In America lo chiamano «The king of paparazzi» perché è stato il primo fotografo a creare scoop con le sue immagini (rigorosamente in bianco e nero) che «ritraevano vip che non stavano facendo cose da vip», come lo ha descritto Andy Warhol.
Arrivato a 90 anni, la prestigiosa Photology Online Gallery gli dedica una mostra esclusiva con i suoi migliori «scatti rubati». Panorama ne anticipa alcuni.
Di botte ne ha prese tante, a cominciare da quel pugno sferrato da Marlon Brando in un ristorante newyorkese a China Town, che gli fece saltare cinque denti e che lo costrinse a indossare ironicamente un casco da foootball per continuare a inseguire l’attore di Ultimo tango a Parigi. Quel casco ce l’ha ancora e fa parte dei vari cimeli che costellano l’intensa storia di Ron Galella, il padre dei paparazzi, anzi «The king of paparazzi» e «The godfather of American paparazzi culture», come lo definirono i grandi giornali americani di quegli anni.
Nato a New York il 10 gennaio 1931, figlio di un falegname immigrato di Muro Lucano, in Basilicata, borgo di cui oggi è cittadino onorario, Ron Galella ha iniziato a fotografare sotto le armi, durante la guerra di Corea, per poi laurearsi in fotogiornalismo nel 1958, all’Art Center College of Design di Los Angeles. E dagli anni Cinquanta in poi non c’è stata una celebrità che non sia stata paparazzata da Galella che con orgoglio ha tappezzato tutti i muri di Villa Palladio, la casa da lui battezzata così e costruita su suo progetto, in una tranquilla cittadina del New Jersey, a un’ora e mezza da New York: qui c’è anche l’archivio storico, con oltre tre milioni di fotografie stampate e altrettanti negativi catalogati scrupolosamente e conservati in scatole e scatoloni.
Sono tutti scatti rubati, tutti in bianco e nero, molti dei quali famosissimi, come quello che ritrae Mick Jagger con il dito medio alzato o la Windblown Jackie con Jackie Kennedy, già moglie di Aristotele Onassis che, per strada, si gira al suono del clacson di un taxi dentro il quale si trova Ron Galella che le ruba un ritratto meraviglioso.
Era il 1972, quella foto apparve ovunque ma gli costò l’arresto per «stalking fotografico» e un ordine di restringimento che gli impediva di avvicinarsi alla signora Onassis a meno di 15 metri. Ron Galella non si scoraggiò e decise che, ogni volta che avrebbe potuto incontrare la vedova del presidente Kennedy, si sarebbe portato con sé un gigantesco metro per controllare la giusta distanza. Poi con il tempo si capirono e si riappacificarono: Jackie, che teneva in salotto il libro di Galella su di lei, dal titolo My Obsession, con tanto di dedica, andò addirittura al suo matrimonio e fotografò Galella e sua moglie.
Di storie come queste, Galella ne potrebbe raccontare tantissime. Come quando Woody Allen, che non ne poteva più di vederlo ovunque arrivasse, alla fine lo infilò nel suo film Celebrity, del 1998, dove gli fece intepretare se stesso, cioè il paparazzo. Per non parlare delle minacce di Sean Penn, quando stava con Madonna, o di quella volta che fu sbattuto in una prigione puzzolente per aver fotografato la coppia Richard Burton e Liz Taylor, piuttosto alticcia, durante un party in Messico.
A consacrarlo arriva però un personaggio di peso come Andy Warhol, diventato successivamente suo amico e consigliere, che con una semplice affermazione nobilita il lavoro del fotografo di origini italiane: «Una buona foto deve ritrarre un personaggio famoso che sta facendo qualcosa di non famoso. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella».
Ora, in occasione del suo novantesimo compleanno, Photology Online Gallery rende omaggio a questo immenso e ineguagliabile «paparazzo» che per oltre sessant’anni ha inseguito e fotografato attori, registi, cantanti e politici, con la mostra Ron Galella. Exclusive Diary, curata da Davide Faccioli e fruibile in modalità virtuale dal primo settembre al 31 dicembre 2021 su Photology Online Gallery (photology.com/rongalella/). Circa 40 opere fotografiche, tutte rarissime stampe vintage, le uniche firmate e timbrate dall’artista e con la descrizione giornalistica d’epoca sul retro (dimensioni 20×25 cm) suddivise in due categorie: singole o sequenze d’azione, cioè composte da due o tre stampe ciascuna.
«Quello che si sa sulla street photography non ha niente a che vedere con le fotografie “di strada” di Ron Galella. Egli pianifica in modo militare la sua strategia di azione: vede la strada come un campo di battaglia, con zone minate, sbarramenti da saltare e nemici da colpire. Il suo sistema di aggiramento prevede travestimenti, nascondigli, documenti falsi, adescamenti, azioni di depistaggio. La fotografia diventa guerriglia urbana, tutto per uno scoop, per un’altra sporca dozzina di personaggi da aggiungere al proprio archivio» racconta Davide Faccioli di Photology, la galleria che già nel 2004 aveva omaggiato Ron Galella, editando il catalogo Exclusive Diary (306 pagine con 157 fotografie in bianco e nero stampate in tricromia, 40 euro).
Intanto Mr Galella, dal New Jersey, fa sapere che «tra qualche anno metterà nero su bianco altri aneddoti del tutto inediti». E non c’è motivo di dubitarne.






