: ci consente di «digerire» l’enorme mole di dati generati, per esempio tutta la profilazione biologica dei pazienti, dal punto di vista computazionale. In questo campo i computer quantistici saranno la vera svolta. Elaborando i dati e guidandoli in una direzione precisa, possiamo usare gli algoritmi per una totale personalizzazione delle cure. Così come ci serviamo della realtà aumentata.

In che modo?

in cardiologia utilizziamo la realtà aumentata con risultati straordinari. Realizziamo ologrammi cardiaci personalizzati per pianificare meglio alcuni tipi di interventi. Con le nuove piattaforme navighiamo all’interno del cuore del malato. Così è possibile non solo fare diagnosi accuratissime, ma anche simulare ogni intervento prima di effettuarlo, con una cura sartoriale paziente per paziente, meno rischio, meno complicanze e massima efficacia.

Che ne pensa di tutti i dispositivi indossabili che monitorare il cuore?

Proprio al Monzino stiamo sperimentando per la prima volta al mondo la maglietta high-tech: una t-shirt con speciali sensori che inviano dati sulla situazione del cuore. Basta indossarla per permettere ai medici un monitoraggio del paziente, ovunque si trovi. Consente di ottenere un controllo efficace in varie condizioni di attività e riposo: integra Holter, elettrocardiogramma e polisonnografia, senza elettrodi né cavi, grazie ai microtrasduttori nella trama della stoffa.

Tecnologia a parte, conta anche la prevenzione…

Certo. Noi al Monzino puntiamo molto sulla prevenzione cardiologica primaria (quella per chi non è ha mai sofferto di eventi cardiaci, ndr), a cominciare dai giovani: lo stile di vita incide tantissimo sulla salute del cuore. L’esercizio fisico, per esempio, è il primo presidio terapeutico: una sorta di polipillola che ha dentro di sé due o tre pastiglie insieme. Senza effetti collaterali e prevenendo anche l’obesità.

A proposito di obesità. Il nuovo farmaco, l’iniezione di semaglutide, protegge anche il cuore?

Ha già un ruolo assai importante. Questa classe farmacologica è entrata anche nelle linee guida per lo scompenso cardiaco.

C’è invece un certo dibattito, a livello internazionale, sul ruolo effettivo della cardioaspirina. È davvero utile nella prevenzione?

Lo è moltissimo per chi ha già avuto problemi cardiovascolari, così come per quelli ad alto rischio. Si discute semmai sulla prevenzione primaria, cioè sull’opportunità di somministrarla a tutti gli over 65 per prevenire gli eventi cardiaci. In questo campo c’è differenza tra noi e gli americani: noi europei siamo un po’ più conservativi, riservandola ai pazienti ad alto rischio.

Ma in tutto questo scenario avveniristico, non c’è il rischio che si perda l’essenza del medico, il suo intuito?

Potremo anche imparare dai batteri a tagliare e ricucire il Dna, o dai virus a trasportare i geni nelle cellule cardiache, insegnare ai computer quantistici a elaborare milioni di dati e creare cure personalizzate, ma dietro ci sarà sempre la mano del medico: la sua mente e la sua esperienza.

Lei opera al cuore da più di 30 anni. C’è un caso che ricorda più degli altri?

Sì. Mi è capitato molti anni fa: una ragazza giovane con una grave patologia valvolare. L’ho operata, è cresciuta, ha potuto avere figli. L’ho aiutata a recuperare la sua esistenza e tutte le sue potenzialità. È solo un esempio tra i tanti, ma non l’ho mai dimenticata.

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