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Dare fiducia a chi fa shopping? Vale un miliardo

Dare fiducia a chi fa shopping? Vale un miliardo

È la valutazione in dollari di Scalapay, il servizio per pagare online e nei negozi in tre o quattro rate senza interessi. Panorama ha chiesto al cofondatore, Simone Mancini, come funziona e come è riuscito a creare questo «unicorno».


Avere fiducia negli altri può valere un miliardo di dollari e Simone Mancini ne è la prova inconfutabile: la società da lui guidata, Scalapay, ha raggiunto questa valutazione da capogiro ormai da un paio d’anni e non smette di crescere.

Fa parte degli «unicorni», attributo mitologico riconosciuto alle società emergenti in grado di superare quella fatidica soglia stellare. Per riuscirci, assieme ai 727 milioni di dollari di finanziamenti raccolti, è stata decisiva la convinzione che le persone mantengano sempre, o quasi sempre, gli impegni presi. Nello specifico, la promessa di ripagare le rate di un acquisto fatto online o in un negozio, pur avendo ricevuto immediatamente il loro oggetto dei desideri.

Scalapay, lo suggerisce il termine stesso, permette di scalare un pagamento, di suddividerlo in tre o quattro parti uguali, senza interessi, in modo intuitivo e immediato: pochi clic e via. «È un nome facile da pronunciare in tutte le lingue e contiene l’aspirazione di un’ascesa, di una crescita continua» racconta Mancini, che parla per esperienza diretta: di gradini, prima di ritrovarsi in sella a un unicorno, ne ha dovuti salire un bel po’.

Classe 1987, toscano dallo sguardo brillante dietro una montatura leggera, figlio di piccoli imprenditori emigrati in Australia quand’era un bambino di tre anni, è l’esasperazione del prototipo dello startupper seriale: sin da ragazzo, ne ha provate tante, dalle felpe vendute online (dopo un corso di cucito per realizzarle) alle torte consegnate a domicilio, prendendo confidenza con l’e-commerce e i suoi labirintici, indecifrabili meandri.

Come nella retorica della Silicon Valley, che è pura ragion pratica, da ogni fallimento ha tratto un insegnamento. È caduto, si è rialzato, a 30 anni è tornato in Italia portandosi dietro un bilinguismo bizzarro, un fiorentino con l’accento di Sydney e un inglese eccellente, più una mentalità anglosassone che gli investitori internazionali hanno riconosciuto e premiato.

Scalapay, fondata assieme all’amico e socio Johnny Mitrevski, oggi è presente in nove Paesi comprese la Francia e la Spagna, conta più di 3 milioni di utenti solo lungo lo Stivale, è un sistema accettato da cinquemila marchi nei loro negozi digitali.

È il campione tricolore del «buy now, pay later», che sta per «compra ora e paga dopo». Un meccanismo capace, secondo un rapporto disponibile sul sito di analisi Research and Markets, di raggiungere i 316 miliardi di valore in Europa nel 2028 contro i 185 miliardi del 2023. Secondo le stime di Mancini, entro la fine dell’anno il credito a consumo rappresenterà il 14 per cento dei pagamenti sui canali e-commerce.

La logica s’inserisce in quella rissa di sentimenti che è lo shopping: una lotta tra lo stimolo ad acquistare assecondando l’impulsività, e la prudenza, lì in agguato a sussurrare di non esagerare. Più che della matematica e dell’economia, Scalapay entra nella sfera della psicologia: «Rendiamo piacevole un processo che, a un certo punto, può diventare spiacevole».

Si spieghi meglio.

Se compro una borsa, devo fare i conti con quella spesa subito o non appena ricevo l’addebito della carta di credito. Frazionare l’importo consente invece di gestirlo meglio, rende maggiormente spensierati. È un’opzione in più, una nuova abitudine.

Non si offenda, ma il pagamento a rate esiste da una vita.

Il nostro non è un sistema di finanziamento, né un prestito. Non bisogna accendere pratiche o recarsi in qualche filiale. Non occorre presentare nessuna documentazione. Lo si richiede online dopo aver riempito il carrello e si scopre se viene autorizzato. Quando succede, la reazione ricorrente è la stessa: qualcuno si è fidato di me. La cosa viene apprezzata parecchio.

Non sarete degli sprovveduti, avrete le vostre precauzioni. Cosa si muove dietro le quinte di un’approvazione?

