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Una carta Metal di Revolut (Revolut)
Tecnologia

L'intelligenza artificiale rende lo shopping sicuro

Revolut ha creato Sherlock, un detective automatico e invisibile che in meno di cinquanta millisecondi capisce se una transazione con una carta di debito è fraudolenta e la blocca

Tra i tanti talenti dell'intelligenza artificiale, inclusa la vocazione di salvare il pianeta e la promessa di concederci prestiti in tempi fulminei, c'è la possibilità di semplificare la vita di ogni giorno. Di aumentare la sicurezza di gesti comuni, come il pagamento con una carta di debito. In casa Revolut, alternativa digitale alla classica banca (ha appena raccolto 500 milioni di dollari di nuovi investimenti ed è valutata 5,5 miliardi), oltre che per rendere accessibili a pubblici vasti operazioni come investire in borsa, stanno usando i superpoteri della tecnologia per proteggere meglio i clienti. Mettendo a loro disposizione «un detective specializzato in frodi che si basa sul machine learning e che, considerando lo storico acquisti dell'utente e dell'esercente, calcola la probabilità che una transazione sia fraudolenta», spiega a Panorama.it Dmitri Lihhatsov, Fincrime Product Owner di Revolut, il super poliziotto responsabile della sicurezza della piattaforma. Classe 1989, estone, ha un master in scienze informatiche al Moscow Institute of Physics and Technology e un passato in Intel e Ford.

La sua creatura, quel detective specializzato, ha un nome promettente: Sherlock. Ha già salvato 3 milioni di dollari, bloccando con successo il 96% delle transazioni fraudolente. Il bello è che funziona senza che nemmeno l'utente se ne accorga. È silenzioso quanto efficace: «Immaginiamo di fare un acquisto su Amazon, in un negozio o in un bar», dice Lihhatsov. «Mentre sul display o sul monitor appare "stiamo processando il pagamento", in meno di 50 millisecondi Sherlock analizza la transazione. Se la reputa sospetta, blocca l'acquisto e congela la carta. L'utente riceve una notifica push e può confermare se si tratta di un addebito fraudolento o meno».

A quel punto cosa succede?

«Se l'addebito è corretto, la carta viene sbloccata e l'utente può ripetere la transazione. Se invece l'utente conferma che si tratta di un tentativo di frode, Sherlock disattiva la carta per impedirne altri e a quel punto sarà possibile ordinare una nuova carta».

Ci spiega meglio come funziona dietro le quinte?

«Immaginiamo che il database di Sherlock indichi che un utente sia solito andare in un determinato bar ogni sabato pomeriggio e spendere in media quindici euro. Se l'utente perdesse la sua carta e un truffatore provasse a utilizzarla nello stesso bar o altrove, Sherlock si chiederebbe "È normale che tale utente effettui questo tipo di acquisto presso tale esercente in questo orario?". Il profilo di un utente contiene centinaia di elementi capaci di aiutare Sherlock a predire un'attività fraudolenta. Ma ovviamente, a volte, può commettere errori. Quindi, se l'utente riceve una notifica ma la transazione non è fraudolenta, il feedback trasmesso a Sherlock renderà la sua attività più accurata in futuro. Ciò che rende Sherlock unico è proprio questo loop di feedback diretti che ci ha permesso di ridurre la necessità di un servizio clienti telefonico e dell'intervento umano nell'analisi delle transazioni sospette. In pratica sono gli stessi utenti a controllarle».

Lei l'ha messa giù in maniera molto semplice. Non sembra esserlo per niente. Quali sono le principali difficoltà con cui si devono fare i conti quando si ricorre all'ausilio di un'intelligenza artificiale?

«Quando si prova a risolvere un problema con l'aiuto del machine learning, la sfida più grande è trovare i dati giusti, pulirli perché i dati finanziari sono complessi e generare nuovi dati, che chiamiamo "feature". Nell'ultimo processo, chiamato "feature engineering", dobbiamo letteralmente pensare come se i truffatori fossimo noi. Ci troviamo spesso a chiederci: "Se avessimo una qualsiasi informazione sulla transazione, sull'utente o sull'esercente - non importa quanto inverosimile - utile a effettuare una predizione accurata sulla frode, quale sarebbe?».

Però voi ne sapere di più dei truffatori. Partite in vantaggio.

«Già, il vantaggio che abbiamo sono le informazioni sulle abitudini di acquisto dei nostri utenti. Grazie alla creazione di profili altamente personalizzati che contengono quelle feature, alleniamo i nostri modelli di machine learning a identificare le combinazioni che con alte probabilità indicano un'attività fraudolenta».

E qui sta il valore aggiunto di una macchina.

«La mente umana non può collegare centinaia di dati relativi a migliaia di transazioni al minuto per stimare la probabilità di una frode. Inoltre, i truffatori imparano rapidamente ed è per questo che Sherlock ogni notte si aggiorna utilizzando le informazioni sulle mancate transazioni fraudolente e sulle transazioni erroneamente declinate, in modo da migliorare l'accuratezza nell'identificazione delle frodi. L'essere umano non è in grado di elaborare i dati come invece può fare una macchina, la sinergia nasce grazie alla separazione delle responsabilità: creatività e pensiero strategico alle persone, analisi dei numeri alle macchine».

Nel suo esempio di prima parlava di Amazon, dunque Sherlock funziona sia online che offline, giusto?

«Abbiamo creato Sherlock principalmente per prevedere le frodi online, che rappresentano il 70-80% del denaro rubato. Ma Sherlock controlla anche le transazioni effettuate nei negozi con le carte fisiche e riesce a prevedere con successo anche quel tipo di frode. Ovviamente gli approcci sono leggermente diversi: per esempio, stimando la posizione dell'utente in base a quella dell'esercente, Sherlock può capire se la carta dell'utente è stata clonata».

revolut-dmitriDmitri Lihhatsov, Fincrime Product Owner.Revolut

È solo l'inizio o già un punto d'arrivo? A naso viene da pensare che anche i cybercriminali stiano affinando le loro tecniche.

«Credo che grazie al potere del cloud e di algoritmi intelligenti saremo in grado di prevedere molto più efficacemente non solo le frodi, ma anche crimini più gravi come riciclaggio, corruzione, finanziamento del terrorismo, traffico di esseri umani e droga, problemi che affliggono non solo l'economia globale ma la vita delle persone su ampia scala. Vengono inventati continuamente nuovi modi di effettuare crimini e gli algoritmi intelligenti capaci di analizzare terabyte di dati in tempo reale saranno cruciali per aiutare i professionisti a prevederli».

A che punto siamo?

«Siamo ancora lontani da questo tipo di collaborazione tra uomini e macchine. In ogni caso, ora che sappiamo di cosa è capace l'intelligenza artificiale, è solo questione di creare applicazioni dedicate a risolvere i problemi prioritari».

Il nome Sherlock è stata la prima scelta o aveva valutato altre opzioni?

«Sono cresciuto con le storie di Sherlock Holmes e il dottor Watson del celebre Arthur Conan Doyle! Ecco perché, quando mi è venuta l'idea di creare un detective per contrastare le frodi, il nome Sherlock è stato la mia prima scelta. Quella tra il nostro Sherlock e i tanti Professor Moriarty sparsi per il mondo è una battaglia senza fine!».

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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