Se sulla Terra è sempre più pressante la richiesta di metalli, minerali e terre rare (con un indiscusso monopolio cinese) una possibilità concreta è andarli a prelevare su altri corpi celesti. Alcuni ne sono così ricchi da poter travolgere l’economia mondiale. Come racconta un nuovo saggio.
Quella specie di sferoide bitorzoluto che vedete qui a fianco è in realtà una gigantesca pepita cosmica. Avrà anche un aspetto sgraziato, ma il suo valore stimato è di 10 mila quadrilioni di dollari. Per fare un confronto, l’economia terrestre ammonta a «soli» 75 mila miliardi. Merito di tutto l’oro che questo asteroide, chiamato 16 Psyche, contiene (oltre ad altri materiali come ferro e nichel). «Spiegato in altro modo, se tutti i metalli di Psyche fossero trasportati sulla Terra, ogni persona si vedrebbe assegnati, idealmente, circa 1,3 miliardi» scrive Simonetta Di Pippo, astrofisica e direttore dello Space Economy Evolution Lab di SDA Bocconi School of Management, nel saggio Space Economy – la nuova frontiera dello sviluppo (appena pubblicato da Bup Edizioni), dedicato a tutti i settori legati alle risorse e alle conoscenze spaziali: dall’esplorazione al turismo cosmico, passando dalla potenziale economia rappresentata, appunto, dagli asteroidi del sistema solare.
Un’economia che potrebbe, in futuro, salvare – e anche stravolgere – quella del nostro pianeta. E che l’idea di scavare negli asteroidi per portarne a casa il contenuto non sia affatto peregrina lo dimostra l’interesse della Nasa, l’agenzia spaziale americana, che sta progettando una missione diretta proprio su 16 Psyche, e persino la proposta di scienziati inglesi dell’Università di Glasgow, che suggeriscono di deviare questi corpi celesti verso la nostra orbita così da averli più a portata di mano.
Davvero queste rocce cosmiche sono, potenzialmente, miniere di materie preziose?
Di sicuro, soprattutto gli asteroidi che si trovano nell’orbita tra Marte e Giove, ossia relativamente vicino alla Terra. All’inizio la priorità è quella di «caratterizzarli», ossia sapere di cosa sono fatti: in genere se ne stanno tranquilli nelle loro orbite ma c’è la possibilità, per quanto remota, che a causa di qualche variazione gravitazionale possano entrare in traiettoria di collisione terrestre. E conoscerne la composizione può permettere azioni preventive per deviarli. Così facendo, ci si è accorti che sono anche molto interessanti dal punto di vista economico.
E quali sono quelli più appetibili per noi terrestri?
Uno dei principali è 16 Psyche, che ha un diametro di 220 chilometri, uno degli asteroidi più grandi finora individuati. Ricco com’è di metalli, oro, platino, ferro, nichel, è il target di una missione della Nasa vicina al lancio, prevista nel 2023 o 2024, che dovrà analizzarne nei dettagli il contenuto. Psyche ha così tanto oro che potrebbe destabilizzare il mercato finanziario globale.
Un autentico forziere. Ma, nel concreto, come dobbiamo immaginarcela una futura missione per estrarre materiali da Psyche o da altri asteroidi?
Una futura sonda dovrà arrivare fino all’asteroide, atterrarci sopra – il che non è così banale perché dipende dalla composizione del terreno e dalla presenza di crateri – poi iniziare le operazioni di carotaggio per estrarre i materiali che servono, raccoglierli dentro una capsula e rispedirli sulla Terra. In alternativa si potrebbe anche utilizzare, come base tra il nostro pianeta e l’asteroide di riferimento, un’orbita marziana, per esempio quella di Phobos, uno dei satelliti di Marte. In ogni caso, i materiali estratti opo di che dovranno rispettare una quarantena.
Perché una quarantena?
Per essere sicuri che non contengano forme di vita batteriche potenzialmente pericolose per la popolazione mondiale. La quarantena potrà essere fatta in laboratori terrestri o in orbita bassa, a circa 400 km di altitudine dal nostro pianeta.
Quella verso Pysche sarà una missione assai costosa, immagino.
