All’ultima manifestazione contro il certificato verde nel capoluogo giuliano sarebbero scese in piazza ben 10.000 persone. Tra loro, antagonisti, anarchici, indipendentisti, esponenti dell’estrema destra e portuali. Un mix inedito. E potenzialmente esplosivo.
«No green pass, no apartheid» è lo striscione bianco, in italiano e sloveno, che apre il corteo di 10.000 persone scese in piazza a Trieste. Il capoluogo giuliano è diventato la «capitale» della rivolta di chi crede di vivere in una «dittatura sanitaria». A Milano l’ultimo corteo di protesta del 2 ottobre ha mobilitato appena 4.000 manifestanti su un milione e 300.000 abitanti. A Trieste, il giorno prima, se ne riunite oltre il doppio con una popolazione sette volte inferiore.
«È stato un crescendo di partecipazione: 23.000 persone da quando è iniziata la protesta a fine estate» dice una fonte della questura. «Tutto è partito da un gruppetto di antagonisti di sinistra, ma la partecipazione si è estesa in maniera trasversale. Nell’ultimo corteo del primo ottobre gente comune guardava dalla finestra e scendeva in strada per unirsi alla manifestazione».
Tito De Toni, attivista anarchico di lunga data, presenta le richieste di autorizzazioni per i cortei. Nel 2003 era rimasto coinvolto con i duri del Nord Est nel tentato assalto all’agenzia consolare americana a Trieste per protestare contro l’invasione dell’Iraq. Le immagini avevano fatto il giorno del mondo grazie alle telecamere di Cnn e Al Jazeera. Il nocciolo di estrema sinistra dei no pass ruota attorno al collettivo Tilt-Resistenze autonome precarie, ma in piazza si sono presentati anche veterani degli autonomi degli anni Settanta.
L’ultima novità è il «fronte del porto», i nerboruti lavoratori dello scalo giuliano, che ai tempi del Pci garantivano il servizio d’ordine. Adesso sono politicamente indefinibili, a parte la linea dura anti Green pass. Ma intanto hanno assunto la guida della protesta. Sul sito del Coordinamento di Trieste contro il lasciapassare anti-Covid, nato il 3 settembre, si sostiene che si tratta di «un pericoloso strumento politico di controllo che scarica sulla popolazione le responsabilità della malagestione della sanità e promuove un’ulteriore accelerazione sul tema della sorveglianza di massa». Un esponente di rilievo nelle forze dell’ordine sottolinea che «a Trieste si è formato uno strano miscuglio esplosivo fra anarchici e antagonisti, indipendentisti giuliani ed estrema destra uniti dal no pass e no vax».
In piazza colpisce il magma eterogeneo dei manifestanti. La presenza degli irredentisti di Pro Patria, difensori dell’italianità con gli indipendentisti del Tlt – il Territorio libero Trieste -, ricordo del dopoguerra. «Il Green pass è la punta dell’iceberg. Sono in gioco democrazia, libertà di parola e di stampa e il lavoro delle persone» è convinto Nino Martelli, presidente di Pro Patria. «Quando l’ingiustizia diventa legge la resistenza diventa dovere» è lo slogan scritto con il pennarello su un cartello giallo innalzato da una signora di mezza età.
Poco più in là si ritrovano i militanti di destra, gli ultras calcistici della Triestina e Il Primato nazionale, giornale vicino a CasaPound che esalta «la marea umana contro il certificato verde». L’ex ambasciatore Bruno Scapini ha partecipato ai primi cortei: «È una battaglia che supera le ideologie di chi è convinto che il vaccino non si può inoculare supinamente. Ma pure una dimostrazione di autonomia e indipendenza rispetto al potere centrale nello spirito di Trieste».
