L’ordine ermetico della Golden Dawn (dell’Alba dorata) a fine Ottocento affascinò scrittori e intellettuali inglesi: grazie all’occulto e alla magia rifuggivano il freddo positivismo e il cattolicesimo codificato. Obiettivo: un potere superiore.
Il poeta William Butler Yeats non si accontentava della realtà. Anzi, forse sarebbe più giusto dire che non si fidava. Anche per questo, forse, appariva ai più distaccato al limite dell’altezzosità, come se lui stesso appartenesse a un altro mondo. Nelle opere che nel 1923 gli valsero il Nobel, egli riversava ciò che gli occhi umani non potevano vedere, ma la sua mente aperta gli permetteva di cogliere. Poteva entrare in contatto con un diverso piano dell’esistenza, una sorta di livello intermedio fra divino e umano: il luogo della magia. Come ricorda Claudio Foti in un saggio molto ricco appena uscito per Mursia (Scrittori maledetti della Golden Dawn, pp. 240, 17 euro, Yeats aveva appena 20 anni quando s’incamminò lungo quello che in seguito avrebbe definito «il sentiero del camaleonte». Una strada impervia ma ricca di emozioni nell’occulto. Secondo il romanziere britannico Colin Wilson, fu tutta colpa di una domestica, tale Mary Battle, che lavorava per George Pollexfen, zio di Yeats. Costei, a quanto pare, possedeva il dono della prescienza e lo metteva a frutto: era in grado di apparecchiare la tavola per il giusto numero di ospiti senza essere avvisata prima.
«Tornato a Londra, nel 1887 Yeats si iscrisse alla Società Teosofica e iniziò lo studio dei “libri profetici” di William Blake, assieme ai testi del neoplatonismo e della tradizione alchemica, e ai libri del mistico, teologo, medium e chiaroveggente svedese Emanuel Swedenborg», ricostruisce Foti. «Yeats lesse le opere di Emanuel Swedenborg, quelle del “Philosophus teutonicus”, al secolo Jacob Boheme, filosofo, teologo, mistico e luterano tedesco, uno dei maggiori esponenti del misticismo cristiano moderno, e quelle di Agrippa di Nettesheim, medico, filosofo e astrologo tedesco […], e si convinse che l’occulto fosse la chiave per arrivare alle risposte che desiderava e di conseguenza si avvicinò alla Società reosofica, alla Golden Dawn (1890), allo spiritismo e alle teorie psicoastronomiche».
Il genio irlandese non fu certo l’unico, in quel periodo, ad appassionarsi a certi temi. Era la fine dell’Ottocento, e qualcuno sostiene che fu l’impatto delle teorie di Charles Darwin a suscitare una potente reazione spirituale soprattutto nel mondo protestante. Lontani da un cattolicesimo che consideravano poco stimolante, scottati dalla freddezza del positivismo, scrittori, poeti e romanzieri cercarono altre vie. Furono in tanti a rivolgersi a Oriente. Che cosa s’agitasse nelle menti e nei cuori britannici in quegli anni lo spiega bene Marcello De Martino, PhD, linguista e storico delle religioni indoeuropee, tra i maggiori esperti italiani di esoterismo (tra i suoi numerosi libri ricordiamo Il mattatore sacrificale, il coltello e la vittima, pubblicato nel 2020 per le edizioni Agorà e Co. di Lugano, e Mircea Eliade esoterico, edito da Settimo Sigillo). È stato De Martino a portare in Italia il capolavoro di Joscelyn Godwin L’illuminismo dei teosofi. Le radici dell’esoterismo (Settimo Sigillo), fondamentale ricostruzione del clima culturale dell’epoca.
«In quel periodo e per tutto l’Ottocento si diffuse in Occidente un immaginario e romantico orientalismo dove l’India antica era vista come faro di civiltà» dice De Martino. L’espressione più scombinata di questa moda orientaleggiante fu appunto la Società teosofica, cui molti artisti si rivolsero. La Società fu fondata dall’occultista Helena Petróvna Blavatsky, la quale» racconta De Martino «si basava sui libri pseudoscientifici di Louis Jacolliot, giudice nelle Indie francesi e linguista e mitologo en amusant, che René Guénon nel suo Il re del mondo del 1927 indicò come il primo che aveva parlato della mitica regione sotterranea di Agarttha». W. B. Yeats non poteva certo accontentarsi delle teorie raffazzonate e anticristiane di una donna accusata da molti di essere una truffatrice. Così si rivolse a un altro personaggio piuttosto singolare: Samuel Liddell MacGregor Mathers.
