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Le armi nucleari del drago cinese

Le armi nucleari del drago cinese

Quante armi nucleari nasconde Pechino? Mentre il mondo bada alla pandemia la Cina rassicura sul suo atteggiamento “esclusivamente difensivo” dell’arsenale, ma un rapporto dice il contrario: le testate nucleari sarebbero quasi il doppio di quanto finora dichiarato.


Ma quali vaccini, aiuti o segnali di pace, in un documento pubblicato dal Bulletin of the Atomic Scientists di Chicago, Illinois, si afferma che la Repubblica Popolare avrebbe in realtà oltre 350 testate nucleari pronte all’uso, un numero significativamente più di quanto stimato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti nell’era Trump, di circa 200 unità. Il rapporto è stato firmato da Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project presso la Federazione degli scienziati statunitensi, e da Matt Korda, ricercatore associato alla stessa organizzazione, i quali sono arrivati a stimare il numero contando sia le testate operative, sia le nuove armi che sarebbero ancora in fase di sviluppo. Queste ultime includono i famigerati missili ipersonici, ovvero velocissime armi balistiche intercontinentali basate su postazioni in silos e su mezzi mobili, ma anche e i loro equivalenti lanciabili dai sottomarini, portando il numero totale di testate nucleari a più di quelle stimate dal Pentagono.

Il rapporto Korda-Kristensen dice anche che 272 delle 350 testate dell’Esercito popolare di liberazione sono pienamente operative, e in particolare 204 testate missilistiche terrestri, 48 pronte nei comparti lancio dei sottomarini e venti ordigni installabili sui bombardieri di Pechino.

Proprio di questo tipo sarebbe poi il nuovo missile ipersonico fotografato a bordo di un bombardiere Xi’An H-6, sistema però del quale si sa ancora troppo poco per comprenderne lo stato di sviluppo.

La grande preoccupazione del Pentagono, che dovrebbe quantomeno essere condivisa dal resto del mondo, è il fatto che la stima non include il sospetto nuovo missile balistico ipersonico né le testate multiple e indipendenti che saranno montate sul tipo DF-5C visto alla parata di luglio e ritenuto finora un modello fedele del vero, e questo fatto aumenterebbe potenzialmente le dimensioni delle scorte nucleari cinesi pur tenendo conto del ritiro dei sistemi più vecchi annunciato da Pechino come segno di distensione.

Seppure le dimensioni delle scorte nucleari cinesi siano ancora significativamente inferiori a quelle degli Stati Uniti e della Russia, che hanno migliaia di ordigni, gli scienziati hanno scritto che le affermazioni dell’inviato speciale dell’amministrazione Trump per il controllo degli armamenti, Marshall Billingslea, secondo cui la Cina si sta battendo per una forma di “parità nucleare” con Stati Uniti e Russia, sembrerebbero invece avere poche basi di concretezza. Billingslea ha anche aggiunto che la Cina ha tradizionalmente mantenuto un basso livello di allerta per le sue forze nucleari, con la maggior parte delle testate conservate in un impianto di stoccaggio centrale.

Il Pentagono concorda con questa valutazione, aggiungendo che i lanciatori, i missili e le testate sono tenuti separati, sebbene abbia aggiunto che le brigate della Rocket Force cinese conducano almeno una volta al mese esercitazioni di prontezza al combattimento e di servizio di alta allerta, manovre che si ritiene includano il coinvolgimento di un battaglione missilistico.

La Cina dichiara che la sua postura nucleare sia in uno stato di allerta moderato in tempo di pace, stato che tuttavia comporta il dispiegamento periodico di unità pronte per il combattimento con testate nucleari.

Sta di fatto che all’inizio dell’estate scorsa, mentre i diplomatici americani e russi si sono riuniti a Vienna per discutere dell’estensione del Nuovo trattato per la riduzione delle armi strategiche, gran parte dell’attenzione dei partecipanti si è concentrata su un paese che non era rappresentato al vertice, appunto la Cina, che non ha avuto mai intenzione di partecipare a negoziati trilaterali.

Per evidenziare l’assenza degli uomini di Pechino, i negoziatori americani avevano posizionato le bandiere cinesi davanti a sedie vuote, mossa che non è piaciuta ai vertici militari di Xi Jinping.

Una volta iniziati i colloqui, i funzionari americani avrebbero persino consegnato un briefing riservato alle loro controparti russe delineando la modernizzazione cinese del suo arsenale nucleare e i rischi che tale situazione comporta. A far salire l’irritazione americana era stata l’opacità della Cina nel settore nucleare, che dal suo primo test avvenuto nel 1964 ha sempre mantenuto un approccio alle armi nucleari lento nello sviluppare un arsenale limitato di missili balistici intercontinentali, dichiarando di non essere impegnata in alcuna corsa agli armamenti nucleari con nessun altro paese e di mantiene le sue capacità nucleari al livello minimo richiesto per la sicurezza nazionale. Ma gli Usa a questa versione non hanno mai creduto e la convinzione che la politica di “non primo utilizzo” del nucleare da parte della Cina sia una farsa aumenta il rischio che Washington identifichi erroneamente i segnali di distensione cinesi come il trasporto di testate da un luogo a un altro, e contemporaneamente una crescente sfiducia degli Usa può portare Pechino a credere che la ricognizione americana delle sue forze missilistiche segnali un imminente attacco. Allo stesso modo, la convinzione che Pechino abbia nascosto un arsenale di armi nucleari tattiche aumenta le ansie dei Washington, siano esse reali o immaginarie, spingendo gli Stati Uniti ad adottare politiche che li proteggano da un futuro nucleare incerto, come lo sviluppo di difese missilistiche più solide. Quelle azioni americane, a loro volta, possono sollevare le preoccupazioni della Cina sulla sopravvivenza del proprio deterrente nucleare, rendendo più probabile che Pechino adotti il tipo di pratiche che gli Usa temono, ovvero mettere in campo un arsenale più ampio e diversificato, adottare uno stato di allerta più elevato e adeguando la politica di “non primo utilizzo”. Dunque ci sono sufficienti e reali preoccupazioni sulla modernizzazione nucleare della Cina che devono essere chiarite e che, invece, la pandemia nascondendo dietro una cortina di disinteresse generalizzato.

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