Tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta, per i ragazzi del Sud andare da Fiorucci a Milano era come oltrepassare l’oceano e arrivare a New York. Non era diverso, a dire il vero, per la gioventù nordica, avida di leggerezza e internazionalità. C’era il mondo lì, in San Babila. Oggetti divertenti, gadget orientali, vestiti vintage profumati di glamour, novità discografiche, disegni di artisti trasgressivi. Soprattutto c’era bella gente. Sì la gente giusta, i liberi pensatori con l’avanguardia negli occhi e le ragazze in jeans stretch e t-shirt con gli angioletti. Quei jeans attillatissimi li aveva inventati lui, Elio Fiorucci, di ritorno da Ibiza dove le ragazze facevano il bagno vestite per far aderire i pantaloni al corpo. L’idea era venuta da lì, così come gli angioletti, segno pop e simbolo di ingenua malizia del brand, appartenevano a vecchie cartoline inglesi. «Ho capito che sapevo scegliere! Che ero in sintonia con ciò che piaceva alla gente. Sentivo la necessità di fare delle cose perché vedevo che le persone intorno a me le capivano» rispondeva Fiorucci a chi gli chiedeva come facesse a far diventare cool qualsiasi cosa proponesse nel grande magazzino di San Babila, il primo concept store della storia, vera agorà del ritrovo e dello scambio.
Ora al visionario stilista e imprenditore, scomparso cinque anni fa, è dedicato il volume Caro Elio. Un viaggio fantastico nel mondo di Fiorucci (Rizzoli), fortemente voluto da Franco Marabelli, suo amico e direttore creativo di tutti i negozi Fiorucci. Si racconta di Madonna e di Keith Haring che proprio a San Babila, nello store in fase di rifacimento, lasciò il suo segno su muri e mobili, alcuni dei quali andati all’asta a prezzi folli.
Caro Elio è un omaggio a un grande visionario ma anche un tuffo cromatico nella creatività di quegli anni.