Grazie al «machine learning», se preferisce all’intelligenza artificiale, analizziamo rapidamente se una persona vuole e può pagare. Il primo metodo previene le frodi, il secondo si concentra sul profilo dell’utente.

Quali elementi vengono presi in considerazione?

Molteplici: la corrispondenza tra la data di nascita e il codice fiscale, eventuali segnalazioni sulla carta di credito, lo storico delle transazioni. Naturalmente, più acquisti si fanno, più è probabile che un pagamento dilazionato andrà a buon fine. La fiducia è una base che cresce nel tempo.

Perdonerà la diffidenza, ma basta così poco? In quanti fanno i furbetti e non vi rimborsano?

Meno dell’1 per cento, una quota persino inferiore al 2 o 3 per cento che avevamo preventivato all’inizio. Applichiamo una commissione per il ritardo, ma in generale ci impegniamo ad assistere in modo flessibile chi incontra una difficoltà, magari ha inserito una carta scaduta.

C’è una morale?

Non starebbe a me dirlo, ma le persone sono responsabili e consapevoli. Sanno gestirsi, capiscono quanto possono spingersi in un acquisto.

Vi sentite in controtendenza? Il mondo del credito pare fondato sulla diffidenza e l’eccesso di cautele.

Sembrerà retorico, ma abbiamo voluto creare sin dall’inizio un prodotto che i clienti possano amare. Proviamo a sorprenderli in maniera positiva. In Italia, tanti operatori hanno praticato una scarsa trasparenza nei tassi mettendo in difficoltà chi si è rivolto a loro, mentre le banche tendono a chiudere i rubinetti nei momenti di recessione, proprio quando c’è più bisogno di una mano. Noi cerchiamo un approccio differente.

Che sta in piedi grazie al contributo dei venditori. Sono loro a pagare la commissione per gli oggetti venduti da cui dipendono i vostri profitti.

In cambio, però, ricevono subito la cifra totale, oltre a vedere un aumento dello scontrino medio del 48 per cento. Ma il beneficio principale è un flusso in entrata di utenti molto propensi all’acquisto, perché stanno già pensando al metodo di pagamento.

Come fa a esserne così sicuro?

Nella nostra applicazione abbiamo raccolto un catalogo di circa 11 milioni di prodotti: le persone sono interessate a sapere cosa possono comprare con Scalapay e dunque la consultano spesso.

Cosa accade quando hanno trovato qualcosa che gli piace?

Vengono indirizzati sul sito del negozio scelto per completare la transazione. Il nostro traffico genera per un e-commerce un giro d’affari superiore rispetto a quello che proviene dai social network o dalle inserzioni sponsorizzate.

Il modello funziona solo se avete fatto un accordo a monte?

Non più. Grazie a una collaborazione con Visa generiamo una carta virtuale che può essere utilizzata per pagare a rate su Amazon e altri partner con cui non abbiamo un’integrazione diretta.

Vale solo online?

Anche nei punti vendita fisici, al momento in 7 mila in tutta Italia, attraverso un codice generato direttamente sull’app Scalapay, da mostrare alla cassa. Continueremo a puntare su questo canale. Rimane quello ampiamente preferito dai consumatori.

Quali sono le tipologie di prodotti che vengono acquistati di più?

Abbigliamento, accessori, cosmetica, elettronica. Abbiamo introdotto i viaggi ed è stato un successo.

Le categorie che preferite escludere?

La benzina, la spesa, tutto quello che esce dal discrezionale ed entra nell’essenziale. Per ora almeno, magari in futuro troveremo una formula valida.

Quando ha capito che, dopo tanti fallimenti, Scalapay poteva essere la strada giusta?

Quasi subito, per merito del primo venditore preso a bordo, un distributore di prodotti per bambini. Abbiamo dovuto sospendere il servizio per un problema tecnico e ci ha chiamati molto preoccupato. Voleva lo ripristinassimo il prima possibile. Era un’opzione che la gente chiedeva.

Per quanto banale, la domanda è irresistibile. Come si arriva a una società che vale un miliardo di dollari? C’è un metodo per diventare «unicorni»?

Serve un’ottima macchina che costruisce la macchina, ovvero il contributo delle persone che lavorano all’interno. Non ha senso accanirsi sul trovare un’idea rivoluzionaria, è meglio fare bene le piccole cose, quelle che chiamo le faccende di casa. Spazzare tutti i giorni, con costanza e dedizione, tante volte di seguito.

Nient’altro?

La fortuna di essere al posto giusto al momento giusto. E poi la capacità di dare e avere fiducia.

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