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Le ineliminabili liste d’attesa per una visita medica

Le ineliminabili liste d’attesa per una visita medica

C’erano 30 anni fa, ci sono ancora adesso. Perché fa comodo così a chi, nella sanità, ci guadagna. E solo i ricchi possono curarsi.


Uno dei primi servizi televisivi che ho fatto nella mia vita, quasi trent’anni fa, riguardava le liste d’attesa nella sanità. Ero il Grillo Parlante (proprio come questa rubrica) del Pinocchio di Gad Lerner. Andavo in giro in bicicletta a denunciare le magagne del Paese, una mia vecchia fissazione, come forse sapete. E quella settimana, indossando un camice bianco, feci una prova pratica davanti alle telecamere, telefonando per prenotare una visita medica in ortopedia o cardiologia o gastroenterologia. Risultato: attese lunghe mesi e mesi. Poi ho rifatto la telefonata, chiedendo di essere visitato da uno specialista del medesimo reparto in via privata. E (miracolo!) mi veniva dato appuntamento per il giorno successivo. Attesa massima 48 ore. Bastava sborsare svariate centinaia di migliaia di lire.

Già: le lire. Eravamo ancora nell’altro millennio: non c’era l’euro, non c’era lo smartphone, non c’era internet sui nostri telefonini; non c’erano i social; non c’era la tecnologia di adesso, non c’era l’intelligenza artificiale e i robot che sostituiscono l’uomo anche quando deve pensare; non c’era la possibilità di andare su Marte e di esplorare la galassia; non c’erano bluetooth, facebook, instagram, skype, google maps, i sistemi biometrici, il cloud e il 5g. E io mi oggi mi chiedo a che diavolo serva tutta questa invasione di tecnologia se non riesce a eliminare le liste d’attesa per fare una visita urologica. O oculistica. Se siamo fermi a trent’anni fa. Dicono che mancano i medici. Ma com’è che i medici per fare le stesse visite in privato si trovano? Dicono che mancano i soldi. Ma com’è che i soldi per gli sprechi si trovano sempre? Secondo le stime più credibili la corruzione in ambito sanitario vale 6 miliardi di euro l’anno, quasi il doppio del fatturato della Ferrari. Quanto basterebbe per eliminare le liste d’attesa.

Il sospetto è che, banalmente, le liste d’attesa non si eliminano perché nessuno vuole eliminarle davvero. Perché fa comodo così. Qualche giorno fa i Nas dei carabinieri hanno dato notizia dei controlli effettuati in 1.364 strutture, tra ospedali, cliniche e ambulatori in tutta Italia. Ebbene: 26 medici sono stati denunciati perché manipolavano le liste d’attesa. Alcuni allungavano i tempi nel pubblico e poi operavano nel privato, senza per altro averne titolo. Altri facevano passare davanti parenti e amici. Quattordici dirigenti sono stati accusati di interruzione di pubblico servizio perché hanno sospeso le prenotazioni nel periodo estivo senza nessuna ragione, se non quella di far aspettare ulteriormente i malati e spingerli verso il privato. Niente di nuovo sotto il sole: a marzo a Napoli sette persone, fra cui medici e dirigenti del settore sanitario, sono finiti sotto inchiesta perché vendevano i posti nelle liste d’attesa in cambio di posti in crociera. E i malati onesti ad aspettare all’infinito…

In effetti, quattro milioni di italiani hanno ormai rinunciato a curarsi: nel settore pubblico non trovano posto, nel settore privato non possono permetterselo. Ma viene da chiedersi se non è davvero un mondo al contrario (cit. Vannacci) quello in cui bisogna essere ricchi per avere diritto a una visita medica. Sappiamo da tempo che stiamo andando verso un sistema sempre più polarizzato (i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri). Ma tutto ciò può mettere in discussione pure il sacro diritto alla salute? Da qualche tempo stanno fiorendo persino i Pronto soccorso privati. Se paghi ti visitano subito, se non paghi puoi anche morire in barella mentre aspetti il tuo turno. A Bergamo costa 140 euro, a Milano 190 euro. Anche per salvarsi dall’infarto bisognerà prima mostrare la carta di credito come negli Usa?

La differenza rispetto agli Usa è che noi il sistema sanitario lo paghiamo. Perché dobbiamo essere trattati così? Quando, decenni fa, si cominciò a parlare di «privati» nella sanità sembrava che tutto si basasse su un meccanismo virtuoso, quello delle convenzioni: se le cliniche private sono convenzionate con la Regione, significa che i malati hanno la possibilità di curarsi in tutte le strutture, anche le migliori, senza sborsare un centesimo in più. Quello cui stiamo assistendo oggi, invece, è un meccanismo vizioso: il privato che divora pezzi sempre più grandi della sanità, sfruttando il disastro del pubblico. E nulla mi toglie dalla testa che il disastro del pubblico sia tollerato o forse anche favorito proprio per permettere l’arricchimento dei privati.

Per una visita devi aspettare mesi? Vai dal privato, paga e passi subito. Per l’operazione ti mettono in stanzoni brutti e sporchi? Vai dal privato, paga e avrai un trattamento da signore. Per l’accesso al Pronto soccorso devi vincere il terno al lotto? Vai dal privato, paga e trovi il Pronto soccorso che ti visita in dieci minuti. E se questa è la situazione è inutile sperare di cambiare le cose con la tecnologia o l’intelligenza artificiale. Forse non bastano neppure i soldi che sta cercando disperatamente il ministro. Ci vorrebbe un’operazione a cuore aperto. Ma anche quella, temo, si riesce a fare solo in una clinica privata.

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