Intorno a un miliardo di dollari, almeno. Il costo stimato dalla Nasa, per la precisione, ammonta a 985 milioni. E se da questa missione, com’è probabile, nascerà un’attività sistematica, andrà poi sviluppato un intero settore industriale, in cui formare una forza lavoro specializzata. Che è quello che, fra le altre cose, sta facendo il laboratorio che dirigo: dovremmo riuscire a formare esperti al top diventando così un centro di eccellenza.
A parte Psyche, quali altri corpi celesti potrebbero rappresentare un buon target?
C’è anche 1986 DA, un asteroide metallico abbastanza vicino a noi e potenzialmente molto ricco perché contiene ferro e nichel. Un obiettivo ideale per una futura estrazione, quindi. Il suo valore annuale, se si dovesse sfruttarlo per 50 anni, sarebbe di circa 233 miliardi di dollari. In totale, si arriverebbe a quasi 12 migliaia di miliardi. E poi c’è Bennu, da cui la Nasa ha prelevato campioni nel 2016, che torneranno a Terra nel 2023. Anche Bennu dovrebbe contenere acqua e metalli preziosi.
Nel libro lei scrive che esistono anche potenziali rischi geopolitici per lo sfruttamento degli asteroidi. Quali?
I miliardi di dollari delle risorse estratte produrrebbero un’alluvione nel mercato mondiale, portando a un’immediata svalutazione dei materiali. Il valore dell’oro, per esempio, si dimezzerebbe. Però, quando l’estrazione dagli asteroidi dovesse diventare la norma, i prezzi tenderanno probabilmente ad abbassarsi e il mercato finirà con l’adattarsi. Un altro svantaggio è che i Paesi in via di sviluppo che oggi possiedono questi materiali non sarebbero più considerati importanti da parte di chi effettua le estrazioni.
Oltretutto a sfruttare gli asteroidi saranno facilmente i soliti noti, Stati Uniti, Cina, Russia…
Se è vero che non si può limitare l’accesso allo spazio, che deve rimanere democratico, dovrà però esserci un organismo sovranazionale che gestisca, regoli e coordini l’intero sistema. Lo si è fatto per la navigazione aerea, a maggior ragione lo si dovrà fare per il traffico cosmico e la space economy.
E a questo si sta già pensando?
Il segretario nazionale dell’Onu ha anticipato, per il 2024, un summit che – fra gli altri temi – inserirà anche quello della gestione dello spazio. Raccogliendo 193 Paesi, l’Onu dovrà e potrà fare da collante di tutti gli attori governativi e industriali, proprio per impedire monopoli di queste risorse. Oggi quello della Cina sulle terre rare è indiscusso, si dovrebbe evitare di fare nello spazio gli stessi errori che abbiamo fatto sulla Terra, muovendosi prima che sia tardi.
Al di là dei vantaggi diretti rappresentati dall’estrazione di minerali e metalli dagli asteroidi, quali altre ricadute positive potrebbe riservare questo tipo di missioni?
Come spesso, anzi quasi sempre, succede nell’esplorazione dello spazio, si sviluppano numerosissime tecnologie senza sapere prima quali vantaggi ne trarremo. Abbiamo un’infinità di esempi: materiali adesivi come il velcro, o le fotocamere che oggi tutti abbiamo nei nostri telefonini, sono derivati dallo spazio, così come i termometri a pistola. Persino i pannolini per i bambini vengono da lì.
Lei racconta anche che esiste un asteroide con il suo nome. Chi gliel’ha dato?
Si chiama 21887 Dipippo, me l’ha dedicato nel 2008 l’Unione astrofisica internazionale, quando lavoravo all’Agenzia spaziale italiana, come riconoscimento per il lavoro di coordinamento che avevo svolto in varie missioni di esplorazione del sistema solare.
E che «tipo» è il suo asteroide?
Si trova anch’esso nella fascia principale, quella fra Marte e Giove. Ha un diametro di 7,6 chilometri, come gli altri assomiglia a una «patata cosmica», e a dir la verità non sappiamo che cosa contenga. Per me ha un valore simbolico molto importante. Ma, giusto per scherzare, magari un giorno potrei ritrovarmi ricca…