Yeats lo avrebbe descritto in seguito come un uomo interessato a due soli argomenti: la storia della guerra e la magia. Studioso della Cabala ebraica, affascinato dai leggendari Rosacroce e massone, assieme ad altri «fratelli» aveva deciso di fondare un suo ordine ermetico. Povero in canna, autoritario nei modi, Mathers aveva l’indubbia capacità di affascinare anche le menti più brillanti. Come scrive lo studioso Les Daniels (in Living in fear, citato da Claudio Foti), nell’Ordine della Golden Dawn entrarono «anche importanti romanzieri come Arthur Machen e Algernon Blackwood. A questi si possono aggiungere, con vari gradi di certezza, i nomi di scrittori come Lord Dunsany, G. K. Chesterton, H. Rider Haggard, Talbot Mundy, e anche, secondo alcuni, Bram Stoker, l’autore di Dracula. Una lista simile suggerisce che in pratica ogni autore britannico di questa generazione era stato iniziato all’Ordine della Golden Dawn».
Stando a quanto riportano alcune fonti, Yeats fu iniziato alla Golden Dawn assieme alla moglie nel 1890. L’ordine era nato due anni prima, e fra i membri c’era pure Constance, la consorte di Oscar Wilde (a sua volta incline alle fascinazioni esoteriche), il cui ingresso fu segnato da una cerimonia particolarmente teatrale. La donna, riporta la sua biografa ufficiale, tremò tutto il tempo, e pianse a dirotto. Ma di che cosa si occupava questa organizzazione? «Nella Golden Dawn sono confluite correnti di pensiero ermetico e sapienziale di tradizione occidentale e orientale: i fondatori di questa società segreta di magia cerimoniale, massoni William Robert Woodman, William Wynn Westcott e Samuel Liddell MacGregor Mathers, elaborarono una mirabile sintesi intellettuale costituendo un corpus di insegnamenti esoterici che ha molto influenzato non solo il pensiero occultistico fin de siècle, ma anche la cultura letteraria degli inizi del XX secolo nella persona dei suoi rappresentanti più notevoli» dice De Martino. «Potremmo affermare che la cabala ermetica fosse alla base della “filosofia” dell’Hermetic Order of the Golden Dawn: la sua visione del mondo era di tipo neoplatonico, la natura era vista come un’emanazione della divinità, che poi portava a una sua manifestazione attraverso livelli successivi, considerata sostanzialmente non differente o separata dalla natura stessa; tutta questa concezione era rappresentata da una struttura ad albero con 10 stadi, i sefiroth: l’iniziato risaliva allo stato primigenio divino studiando i vari gradi di sviluppo della realtà medesima, dove ogni sephirah era una parte di energia divina, raffigurata in una divinità pagana (di origine grecoromana o egizia), in una lama degli Arcani Maggiori dei tarocchi, in un simbolo alchemico o in pianeta del sistema tolemaico. Il fine ultimo era la realizzazione dell’individuo che assurgeva allo status dell’ente divino assoluto grazie al progressivo risalire dei gradi di conoscenza “occulta”».
Già: la magia come realizzazione delle massime possibilità dell’individuo, come rottura dei limiti umani per proiettarsi direttamente nel campo della divinità (tale visione sarebbe stata amplificata, non molti anni dopo, da l’uomo che distrusse la Golden Dawn e divenne famoso a ogni latitudine come il «mago nero» più abietto di sempre: Aleister Crowley). Diventare dèi: potevano resistere gli intellettuali che già si consideravano superiori al resto dell’umanità? Il punto dolente è esattamente questo. Da un lato la Golden Dawn si limitava a studiare antichi manoscritti, a mettere in pratica rituali elaborati in maniera talvolta caricaturale. Nel corso del tempo, alcuni membri e fuoriusciti sostennero di aver combattuto battaglie magiche con altri iniziati. Ma tutto ciò, in fondo, non sfiora più di tanto l’esistenza di noi comuni mortali. Ciò che influisce, ancora oggi, è la visione elitaria che tante associazioni esoteriche (soprattutto britanniche) hanno imposto e diffuso.
«Questo pensiero “esoterico” ha pervaso la nostra società nei suoi rappresentanti ad alto livello, instillando la credenza che solo per pochi è giustificato vivere una vita degna; il concetto iniziatico relativo alla persona va quindi ad identificarsi inevitabilmente con una visione aristocratica dell’esistenza, dove pochi eletti sarebbero meritevoli di stare al mondo» dice De Martino. «In definitiva, questa deleteria prospettiva gnostica, in forza della quale solo chi abbia una particolare elevata conoscenza della realtà “nascosta” comprensibile a pochi – gli scienziati, i politici, gli intellettuali – sarebbe una vera persona umana, finisce col promuovere una sorta di malthusianesimo riveduto e corretto». Passata la moda esoterica che toccò i Wilde, Shaw e altri, l’interesse salottiero attorno alla magia si spense. Ma il senso di superiorità rimane, e ancora oggi ci sono élite che non mancano di farlo sperimentare. Élite il cui scopo è sempre lo stesso: dominare il mondo, proprio come pensavano di fare i maghi che tanto affascinavano Yeats e il suo amico Mathers.
