Home » Incantati da Francisco Goya

Incantati da Francisco Goya

Incantati da Francisco Goya

In occasione dei 275 anni dalla nascita del grande artista spagnolo, la Fondazione Beyeler di Basilea, con il Museo Nacional del Prado di Madrid, ha allestito una delle più importanti esposizioni mai realizzate: 70 dipinti e più di 100 tra disegni e incisioni.


Il primo a intuire la straordinaria vocazione per il disegno di Francisco fu il padre, José Benito de Goya y Franque, celebre doratore di origini basche dalla manualità eccellente e dall’occhio allenato per aver a lungo guardato i dipinti delle più belle chiese spagnole, a cominciare da quelli della Basilica di Nostra Signora del Pilar, a Saragozza dove la famiglia Goya si era trasferita. E fu proprio il padre a portare via Francisco dal collegio delle Scuole Pie dei Padri Scolopi, l’ordine voluto da quel sacerdote aragonese Giuseppe Calasanzio al quale, più tardi, Goya dedicherà l’opera L’ultima comunione di san Giuseppe Calasanzio.

Così, abbandonati gli ostici studi teologici e filosofici, appena quindicenne, si ritrova nella bottega di un pittore locale, un certo José Luzan Martinez, grazie al quale potè migliorare la propria mano e attingere le basi per l’uso dei colori e dove, con molta probabilità, iniziò a inumidire i pennelli con la saliva; cosa che secondo i biografi, fu causa delle sue furenti emicranie in età adulta.

Due anni dopo, verso i 17, Francisco Goya si trasferisce a Madrid: la città è in pieno fermento grazie all’illuminato regno di Carlo III di Spagna, che vi aveva accentrato artisti di grande fama a cominciare da Giovan Battista Tiepolo. La capitale è una grande palestra di vita e di formazione per il giovane pittore che qui ha modo di estendere i propri orizzonti figurativi nonché iniziare a concepire personali orientamenti di gusto. Spirato Tiepolo nel 1770, Goya si reca a Roma, secondo i primi biografi, al seguito di una banda di toreri.

La potenza della città con le sue processioni religiose, il carnevale, le personalità artistiche e le feste nei grandi palazzi avrà molta influenza sull’immaginazione dell’artista che, tornato in Spagna, riceve prestigiosi incarichi tra i quali quello di affrescare proprio la basilica di Nostra Signora del Pilar, tanto amata dal padre. Ma il riconoscimento ufficiale della sua professionalità arriva con la nomina da parte del nuovo re Carlo IV di «pintor del rey». Così può coronare le proprie ambizioni di partecipare alla vita mondana di corte e soddisfare i suoi innumerevoli capricci, comprandosi persino una carrozza.

Gli anni successivi, con il deterioramento del clima di corte e la certezza dell’inettitudine del re, sono responsabili di una prima sterzata stilistica: le opere di Goya assumono toni più graffianti, al limite del sarcastico, in linea con la decadenza di un regno. La malattia, la sordità e le delusioni rendono inevitabile un ulteriore mutamento stilistico e tematico nell’arte del pittore che matura uno stile autonomo, non accademico e animato da una grande libertà d’espressione e da un linguaggio vigoroso, per nulla gioioso. Anzi, tragico.

A queste due anime dell’artista e alla sua monumentale opera complessa e ambivalente è dedicata la mostra Goya alla Fondation Beyeler di Basilea (fino al 23 gennaio) una delle più importanti mai realizzate finora, con circa 70 dipinti e più di 100 tra disegni e incisioni magistrali. Opere di collezionisti privati spagnoli, raramente esposte al pubblico, sono accostati per la prima volta a capolavori provenienti da rinomate istituzioni museali.

Così, a 275 anni dalla nascita di Francisco de Goya, la Fondation Beyeler in collaborazione con il Museo Nacional del Prado di Madrid getta luce da un lato sul pittore al servizio di sovrani, dall’altro sull’artista inventore di immagini enigmatiche e inquietanti, in un’alternanza di opere sacre e profane, di raffigurazioni di Cristo e di streghe, di ritratti e dipinti di storia, di nature morte e scene di genere.

Accanto a tele commissionate dalla casa reale, dalla nobiltà e dalla borghesia si possono ammirare anche piccole composizioni che Goya, ritagliandosi uno spazio di libertà artistica, aveva inteso solo per i suoi occhi e quelli di una cerchia ristretta di fruitori.

© Riproduzione Riservata