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Bob Sinclar: «Sarò il vostro tormentone (e l’energia per ripartire)»

Bob Sinclar: «Sarò il vostro tormentone 
(e l’energia per ripartire)»

Chiuso in casa per la pandemia, voleva riordinare i suoi 15 mila vinili, invece li ha usati per far ballare 100 milioni di persone in diretta streaming dal suo studio. Il dj e produttore francese si racconta a Panorama, dall’amicizia con Raffaella Carrà al nuovo disco per l’estate con l’artista giamaicano Omi: «Canto la rinascita del mondo. Lo spettacolo continua»


Quando è iniziato il lockdown, ho pensato che, forse, per la prima volta avrei trovato il tempo di risistemare e classificare i miei quindicimila vinili» racconta a Panorama Bob Sinclar, deejay-produttore, icona della dance contemporanea, tornato alla ribalta con un nuovo brano, I’m on my way (interpretato dall’artista giamaicano Omi), nato proprio nei giorni dell’emergenza da Covid-19 e candidato a diventare il primo vero tormentone su scala mondiale dell’estate 2020.

Monsieur Sinclar da Parigi appartiene alla old school dei deejay, a quella generazione in grado di creare la perfetta colonna sonora di un evento o di una serata attingendo, con precisione chirurgica, dallo sterminato catalogo mondiale della dance e miscelando, come un alchimista, le sonorità vintage con quelle del presente.

Dunque, si è davvero trasformato in un archivista maniacale durante le settimane dell’isolamento?

Ci ho provato, ma non sono una persona che sopporta i lavori ripetitivi e noiosi. Così, quando mi sono trovato di fronte a quella distesa infinita di vinili, ho iniziato a pescare qua e là per creare compilation con tutti i miei brani preferiti. Dalla disco music anni Settanta all’hip hop, passando per la House e la musica africana. Libero dall’esigenza di far ballare in pista migliaia di persone, ho scelto d’istinto e trasformato quelle playlist, nate per gioco nel mio studio, in un format live quotidiano su Facebook e su Instagram. Durante il lockdown, si sono sintonizzate oltre cento milioni di persone. Uno spasso.

Da selezionatore di musica dietro le quinte a popstar: si può riassumere così la rivoluzione che ha radicalmente trasformato il suo lavoro?

In origine, la mission dei deejay era far ballare la gente in discoteca e trasformare le canzoni in hit inserendole, a volte imponendole, contro il parere di tutti, nella programmazione radio. Poi, c’è stata una fase nuova in cui i deejay, circondandosi di ottimi musicisti, hanno iniziato a comporre canzoni dance di successo e a produrre dischi di artisti già affermati. Sull’onda del fenomeno, alcuni, me compreso, sono diventati idoli pop in grado di richiamare 20-30 mila persone a sera. Detto ciò, mi è chiaro quanta e quale differenza ci sia tra quello che sanno fare i deejay e il talento di icone pop come Madonna o Michael Jackson.

Oggi c’è un’inflazione di personaggi che si definiscono deejay, ma che in realtà non hanno alcuna cultura musicale o confidenza con la consolle. È questo il rovescio della medaglia rispetto al fenomeno dei deejay superstar?

In un certo senso, sì. Fare questo lavoro, oltre a essere molto cool, è diventato un business che però non nasce da una reale passione per la musica. Si è perso il gusto di usare e mixare i vinili… Si scaricano un po’ di canzoni, si trasferiscono su una chiavetta usb e si va in scena. Ecco come fanno molti vip dei social a trasformarsi di colpo in deejay…

Il fortunato sodalizio con Raffaella Carrà e il suo best seller, A far l’amore comincia tu, iniziò molti anni fa in una discoteca di Modena. Che cosa accese la sua fantasia ascoltando quel brano?

Il ritornello preceduto da quel vocalizzo formidabile, che è diventato un classico per sempre. Era la via italiana alla disco music. Una sera, in un grande club di Modena, lo Snoopy, inserii la canzone in una scaletta composta quasi esclusivamente da brani house e hip hop. Un amico deejay mi disse che non riusciva a capire il senso di riciclare un pezzo così vintage e fuori moda (la versione originale è stata pubblicata nel 1976, ndr). Beh, qualche ora dopo, la strabiliante reazione del pubblico gli fece cambiare idea. Successivamente ho avuto il piacere di conoscere Raffaella e di trascorrere del tempo insieme in sala d’incisione, a Roma, per un remix del suo 45 giri. Che poi è stato utilizzato come colonna sonora in una delle scene di ballo del film La Grande Bellezza, vincitore di un Premio Oscar. Più di così…

A due anni di distanza, che effetto le fa pensare alla fine di Avicii, uno dei deejay più amati dai Millennial, suicida a 28 anni in una stanza d’albergo?

Mi ha rattristato molto un documentario sulla sua vita che ho visto di recente. Ho avuto l’impressione che dietro di lui ci fosse un’enorme pressione, che fosse spinto a non fermarsi mai. Non si è tenuto abbastanza in considerazione il fatto che fosse giovane e soprattutto molto, molto spaventato dall’idea di esibirsi davanti a folle oceaniche. Non era più lucido, aveva iniziato a bere. La vita in tour è fantastica, ma se inizi a girare a vuoto, può diventare terribile. Non mi sono mai lamentato di quello che faccio, però esibirsi di notte, dormire un paio d’ore, prendere un aereo e tornare sul palco la notte successiva, non è da tutti. Io non bevo, non fumo e non mi sono mai drogato. Ai tanti genitori che mi chiedono consigli e suggerimenti per i figli che sognano di fare il mio lavoro, rispondo sempre così: per vivere di musica a questo livello l’unica strada è imporsi il rigore e la disciplina di un atleta.

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