In realtà il grosso dei manifestanti è composto da persone comuni, professionisti, qualche famigliola con il passeggino e figli piccoli al seguito. Le insegnanti contro il «GreenpaSS» che evoca i pretoriani di Adolf Hitler. L’anziano con il fischietto e il giovane che esibisce un cartoncino con scritto «no ai vaccini dai feti abortiti». E signore che hanno portato in piazza pentole e cucchiai per fare rumore. Fabio Catalan con mantella nera e maschera della morte spiega di essere vaccinato, ma di «protestare contro il Green pass, una lotta per i diritti di tutti».
Le facce caricaturali dei politici nazionali con la scritta «il virus siete voi» è un altro cartello in mezzo al corteo. Si sprecano i «vaffa» al premier Mario Draghi e al ministro della Sanità Roberto Speranza, ma tutti i politici vengono fischiati a ripetizione. Solo Giorgia Meloni è risparmiata dagli insulti. Federica Comar, candidata alle Comunali con Fratelli d’Italia, è un’infermiera: «Lo scorso anno mi sono beccata il Covid in reparto perché ci avevano dato mascherine farlocche. E adesso dovrei fidarmi di vaccini sperimentali?».
Gli operatori sanitari sospesi non sono pochi, compreso Alfio, un medico convinto che «Moderna e Pfizer sono pericolosissimi». Un fisioterapista evoca «il complotto del Grande Reset» sul controllo mondiale, teoria sostenuta in maniera trasversale dall’estrema destra di Qanon e da intellettuali di segno opposto come Carlo Freccero. Un altro professionista, noto in città, osserva che «il 70-80% dei partecipanti sono elettori di sinistra. Più avanti dei benpensanti della destra. Hanno a cuore la libertà mentre noi siamo offuscati dalle menzogne del regime, dai finti virologi e dai penosi giornalisti».
Il candidato sindaco, Ugo Rossi, del Movimento 3V, è stato arrestato dai carabinieri durante la campagna elettorale in una sceneggiata a favore di chi non porta la mascherina. Ingegnere ambientalista espulso dai grillini che lo consideravano un estremista, vuole stampare una moneta per Trieste e ha ottenuto dal nulla il 4,46% dei voti alle elezioni comunali del 3 ottobre. Al ballottaggio giura che non concederà «alcuna sponda. Centrosinistra e centrodestra sono entrambi asserviti al potere neoliberista».
La novità è l’adesione dei portuali all’ultimo corteo con fumogeni rossi e pettorine gialle, che minacciano di «bloccare le operazioni lavorative» nello scalo giuliano «se entrasse in vigore l’obbligo del Green pass il 15 ottobre». Nei cortei di Trieste sfilano anche poliziotti, militari, vigili urbani non in servizio. Uno degli agenti scrive su Facebook: «Siamo (…) una minoranza (forse) sfavorevole al Green pass, all’interno di un popolo che è a sua volta una super minoranza sullo scacchiere mondiale (gli italiani sono gli unici ad aver accettato di vincolare il diritto al lavoro e allo studio al marchio verde). Non dubitate, la storia ci darà ragione».
Le forze dell’ordine stimano che «gli oltranzisti no pass siano un migliaio». E il 2 ottobre sotto la sede Rai di Trieste i più agitati, aiutati da una robusta dose di alcol, hanno cercato di sfondare l’esile linea dei poliziotti. Alle spalle 10.000 persone gridavano «servi, venduti» all’indirizzo dei giornalisti della tv pubblica. Qualcuno ha lanciato bottiglie e tagliato gli pneumatici dei mezzi della polizia. Gli uomini della Digos, con una pazienza di Giobbe, sono riusciti a evitare il peggio.
Un capo squadra degli agenti in ordine pubblico rivolto ai manifestanti più agitati ha sostenuto in maniera sorprendente: «Non prendetevela con le pedine, ma con i re». Alla fine gli agenti hanno tolto i caschi per stemperare la tensione. Poco prima una donna inveiva al microfono del camper che guidava il corteo contro la scelta di vaccinare i minorenni: «Se succederà qualcosa ai miei nipoti potrei diventare una terrorista».