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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Il missile lanciato da Kim Jong-Un è giocare con il fuoco

Il leader nord coreano sfida il mondo ma rischia davvero grosso

I lanci di missili dalla Corea del Nord non cesseranno facilmente per i prossimi due anni. Pyongyang sta infatti conducendo collaudi regolari come parte del suo programma di sviluppo d'armi a medio e lungo raggio, e per questo motivo dall'inizio dell'anno sono stati provati tutti i tipi di missili balistici, da quelli ipersonici a quelli subsonici e più convenzionali. L'ultimo è stato il solo vettore (senza alcuna carica bellica, sostituita da un carico fittizio di uguale peso), di un ordigno balistico intercontinentale (Icbm) che però è stato diretto fin dentro la zona di pesca esclusiva del Giappone. L'agenzia Korean Central News Agency (Kcna) ha dichiarato che l'oggetto, lanciato in modo plateale dall'aeroporto internazionale di Pyongyang, avrebbe viaggiato su una traiettoria parabolica molto ripida coprendo una distanza di 1.090 km in 68 minuti prima di colpire con precisione (!) l'area prestabilita in acque aperte. Volando quindi a 960 km/h, molto lentamente per un missile. Ad osservare il lancio, oltre alle forze militari della Corea del Sud, anche i satelliti strategici di Usa e alleati dell'area Asia-Pacifico, inclusa l'Australia. Tuttavia è difficile dare credito alle informazioni raccolte e riguardanti le reali prestazioni di queste armi, in quanto spesso sono notizie contrastanti tra loro.

Tra tutti i missili nord coreani quelli che maggiormente preoccupano di più gli americani, la cui base di Guam è a portata di tutti i modelli a disposizione di Kim Jong-un, sono lo Hwasong-14 che ha una gittata potenziale di 8.000-10.000 km, tanto da poter colpire il suolo americano, e lo Hwasong-15/17, la cui portata sarebbe di 13.000 km, abbastanza da mettere in pericolo anche gli Stati centrali degli Usa, e il cui carico utile potrebbe consentire il trasporto di una testata nucleare multipla. Di questo missile Kim Jong-un parla dal marzo 2021, definendolo come “l'arma più potente del mondo” e specificando per la prima volta che il massimo carico che può portare a una distanza così elevata sarebbe 2,5 tonnellate. Ma l'arma non è ancora stata formalmente identificata dalla Nato, mentre secondo gli analisti del James Martin Center for Nonproliferation Studies questa sembrava essere “una variante migliorata” di un missile Kn-23, sviluppato con tecnologia iniziale russa, ovvero con caratteristiche di configurazione che gli consentirebbero di manovrare più facilmente e renderlo quindi più difficile da rilevare e intercettare. Altre fonti d'informazione parlano invece di nuovi lanci di missili da crociera a medio raggio, tra i quali un modello che coprirebbe una distanza di soli 1.500 km a velocità molto elevata, mettendo così tra i suoi possibili bersagli gran parte del Giappone. Ma soprattutto che i tecnici nord coreani avrebbero realizzato un sistema rapido di trasporto e lancio che lascerebbe poco tempo agli avversari per localizzarlo e neutralizzarlo prima che abbia lasciato la rampa.

La grande preoccupazione degli Usa (e non soltanto) per le attività missilistiche di Pyongyang è cominciata realmente soltanto il 3 settembre 2017, quando la Corea del Nord ha condotto il suo più grande test nucleare nel poligono di Punggye-ri, ma senza un vettore in grado di portare quel volume di fuoco altrove. Washington si limitava al biasimo e al controllo, ora invece le stime della potenza esplosiva variavano da 100 a 370 kilotoni, dove 100 sarebbe già sei volte più potente della bomba sganciata su Hiroshima. La stessa Corea del Nord aveva annunciato l'esito positivo del test come la prima esplosione termonucleare, ovvero la forma più potente di deflagrazione, nella quale la detonazione atomica è potenziata da un processo di fusione secondaria per produrre un'esplosione molto più grande. Per provare che le sue capacità nucleari erano ormai consolidate, la Corea del Nord aveva promesso di smantellare il sito di Punggye-ri e nel maggio 2018 aveva fatto esplodere alcuni tunnel in presenza di giornalisti stranieri, ma senza convocare esperti internazionali. Quando iniziò il dialogo distensivo con Donald Trump, il 12 giugno di quell'anno, Kim Jong-un disse che avrebbe distrutto tutti i suoi impianti di arricchimento del materiale nucleare, ma in seguito all'inconcludenza degli incontri successivi tra i due presidenti, e con il cambio dell'inquilino della Casa Bianca, nel 2021 i satelliti avevano osservato il riavvio del reattore di Yongbyon, ritenuto la principale fonte di plutonio per uso militare del Paese. Che cosa vuole quindi davvero Kim Jong-un? Probabilmente attirare l'attenzione nazionale e internazionale su di sé in un momento in cui il mondo guarda quasi soltanto l'Ucraina, non a caso la diplomazia nordcoreana ha diffuso la notizia di essere “pronta per un confronto di lungo periodo con gli Stati Uniti all'indomani del successo del suo nuovo missile balistico intercontinentale”. Con la scusa della deterrenza, il leader di Pyongyang potrebbe ottenere l'attenzione degli Usa e sbandierare in casa un qualsiasi accordo ottenuto grazie al “timore del suo nemico”. Da Washington gli ha risposto, qualche ora dopo e indirettamente, il segretario di Stato Antony Blinken parlando al ministro sud coreano degli esteri Chung Eui-yong e diffondendo il contenuto del colloquio: “Il lancio dimostra la minaccia costituita dai programmi illegali di armi di distruzione di massa e dei missili balistici della Corea del Nord, un pericolo che pesa sui paesi vicini e su tutta la comunità internazionale”. Certo nessuno dei suoi generali osa fargli notare che non è il momento opportuno per dare certe dimostrazioni di (presunta) forza.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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