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Il «superbonus» rischia di fallire causa carenza di materie prime

Il «superbonus» rischia di fallire causa carenza di materie prime

Non è tutto oro quello che luccica. Potrebe essere questa la morale di quanto sta accadendo al Superbonus, una misura tra le più attese e potenti del governo che però deve fare i conti con alcune difficoltà oggettive del mercato, come conferma il Dir. gen. di T-Commodity, Gianclaudio Torlizzi.


L’aumento dei prezzi e la scarsità delle materie prime mettono in crisi il settore delle costruzioni e tutto l’universo di agevolazioni fiscale legato a questo. In particolare parliamo del superbonus 110%. Misura che anche il governo Draghi sta portando avanti, ma che rischia di fallire se non si corre ai ripari, anche perché la scarsità e l’aumento dei prezzi delle materie prime portano come conseguenza un maggiore utilizzo dei licenziamenti. “È da qualche mese che si sta lanciando questo allarme. Ora è arrivato al mercato finale tramite il settore delle costruzioni, poi temo che arriverà il resto mano a mano che saliamo lungo la filiera”, spiga Gianclaudio Torlizzi, Direttore generale di T- Commodity.

L’aumento dei prezzi e la scarsità di materi prime, che adesso sta provocando tensioni all’interno del settore delle costruzioni da dove ha origine?

Il tutto è partito da acciaio, metalli e plastiche. Questi sono i settori su cui si basano i piani infrastrutturali. La novità è che di base le principali economie mondiali puntano sulla spesa infrastrutturale, e sulla riduzione delle emissioni. Sono due elementi che hanno spinto in maniera forte questi tre settori. Nel comparto delle costruzioni si usano poi o l’acciaio o il metallo o le plastiche e quindi ha subito (in un secondo momento) maggiormente questo effetto.

E dunque, ci può spiegare qual è la situazione attuale nel quale si trova il settore delle costruzioni?

La sofferenza che sta vivendo il settore delle costruzioni è duplice perché da un lato ci sono quelle imprese che stanno soffrendo l’incremento dei prezzi, che è stato notevole. C’è un problema relativo al fatto che preventivi che erano stati fatti per ristrutturazioni e costruzioni che avevano come base un prezzo della materia prima molto più basso rispetto a quello attuale sta provocando un’interruzione degli ordini. Ma magari il problema fosse solo questo. Ciclicamente le materie prime hanno infatti delle fasi di forti aumenti di prezzi e proprio nel momento in cui poi cala la domanda questo provoca un raffreddamento del prezzo che si aggiusta. Quindi se fosse solo questo il problema si aggiusterebbe naturalmente. Ma l’incertezza reale è la mancanza di materiale. Ci sono delle imprese che fanno fatica ad andare avanti con i lavori perché non trovano materiale, o gli arriva ma in grande ritardo e questo ostacola i lavori. Ovviamente entrambe le cose si traducono in licenziamenti. Questo è il Covid della manifattura. Si pensava all’inizio che l’effetto (della pandemia) sull’economia sarebbe stato un crollo dei consumi. In realtà lo spettro di una recessione è stato subito affrontato con degli enormi incentivi fiscali o sussidi implementati prima dalla Cina e poi dagli Usa. Il problema è stato però che questo boom di domanda si è rapportata con un livello di offerta che non era preparata.

Questa situazione potrebbe dunque influire negativamente anche sul superbonus 110%, misura su cui anche questo governo punta molto?

Certo. Innanzitutto c’è il problema che non si sa se si otterranno i prodotti che si sono ordinati. E questo perché adesso si fa una fatica enorme nell’avere il materiale. C’è una grande carenza. Non abbiamo mai assisto ad un effetto pandemico di questo genere nella storia recente, probabilmente anche mossi un po’ dal panico i governi, non tanto quello europeo che dal punto di vista fiscale ha fatto ben poco, ma quello americano ha reagito con grandissima forza producendo dei colli di bottiglia enormi. Il primo problema è dunque che non c’è materiale. Il secondo è quello dei prezzi.

Questo porta però all’incognita tempistiche. Il superbonus 110% è stato prolungato fino al 30 giugno 2022, ma con questi disagi c’è il rischio che i lavori iniziati o i preventivi impostati non si portino a termine?

Sì. È probabile che il governo sarà costretto comunque a prorogarlo, secondo me, perché rischia veramente di vedere fallito il provvedimento.

Oltre all’aumento dei prezzi finali dei preventivi e al non ricevere i prodotti che si sono ordinati il consumatore finale potrebbe però dover fare i conti anche con l’inflazione?

A livello generale questo porterà sì ad un aumento dell’inflazione. Tutti questi forti incrementi di prezzo prima o poi si sfogheranno sull’inflazione generale, quindi le imprese saranno costrette ad alzare i prezzi di tutti i beni manifatturieri e questo nel medio termine provocherà una riduzione del potere di acquisto. Cioè se oggi si ha un danno legato al ritardo o al fatto che non si porta avanti la ristrutturazione perché costa troppo, il secondo step sarà che non ti costa solo tanto la finestra, l’infisso, la porta o il letto che compri ma si avrà poi un aumento generale di qualsiasi cosa, perché siamo entrati in un nuovo paradigma. Oggi c’è una volontà precisa delle banche centrali di reflazzionare il sistema e loro lo vogliono fare anche attraverso le materie prime. Queste sono solo un primo step. Qual è il discorso però, che negli Usa, per esempio, c’è un aumento dei prezzi generali di tanti beni, però i salari stanno crescendo al tempo stesso. Quindi la clientela generale degli Usa accetta l’aumento. In Europa no. Quindi la salita dei prezzi non accompagnata da salari maggiori si farà sentire.

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