Paolo Caciorgna, l’enologo umanista
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Paolo Caciorgna, l’enologo umanista

Ambasciatore del Rinascimento proprio come «Macchie», il vino che produce nella sua piccola ma deliziosa tenuta Pietro Caciorgna vicino a Casole, si racconta a Panorama

Paolo Caciorgna, come enologo, si è forgiato nella prima D.O.C. italiana, quella della Vernaccia di San Gimignano, lavorando al fianco di Enrico Teruzzi. Da lì in poi, il destino e le sue scelte, lo hanno portato a confrontarsi con molte delle denominazioni più famose d’Italia: Amarone della Valpolicella, Soave, Verdicchio, Greco di Tufo, Taurasi, Nero di Troia, Etna, Montepulciano d’Abruzzo, Conero, Barbaresco, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano , Morellino di Scansano.

Oltre ad esperienze all’estero con l’amico Owsley Brown del gruppo Brown-Forman, Caciorgna segue aziende blasonate in tutta Italia, che compaiono spesso nelle Top 100 di James Suckling e Wine Spectator, ma sempre con le scarpe tra la terra, quella terra che rispetta e che cerca di valorizzare al meglio, non solo per creare i suoi capolavori enologici, ma perché è convinto che l’armonia e l’eleganza del paesaggio siano fondamentali e ci rendano unici al mondo.

Ha accettato e vinto sfide in vari territori, dall’Etna alla Cantina del Morellino di Scansano sempre con il suo stile elegante e misurato, rispettoso delle persone e del territorio, dei vitigni autoctoni e dei tempi della natura interpretandoli al meglio come un grande direttore d’orchestra.

Paolo Caciorgna

Cos'è il vino per lei?

«Il vino nasce dalla terra ed è frutto della vite e del lavoro dell’uomo. È il prodotto della terra al quale viene riconosciuto un valore aggiunto proprio perché racconta, porta con sé, i profumi e i sapori di un uva e di un territorio. Ogni bottiglia di vino riporta in etichetta l’anno di produzione per ricordarci quello che è accaduto in quella stagione, in quel territorio e la sensibilità con la quale il viticoltore ha saputo fare le scelte. In pratica racconta una storia.

In particolare, i vini prodotti da vitigni autoctoni, che si sono forgiati nel tempo in determinati territori divenuti poi denominazioni di pregio, esprimono al massimo il carattere dei terroirs da cui provengono e delle persone che ci sono dietro. Ogni vino si deve distinguere per stile ma principalmente per carattere, nello stesso tempo deve essere armonioso per essere goduto in maniera conviviale ed abbinato alle pietanze, sì da esaltare il gusto ed il piacere della tavola.

Io credo che il vino abbia proprio questa vocazione, quella di essere sorseggiato in compagnia. Ma, se posso aggiungere, avendo radici contadine, il vino deve fare da traino a tutte le eccellenze della terra e deve ergersi a portabandiera della nostra cultura».

Qual è lo stile Caciorgna?

«Quando qualcuno ti affida il proprio vino, ti consegna i suoi desideri ma soprattutto i suoi sogni e quindi a me piace entrare in punta di piedi. Cerco di aiutare le aziende a realizzare al meglio ciò che vogliono fare. Il vino è il riflesso di un territorio, ma anche delle scelte del viticoltore, per questo, il confronto con i miei clienti cerca sempre di portare a esprimere non tanto uno stile quanto il carattere delle loro terre. Alla base di tutto però ci deve essere la consapevolezza che il vino prima di tutto è un prodotto alimentare che quindi deve rispettare rigorosamente i principi igienici e sanitari a tutela del consumatore».

Oggi tanti produttori si stanno dirigendo verso il biologico. È realmente meglio o è una moda?

«Produrre un vino sano è il primo elemento di qualità, di pregio. Per me produrre in maniera biologica è fondamentale in quanto, seppure il vino rappresenti un prodotto importante della nostra cultura ed economia, non è un bene di prima necessità, quindi , a maggior ragione, deve essere prodotto nel massimo rispetto della terra e dell’ambiente. L’uomo deve porsi al centro delle decisioni utilizzando al meglio tutto ciò che la scienza mette a disposizione, quindi con conoscenza e coscienza deve fare la scelte migliori avendo due riferimenti come punti cardinali: rispetto per l’ambiente (in termini di riduzione emissioni CO2, riduzione consumo risorse idriche ed erosione del suolo), e per il consumatore».

Dove va e dove dovrebbe andare il mondo del vino?

«Credo che debba andare verso la qualità e puntare sempre di più sulla sostenibilità per ottenerla. Quindi da una parte andare verso produzioni più limitate e sempre più di maggior pregio. Dall’altra parte fare investimenti di medio-lungo termine, non solo come singoli produttori, ma come intero comparto e sistema paese , per diffondere alle nuove e future generazioni di consumatori, la cultura di un consumo moderato e consapevole del vino, attraverso la formazione di figure professionali (ad esempio sommelier), che dovrebbero divulgare la ricchezza del nostro patrimonio vitivinicolo, mettendo in rilievo l’aspetto edonistico e culturale del vino , come prodotto naturale, strettamente legato al piacere della tavola e della convivialità».

Quanto è importante il contenuto e quanto incide la bottiglia, l’etichetta e il marketing?

«Il livello qualitativo dei vini negli ultimi anni è molto cresciuto, per questo il marketing e la comunicazione hanno assunto un ruolo e una importanza sempre più crescente, rappresentando una voce di spesa per le aziende molto importante. Ciò ha fatto sì che spesso ci si trovi davanti a dei vini il cui “vestito” vale più del bicchiere. Durante il Covid, a causa di un aumentato consumo di vino a casa, abbiamo sperimentato come molti vini meno noti o meno di moda abbiano avuto successo, in quanto il consumatore ha deciso in maniera più indipendente».

Quali sono i sogni nel cassetto di Caciorgna?

«Prima di tutto devo dire che considero il mio percorso professionale un sogno realizzato oltre le mie aspettative. Per questo sono molto grato alla sorte per avermi riservato questa sorpresa. Inoltre sono molto grato ai produttori che mi hanno dato fiducia , ai grandi professionisti che ho incontrato nel mio cammino e che mi hanno aiutato a trovare la mia strada . Vorrei citare i maestri Giulio Gambelli, Gianpiero Cereda, Roberto Ferrarini e Franco Allegrini, Marc de Grazia, oltre agli agronomi Alan York, Federico Curtaz, Lorenzo Bernini, Roberto Giannetti e Simone Giunti. Sono anche molto orgoglioso di aver incontrato nel mio cammino dei giovani enologi come Nicola Berti, Mirko Niccolai ed Emilia Tartaglione con i quali condividere idee e filosofia, oltre ad una parte di percorso che mi auguro continui più a lungo possibile.

Proprio insieme a Nicola Berti ed altri amici, stiamo dando concretezza ad un piccolo sogno, che è quello di produrre dei nostri vini in alcuni luoghi particolari .

Si chiama Le Terre Diverse ed è iniziato con un Greco di Tufo, al quale si è aggiunto un Etna Rosso, presto avremo anche un vino della Costa Toscana nella zona di Bolgheri .

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Federico Minghi