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A volte riemergono

A volte riemergono

Dalle acque del Danubio, che la siccità ha fatto scendere, sono affiorati gli scheletri di 20 navi della marina hitleriana, affondate vicino alla città serba di Prahovo. Relitti di un’epoca drammatica che riappaiono in un momento storico altrettanto critico.


Nel suo lungo viaggio di quasi tremila chilometri, il Danubio attraversa 10 Paesi fino a tuffarsi nel mar Nero. Sono acque che sgorgano dalla Foresta Nera, scorrono solenni verso oriente attraversando Ratisbona, Vienna e Budapest per poi ingannare tutti e voltare verso sud con un’ansa spettacolare di 90 gradi nei pressi della cittadina ungherese di Visegràd.

Al confine tra Serbia e Romania diventano vorticose, quando il letto del fiume forma le gole delle Porte di ferro, tra i più spettacolari paesaggi dell’Europa dell’Est e luogo ideale per un’imboscata. Nella storia, sono acque celebri: segnavano il confine del mondo romano, con le sue truppe di varie etnie che stazionavano lungo la sponda destra; la loro lentezza fece dire al poeta tedesco Friedrich Hölderlin che conservavano il ricordo del Sole e della Luna anche quando erano tramontati; il loro blu intenso ha dato il titolo al valzer di Johann Strauss. Ma pochi sanno che le acque del Danubio custodiscono il ricordo di un importante episodio storico, che la grave siccità estiva ha messo davanti agli occhi di tutti quando i livelli del fiume sono scesi come mai prima. Venti navi da guerra della flotta nazista sono emerse nei pressi della città di Prahovo, Serbia orientale.

La scena appare di una stranezza emozionante, a chi è sulla riva, come se il passato tornasse a mostrare il volto terribile della Kriegsmarine, la marina militare tedesca della Seconda guerra mondiale, che con i soli suoi sommergibili, sotto il comando del grandammiraglio Erich Raeder, distrusse 175 imbarcazioni da guerra alleate. Delle navi nel Danubio oggi si possono distinguere gli scafi contorti, le torrette, i ponti di comando, gli alberi spezzati. Mentre sono meno visibili, ma presenti in enorme quantità, le tonnellate di munizioni non esplose.

Più stupefacente ancora è il fatto che, sempre in quel tratto del Danubio, giacciono ancora non visibili altre 200 navi da guerra. Tutte deliberatamente affondate alla fine del 1944 per ordine dell’ammiraglio Paul-Willy Zieb della Kriegsmarine, nel corso di una fuga disperata dal mar Nero durante l’avanzata dell’esercito russo. Come ha spiegato Edward Marolda, Senior Historian della marina americana, «All’inizio della sua avanzata in Russia, la Wehrmacht sperimentò vari problemi di trasporto e di rifornimento di armi e viveri. Per questo motivo, la Kriegsmarine cercò di guadagnare il controllo del mar Nero così da sfruttare i porti della Romania e della Bulgaria e trasportare più a oriente le merci, senza il rischio di attacchi di partigiani».

Come nella guerra russo-ucraina in corso, il controllo del mar Nero era cruciale, tanto che la Russia vi trasferì numerosi cacciatorpediniere e circa 50 sottomarini. «Nei primi due anni di guerra, la marina di Mosca si dimostrò riluttante ad attaccare, un po’ per una mancanza di strategia navale da parte di Stalin e la sua paura di perdere navi, un po’ per lo scarso addestramento del personale. I russi cercarono tuttavia di mantenere il controllo della Crimea, per contrastare le forze dell’Asse e fungere da portaerei per un attacco alla Romania».

La penisola era però cruciale anche per i piani dei tedeschi, tanto che nell’autunno del ’41, con la 11ma Armata, questi ultimi aggredirono e conquistarono Sebastopoli dopo un assedio di diversi mesi. In quella occasione, come accaduto poche settimane fa nel caso dell’attacco ucraino per la riconquista dell’oblast di Kharkiv, i russi furono ingannati da un finto agguato che li spinse a spostare alcune truppe fuori dalla linea di fuoco. Verso la fine del 1943, nella controffensiva nel basso Dnepr, le forze sovietiche sfondarono il fronte tedesco penetrando in Crimea. La Kriegsmarine fu chiamata a operazioni eroiche di salvataggio delle truppe tedesche e rumene subendo perdite in varie occasioni e i suoi sommergibili continuarono a combattere fino all’esaurimento di carburante e siluri riuscendo a colpire posamine russi e mercantili rumeni.

Alla fine del 1944, l’ammiraglio Zieb ricevette l’ordine di ritirare 200 navi dal mar Nero ed evacuare sia soldati sia civili provenienti da varie regioni affacciate sul Danubio. La flotta iniziò la difficilissima risalita del fiume con il rischio di essere attaccata dalla sponda sinistra, mentre le forze sovietiche avanzavano in Romania. Quello che più temevano accadde tra il 6 e il 7 settembre 1944: un assalto dei russi appostati alle Porte di ferro, la gola dove il fiume si restringe fino a 162 metri di larghezza. I tedeschi si difesero per ore finché Zieb ordinò l’affondamento delle navi e la fuga a piedi verso Belgrado, allora sotto la Germania nazista. Il risultato fu creare un’ostruzione del fiume con navi affondate deliberatamente in una linea a zig-zag per rallentare l’avanzata russa.

Secondo il giornale Tagesspiegel, furono in molti a salvarsi, non ultimo l’ammiraglio Zieb cui fu conferita la medaglia d’oro al valore. Sposato con quattro figli, morì nel 1972 nella città tedesca di Coblenza. La sua storia, e quella delle navi in fuga, ci ricordano che le battaglie nel mar Nero, in Crimea e nelle regioni a sud dell’Ucraina non sono una novità. Viene in mente Nietzsche, quando scriveva «tu Zarathustra sei il maestro dell’eterno ritorno, noi sappiamo ciò che insegni: che tutte le cose eternamente ritornano e noi con esse». La flotta bellica riemersa dal passato, al di là del suo fascino storico, rappresenta ancora un pericolo. A causa delle munizioni inesplose, che potrebbero essere tante, corrono gravi rischi sia le barche dei pescatori sia quelle turistiche, ma anche gli animali selvatici. Il governo serbo ha così proposto un progetto del valore di 30 milioni di dollari per recuperare le navi e il loro carico di ordigni.

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