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Come trasformare la casa per rendere il lockdown più sopportabile

Come trasformare la casa per rendere il lockdown più sopportabile

La nuova tendenza, già catturata da una definizione, è il biophilic design, la rivisitazione degli spazi domestici per renderli il più possibile simili a un altrove libero dal cemento. Viaggio nelle soluzioni che generano benessere psicofisico, tra suggerimenti d’arredo e filosofia feng shui


Gli occhi si spalancano, quasi invadono la fronte per lasciare entrare tutto il paesaggio che possono. Il respiro cambia ritmo, rallenta, guadagna profondità. Non si è travolti ma blanditi da una sensazione di pace, splendida perché spontanea, ancestrale, inspiegabile. Succede in un bosco, tra i sentieri di un parco o una pineta, dovunque il verde è il tono dominante. Accade pure dentro casa, se riempita nei modi e dei colori giusti. «Siamo uomini, ma anche mammiferi che si sono evoluti. Sentiamo fortissimo il richiamo degli ambienti naturali. È un retaggio di ciò che eravamo» spiega Marzia Mazzi, architetto, direttrice della Scuola di specializzazione in feng shui e architettura del benessere di Bologna.

Su questo principio d’incontenibile attrazione, di omaggio al nostro io selvaggio, poggia il «biophilic design», la progettazione o la rivisitazione degli spazi per renderli il più possibile simili a un altrove libero dal cemento, oggi poco raggiungibile. La logica è portare dentro il mondo di lì fuori, ora che la pandemia impone un ripiegamento nel privato. Lo scopo è farsi un angolo di giardino a domicilio, indoor, per stemperare le brutture urbane.

«La biofilia ci dice che quando ci troviamo in un ambiente naturale il corpo abbassa i livelli di allerta» conferma Mazzi. Che suggerisce come indurre tale stato di rilassamento: «Con piante vive a foglia larga dentro casa, con quadri che le riproducono, oppure attraverso una carta da parati dai soggetti naturali. Verde nelle tonalità fresche e calde, mai quelle acide, perché sono riconducibili a situazioni di decomposizione. L’acido è riconosciuto come velenoso, tossico, fa contrarre lo stomaco». Non è finita: «Si possono aggiungere tappeti che, anche a livello di consistenza, ricreano la sensazione di morbidezza dell’erba. Devono essere però in materiali naturali, così come le tende o le imbottiture per le sedie e le poltrone. Infine, meglio privilegiare il legno se si deve acquistare un nuovo mobile, come per esempio un tavolo».

Non sono vezzi, ma un aiuto, una spintarella di carattere psicologico. Una strizzata d’occhio agli istinti più intimi. È una tendenza in forte crescita, come testimonia il boom di siti quali ManoMano.it, e-commerce del fai da te, con milioni di prodotti pronti per l’acquisto e una serie di consigli pratici disponibili online per dare all’arredamento quei tocchi di sollievo in chiave green. E se non basta l’ispirazione del web, c’è quella dei social network: un servizio di pochi giorni fa della britannica BBC racconta del successo potente su Instagram dei cosiddetti «plantfluencers», ex sconosciuti che raccolgono diluvi di like pubblicando le loro creazioni rigogliose con le piante. Di questi tempi, un rampicante pettinato ad arte tira più di un tramonto esotico. Qualche nome? Il «plant and interior stylist» Hilton Carter (@hiltoncarter), che veleggia verso il mezzo milione di follower, oppure il «plantaholic», il maniaco delle piante The Potted Jungle (@thepottedjungle) che ha appena superato i 450 mila seguaci. Guardare i loro post è una scarica di benessere. E d’invidia, visto che nemmeno con un battaglione di giardinieri ci si potrebbe avvicinare al loro livello.

Se il troppo verde non fa per noi o siamo riusciti a far morire di sete persino un cactus, possiamo comunque ricorrere a piccoli stratagemmi per ridurre il peso di lockdown, isolamenti coatti e altri obblighi anti-pandemia. Il trucco è provvedere a piccoli spostamenti nelle stanze: «Se dobbiamo lavorare a lungo, assicuriamoci di farlo in un angolo che riceva l’illuminazione diretta dall’esterno» suggerisce Mazzi. «Se non è possibile, compriamo una lampada che ricrei le frequenze della luce solare. Altrimenti è più facile perdere la motivazione». Per favorire la concentrazione, invece, «meglio evitare di avere alle spalle un corridoio o una porta da cui passano altri componenti della famiglia. Quando si lavora in un contesto troppo esposto, ci si irrigidisce. Si genera un dispendio di energia inutile. Meglio avere un angolo scrivania protetto. Aiuta a immergersi nel compito da svolgere». Una pianta in bella vista sul tavolo farà il resto a livello di doping mentale.

Ricorrere a questi stimoli naturali è un metodo intelligente per affrontare il periodo buio che ci aspetta. «La casa è un simbolo del sé, è un’estensione della persona. Ha delle corrispondenze con quello che abbiamo dentro. Occuparcene è un modo per prenderci cura di noi. E i benefici possono essere sorprendenti» commenta Laura D’Onofrio, psicologa e psicoterapeuta, coautrice con Roberto D’Incau del libro Lessico della felicità (Baldini+Castoldi).

Di nuovo, dalla teoria alla pratica, D’Onofrio raccomanda di ritagliarsi uno spazio tutto dedicato al relax. «Sposto un mobile che mi serve poco, appoggio a terra un tappeto, due cuscini, una candela. Utilizzo questo angolo per leggere, per divertirmi con la tecnologia, per pensare o non fare niente. Comunque, spezzo la routine, scaccio i dubbi, le angosce, le paure». Se la casa è un nido, questa zona franca è un rifugio nel rifugio dai risvolti inaspettati: «Gli antropologi ci insegnano che quando gli uomini primitivi furono costretti nelle caverne, iniziarono a dipingere. L’allontanamento dall’esterno ingigantisce la fantasia, aiuta a mettere a fuoco qualcosa di noi che non avevamo chiaro. Il mio consiglio è non avere paura di questa consapevolezza, perché ci dirà cosa dobbiamo migliorare». C’è parecchio altro da coltivare assieme al bosco in una stanza: «Piantiamo emozioni positive. Diamoci l’occasione di far crescere il nostro orticello felice».

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