Nel gergo degli appassionati vengono chiamati «Bootleg», ossia registrazioni di vario genere catturate all’insaputa dell’artista durante una sua esibizione live e poi messe sul mercato parallelo a quello ufficiale. Vista l’altissima richiesta di questi brani unici, rockstar come Bruce Springsteen, Bob Dylan, Pink Floyd hanno deciso di aprire i loro archivi e venderli. A caro prezzo.
Si nascondevano negli angoli meno affollati dei palasport e delle arene e rimanevano immobili per ore, con un solo obiettivo: mantenere in posizione il microfono imboscato tra i bottoni del giubbotto o all’esterno della zip dello zainetto. Non cantavano, non battevano le mani: mai.
Era questo l’identikit dei «bootleger», gli instancabili procacciatori di registrazioni abusive di concerti. Fan ossessionati dal pensiero di possedere la performance del loro artista preferito, ma anche abili rivenditori di registrazioni live illegali diventate leggendarie e popolari almeno quanto i dischi dal vivo ufficiali. Un autentico mercato parallelo quello dei bootleger (nell’America del proibizionismo era il termine usato per indicare i contrabbandieri di alcol) che tra l’inizio degli anni Settanta e la fine degli anni Novanta ha prodotto centinaia di migliaia di bootleg in formato audiocassetta, vinile e anche cd. Un campionario di incisioni con un range di qualità variabile: pessima, quando in mezzo alle canzoni erano percepibili le urla sguaiate e le stonature cacofoniche del vicino di posto, ottime se non straordinarie quando il bootleger di turno riusciva a isolarsi dalla folla o, addirittura, a convincere qualcuno dello staff del gruppo a collegare il suo registratore al mixer del concerto.
Un business enorme e incontrollabile da cui artisti, band e case discografiche erano completamente tagliati fuori. Poi, la svolta con un’idea semplice ma, al tempo stesso, geniale: diventare i bootleger di sé stessi, ovvero mettere a disposizione dei fan (a pagamento ovviamente) le registrazioni dei propri concerti, non proprio perfette ed elaborate, ma comunque di buona qualità. L’ultimo clamoroso esempio è quello dei Pink Floyd che una manciata di settimane fa hanno pubblicato su tutte le piattaforme streaming, nel giro di 24 ore, ben 18 bootleg delle loro performance all’inizio degli anni Settanta. Un documento storico preziosissimo, perché nei concerti, ora disponibili a tutti, prendevano man mano forma, sera dopo sera, le canzoni che da lì a poco avrebbero inciso per The Dark Side of the Moon.
Nella discografia di trent’anni fa nessuno avrebbe osato fare un’operazione del genere dando in pasto al pubblico registrazioni antiquate, a volte decenti, a volte oggettivamente approssimative, per non dire scarse. Ma oggi tutto è cambiato: si va ai concerti e con uno smartphone, si registra e si posta su YouTube o Facebook in diretta. Gli artisti si sono quindi attrezzati per vendere direttamente questi prodotti e incassarne i profitti. BruceSpringsteen.net è il paradiso dei fan dell’eterno rocker del New Jersey: centinaia di concerti registrati più che bene dal 1975 a oggi. Vuoi il primo concerto del nuovo tour del Boss? La registrazione dello show del primo febbraio 2023 a Tampa, in Florida, costa 14,99 dollari in formato Mp3 normale, 18,99 in formato Mp3 di alta qualità mentre 26,99 dollari è invece il prezzo del cd da ricevere a casa. Una vera macchina da guerra. Come quella messa in piedi dai «mascherati» Kiss, che all’inizio degli anni Duemila mettevano a disposizione dei fan, all’uscita del concerto, la registrazione dello show che avevano appena visto su cd o chiavetta usb. Adesso li pubblicano in cd e vinile in una collana denominata Off the Soundboard. Ovvio che in questo nuovo contesto il mercato delle registrazioni clandestine si sia enormemente ristretto. Resta però il valore inestimabile dei bootleg degli anni Settanta e Ottanta, quelli che hanno fatto storia e oggi hanno un valore inestimabile nel giro dei vinilmaniaci. Come Swelled and Spent, registrazione di un’epico concerto dei Genesis in cui suonavano per intero il loro album capolavoro The Lamb Lies Down On Broadway.
Un altro capitolo della storia dei bootleg è quello delle incisioni in studio: provini, demotape e materiale inedito scartato dagli album ufficiali ricomparsi clandestinamente su audiocassette, vinili e cd. Per arginare questo fenomeno, Bob Dylan ha messo sul mercato 17 album con la dicitura Bootleg Series. Al loro interno canzoni in versioni diverse dall’originale, brani mai pubblicati e rarità in concerto. L’ultimo della serie, appena uscito, Fragments – Time Out Of Mind Sessions, è uno dei capolavori della discografia del cantautore Premio Nobel per la letteratura (nel 2016). Un caso a parte, dai tratti misteriosi, è quello del «Black Album» di Prince. Avrebbe dovuto intitolarsi The Funk Bible e uscire nel 1987. Ma all’ultimo minuto, si racconta, il folletto di Minneapolis si convinse che quel disco fosse avvolto da un’aura «maledetta». Così ne bloccò la pubblicazione mentre il vinile era in stampa e alcune copie promozionali erano già state distribuite a giornalisti e critici. Superfluo dire che nonostante la distruzione di migliaia di copie ordinata dalla casa discografica, qualche esemplare rimase in circolazione diventando così il Sacro Graal dei bootleg. Fino al 1994 quando la Warner in accordo con Prince decise di pubblicare il «Black Album« in formato cd e audiocassetta. Risultato? I rarissimi vinili rimasti in circolazione della prima stampa, oggi valgono 15 mila dollari l’uno…