La Gen Z vuole brand attivisti
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La Gen Z vuole brand attivisti

La Rubrica "The Lob"

Dopo il caso George Floyd, forse, non torneremo più indietro. I brand saranno sempre più attivisti, forse ancora di più dei loro clienti. È l'effetto della Generazione Z (quelli nati dopo il 1995). I consumatori non si accontentano più che la suola sia morbida. Quando comprano un paio di scarpe, vogliono che il brand di quelle scarpe rappresenti i valori in cui si rispecchiano. Vogliono, anzi pretendono, che si sia esposto su temi come ecosostenibilità, diritti civili, diritti umani. Cercano brand che combattano le loro battaglie. E che non lo facciano solo a parole, ma coi fatti: rischiando pezzi di business, alleanze commerciali, supporto politico. Producendo qualcosa che non sia un semplice e "sicuro" cancelletto su Twitter.

La Rubrica "The Lob" tutto quello che fa lobbying e comunicazione

Un generico appello ai buoni sentimenti, agli iperconnessi e smart consumatori della Gen Z, non basta mica. In seguito alle proteste del movimento Black Lives Matter, decine di brand hanno addirittura deciso di colpire il gigante Facebook, sospendendo per almeno un mese i loro megainvestimenti pubblicitari sulla piattaforma, accusata di fare poco per contrastare i messaggi di odio, razzismo e fake news postati al suo interno. Alla campagna hanno aderito giganti come Coca Cola, Honda, Starbuck, Unilever, Adidas, Ford, Hp.

Capofila è stata forse la Nike. Nel 2018 la multinazionale aveva fatto da spartiacque nella comunicazione aziendale mondiale, quando aveva deciso di appoggiare e prendere come testimonial Colin Kaepernick, stella del football americano che per primo aveva deciso di inginocchiarsi in campo durante l'inno americano in segno di protesta contro l'oppressione degli afroamericani. Lo fece sapendo di schierarsi contro Donald Trump, e contro parte dell'intera Nfl, la federazione del football americano in cui lo stesso Kaepernick infatti non ha trovato più posto per giocare.

Oggi la Nike ha prodotto un nuovo video in supporto al movimento Black Lives Matter, in cui rivoluziona il suo slogan: "Don't do it". Ovvero: "Non fingere che non ci sia un problema in America", chiamato razzismo. La strada per i brand è tracciata: dovranno rispondere ogni volta alle sensibilità dei consumatori, esponendosi sui temi sociali e civili, dimostrare che non solo si preoccupano, ma sono pronte a rivedere le proprie priorità in nome della difesa di quei valori.

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Simone Dattoli