Produttività, controllo delle spese, diversificazione e, solo alla fine, adeguamento dei prezzi agli aumenti… Giancarlo Buffo, numero uno di una brillante impresa metalmeccanica, dà la sua ricetta per affrontare le difficoltà di questo periodo in un settore importante.
Lo ammette senza esitare: «Nella mia esperienza di imprenditore non ho mai affrontato una situazione di difficoltà come questa, provocata prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina, un conflitto che getta ombre sul futuro dell’economia mondiale». Con la sua azienda Giancarlo Buffo si è trovato al centro di una tempesta perfetta, stretto tra le impennate dei costi dell’energia e delle materie prime. Eppure non perde la fiducia, guarda avanti, pensa a diversificare e, insomma, tiene la rotta nel mezzo della bufera. La sua è una storia esemplare che mostra come le piccole e medie aziende italiane soffrono e reagiscono davanti alla crisi più grave mai incontrata.
Buffo è nato a Torino nel 1965 e dal 1992 è amministratore delegato della Cisla, Costruzioni industriali stampaggio lavorazione acciai, azienda del Canavese con 15 milioni di euro di fatturato e un centinaio di dipendenti. Questa zona del Piemonte è una sorta di piccola Ruhr dove si realizza il 60 per cento della produzione nazionale di stampaggio a caldo e il 10 per cento di quella europea. Il 65 per cento della produzione della Cisla si rivolge ai mercati esteri. Come attesta il suo nome, l’impresa opera nel settore metalmeccanico ed è specializzata nello stampaggio a caldo di acciaio, lavorazioni meccaniche e assemblaggi. I suoi clienti appartengono a vari comparti come il ferroviario, l’energetico, l’edile, l’automotive, dove spiccano i marchi Ferrari, Maserati, Cnh, Porsche, Bmw, Audi, Aston Martin. L’imprenditore ha ricoperto anche incarichi in associazioni di categoria ed è stato vice presidente di RivaBanca e sindaco del comune di Rivara (Torino).
«Siamo un’azienda “energivora” e l’energia incide dal 20 al 30 per cento sui nostri costi a seconda del tipo di componente prodotto» spiega Buffo. «Nel corso degli ultimi 12 mesi abbiamo avuto un incremento della bolletta, a parità di consumi, di circa il 400 per cento. Un anno fa spendevamo 40-50 mila euro al mese, oggi siamo tra i 130 e i 160 mila euro. Questo ci ha costretto a rivedere le nostre strategie di prezzo rispetto ai clienti: con quelli italiani è stato più semplice, visto che sono ben informati sull’aumento dei costi energetici, con quelli all’estero invece è stato più difficile perché in Europa l’energia in genere costa meno che da noi». Per fortuna «il governo ha alleggerito un po’ il peso della bolletta energetica grazie agli interventi sul credito d’imposta e parallelamente c’è stata una negoziazione con i nostri clienti per rivedere le quotazioni dei nostri prodotti, ma non tutti hanno riconosciuto l’adeguamento dei prezzi dovuto ai rincari dell’energia».
Accanto al boom della bolletta, la Cisla ha subìto il balzo dei prezzi dell’acciaio. «La nostra materia prima principale è l’acciaio che, per i materiali più comuni, è passato da 700 euro la tonnellata di un anno fa ai 1.500-1.600 nello scorso giugno. Qui è stato più facile far accettare ai clienti gli aumenti dei prezzi perché le variazioni delle quotazioni delle materie prime sono molto simili a livello europeo».
Per riuscire a mantenere l’azienda in utile, Buffo ha dovuto intervenire sull’organizzazione interna per aumentare la produttività e ridurre le spese, compensando così gli aumenti dei costi che non vengono riconosciuti dal mercato. «Questo però si può fare per un periodo limitato di tempo, non si può protrarlo per mesi o anni» dice l’imprenditore. Che è preoccupato per il futuro: «Il mio timore è che ci siamo posizionati su quotazioni complessive dei fattori produttivi, e in particolare dell’energia, che non torneranno alle dimensioni precedenti ma si assesteranno sui livelli raggiunti negli ultimi 12 mesi. Questo genererà inflazione, quindi un incremento dei tassi di interesse e un rallentamento della crescita economica. Inoltre l’aumento dei prezzi potrebbe frenare la domanda dei consumatori e incidere ulteriormente sulla crescita».
Secondo Buffo la politica dovrebbe intervenire con maggiore decisione per sostenere i settori strategici del nostro Paese. «Per difendere la competitività di un’economia basata sul settore manifatturiero occorre una politica energetica, bisogna sfruttare il Pnrr per aumentare la nostra produzione interna e calmierare così i prezzi. Poi bisogna porre l’attenzione sull’acciaio, dove non possiamo perdere le occasioni che ci offre un mercato in crescita. Il nostro Paese ha grandi potenzialità nel settore siderurgico e con la ex Ilva ci siamo fatti un po’ male da soli».
Sostenitore della piccola a media impresa e di un localismo che si integri con la globalizzazione, Buffo non si perde d’animo e traccia nuove rotte: «Stiamo costruendo un brand aziendale per offrire ai consumatori una serie di prodotti di interior design, come lampade o tavolini. E poi stiamo avviando gli investimenti nelle tecnologie ambientali e digitali per metterci al passo con il resto del sistema internazionale». Per resistere alla tempesta non serve essere grandi.
