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C’era una volta l’America

C’era una volta l’America

Sono ormai centinaia di migliaia i cittadini statunitensi che decidono di lasciare la loro «homeland» e stabilirsi in Europa. I motivi? La percezione del declino politico ed economico degli Usa, la paura per il crescendo della criminalità, la sanità sempre più costosa. E, magari, trattamenti fiscali più favorevoli da questa parte dell’Atlantico.


E’ il classico stillicidio. Goccia dopo goccia. Meglio: testa dopo testa. Gli americani abbandonano l’America. Da qualche anno, lento ma costante, il numero dei cittadini degli Stati Uniti che decidono di emigrare è in crescita. È un fenomeno stabile nel tempo, che sembra riversarsi soprattutto verso l’Europa. Tra il 2013 e il 2022, gli americani che hanno deciso di trasferirsi nel Vecchio continente sono aumentati, praticamente in tutti i 27 Paesi membri dell’Unione europea. Nei Paesi Bassi i cittadini statunitensi residenti, nel decennio, sono passati da 15.500 a 24 mila. Sono quasi raddoppiati in Spagna, da 20 mila a 36 mila. E sono più che triplicati in Portogallo, da tremila a 10 mila.

Numeri ancora maggiori riguardano la Gran Bretagna, l’approdo linguisticamente più «facile» per un americano, dove si stima che gli immigrati statunitensi siano saliti dai 137 mila del 2013 a poco meno di 200 mila l’anno scorso. Tanti anche quelli che scelgono di trasferirsi in Germania, e pure qui la crescita è costante: dai 90 mila del 2013 agli oltre 120 mila del 2022. In Francia, dieci anni fa, vivevano 28.700 americani: l’anno scorso erano quasi 35 mila.

L’Italia contribuisce alla trasmigrazione made in the Usa: i cittadini d’oltreocano che avevano scelto di stabilirsi da noi erano meno di 12 mila nel 2013, ma nel 2022 – in base agli ultimi dati del Censimento della popolazione residente – sono aumentati a 14.496. I «nostri» americani, per cambiare vita, hanno scelto soprattutto cinque regioni: Lazio (2.810), Lombardia (2.396), Toscana (2.176) e Veneto (1.233). Non si tratta di numeri clamorosi, certo. Nulla a che vedere con le sconvolgenti migrazioni di massa che due secoli fa iniziavano a percorrere la rotta in direzione opposta: a cavallo tra il 1820 e il 1940 – in cerca di lavoro e di una nuova vita- dal Vecchio continente salparono 55 milioni di persone, 38 milioni delle quali misero la prua dritta sugli Stati Uniti. Oggi siamo a qualche centinaia di migliaia di trasferimenti all’anno. E l’ultimo censimento condotto nel 2018 dal «Federal voting program», l’ente di Washington che verifica il numero degli elettori all’estero, calcola che gli statunitensi in giro per il mondo siano in totale 4,8 milioni, per un quinto a causa di una missione militare.

Eppure la nuova tendenza è chiara: gli americani che negli ultimi tempi hanno deciso di abbandonare la loro homeland sono stati numerosi, e sempre di più. Lo fanno per più ragioni, ma soprattutto per la crescente insofferenza verso l’ambiente sociale e politico che li circonda. La prima ad accorgersene era stata la società di sondaggi Gallup, nel gennaio 2019: una sua rilevazione aveva messo in luce che il 16 per cento degli intervistati – oltre un sesto del totale – manifestava «il desiderio di lasciare per sempre gli Stati Uniti». Tanta disaffezione veniva motivata con le troppe turbolenze politiche, con l’accesa polarizzazione politica e le violenze di piazza che l’America allora stava conoscendo con la presidenza di Donald Trump. Nulla del genere era mai stato rilevato prima: né sotto Barack Obama, tra il 2009 e il 2016, quando la media di chi propendeva per l’abbandono del Paese arrivava al massimo al 10 per cento, né sotto la presidenza di George W. Bush, quando l’indice degli «espatriandi» aveva raggiunto quota 11 per cento. Nel 2019 la propensione a un trasloco definitivo era particolarmente elevata tra le donne (il 20 per cento) e tra i giovani sotto i 29 anni (il 30 per cento).

Gallup ha confermato che il desiderio di emigrazione ha continuato a espandersi anche sotto l’amministrazione democratica – e politicamente corretta – di Joe Biden, salendo al 17 per cento a fine 2022. Lo scorso settembre l’Economist ha confermato la tendenza, indicando tra le cause, oltre all’insofferenza per le divisioni politiche, la diffusa sensazione che gli Stati Uniti siano entrati in un periodo di decadenza politica ed economica. Concreto come nella sua tradizione, il settimanale ha aggiunto motivi più prosaici: dai costi eccessivi delle assicurazioni sanitarie americane alla paura crescente di criminalità, sparatorie e violenza, fino ai trattamenti fiscali di favore garantiti ai ricchi immigrati da alcuni Stati europei (in particolare Italia, Spagna e Portogallo). Al fenomeno forse contribuisce un pizzico di «fashion & glamour». Brad Pitt e Angelina Jolie avevano acquistato il castello di Miraval, nella Francia del sud, come residenza principale. Dopo il divorzio, nel 2019, lei ha preso casa nel pittoresco villaggio di Fulmer, South Buckinghamshire britannico. Anche Madonna fa l’inglese da quando, nel 2000, sposò il regista londinese Guy Ritchie, tanto da acquistare Ashcombe House, residenza del 1700 nel Wiltshire. Per non parlare di George e Amal Clooney, che alla villa sul Lago di Como hanno aggiunto nel 2021 la spettacolare tenuta di Brignoles, in Provenza. Infine, il magnate Bill Gates ha appena acquistato Villa San Giorgio, nota come il Castello di Portofino. Imitare i divi non sarà il primo motivo per lasciare gli States, però male non fa…

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