M109 che l'Italia ha consegnato all'Ucraina
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Il «pacco» dei cannoni M109L che l'Italia ha consegnato all'Ucraina

L'Italia accusata di aver fornito a Kiev armi obsolete. Ma non è la solita furbata all'italiana. SI tratta del frutto di decenni di politiche contro ogni investimento nel campo della difesa

Come stabilito dal Governo Draghi lo scorso anno, l’Italia ha consegnato all’Ucraina venti carri d’artiglieria M109L tra i circa 300 che erano stati depositati presso il centro di manutenzione di Lenta, nel vercellese. Tuttavia, qualche giorno fa il Financial Times ha riportato la notizia che nessuno dei primi venti mezzi forniti come parte dell'assistenza militare era pronto per essere usato. Si tratta delle versioni aggiornate a una ventina d’anni fa dei cannoni da 109 mm sviluppati sul progetto M155 di costruzione americana. L’originale era denominato 155/45 e traeva origine addirittura da un pezzo francese dello stesso calibro, il 155 mm “Gpf” fornito agli Usa nel corso della Prima guerra mondiale. E la versione degli anni Sessanta ha fatto il suo esordio in battaglia durante la guerra del Vietnam.

Ebbene: i 109L nei primi anni Novanta sostituirono gli M109G “155/23” ed erano dotati di una bocca da fuoco più efficiente, ovvero erano “155/39”, quindi più precisi e con portata maggiore, di 30 km al posto di 24 km, realizzata su accordo con gli Usa dalla Oto Melara, oggi Leonardo, “copiando” alcune soluzioni dall'obice a traino anglotedesco FH-70. Si tratta comunque sempre di pezzi di concezione classica che l’Italia nel decennio successivo ha sostituito con i cannoni tedeschi PzH 2000 “155/52” che hanno una gittata di 40 chilometri. Dei vecchi 109L ne avevamo quasi 300 esemplari e per questo li abbiamo anche ceduti a Gibuti (12 unità come parziale compensazione per l’uso del sedime dove sorge la base italiana), mentre altri sarebbero stati dati al Pakistan. Ciò non deve far pensare che sia la nostra sia soltanto “fuffa da rottamare”, poiché in realtà con le opportune modifiche, come proposto da Leonardo anni fa, era possibile realizzare una versione da esportazione con caratteristiche contemporanee, in grado cioè di usare munizioni intelligenti e fornire questa opportunità come kit di aggiornamento a una serie di nazioni che hanno ancora in arsenale gli M109L. Ma è altrettanto vero che, stante la situazione di inutilizzo durata anni, prima di mandarli in Ucraina sarebbe stata necessaria una revisione completa che gli Usa si erano detti d’accordo di finanziare.

Secondo la stampa italiana questa revisione sarebbe stata eseguita da un’azienda specializzata in Friuli, fatto che avrebbe spiegato il transito dei treni che li trasportavano dalla provincia Udine, e che oltre agli M109L portavano anche una ventina cannoni italiani FH-70 e cinque unità Pzh-2000. L’altro ieri il Financial Times ha però reso noto che tutti i cannoni italiani non sarebbero utilizzabili per vari malfunzionamenti. L’accordo con l’Italia, stabilito tra la primavera e l’estate 2022, prevedeva piano era che avremmo dato a Kiev 60 obici dei quali gli Stati Uniti avrebbero pagato la rimessa in efficienza, ma ora si scopre che del primo lotto, risalente all’autunno scorso, le parti prodotte negli Stati Uniti non sarebbero state compatibili con il mezzo italiano diventando inservibili. E incredibilmente, da fonti militari ufficiali si apprende che a proposito della rimessa in efficienza, la nostra Difesa non è stata informata sull’esito delle operazioni.

Ma considerando che lo M109 è uno degli obici semoventi da 155 mm più diffusi al mondo, in servizio in più di 40 paesi, nemmeno l'esercito americano ha in programma la sua dismissione, e dunque il problema sta semmai nell’aggiornamento necessario per renderlo conforme ai requisiti moderni. Una delle modifiche più recenti è denominata M109-A6 Paladin, ed è stata sviluppata da dalla divisione sistemi di terra di United Defense LP (Bae Systems Land and Armaments), e prodotta presso il Paladin Production Operation Center di Chambersburg, in Pennsylvania, Usa. Schierata per la prima volta nel 1994, è stata operativa con gli eserciti di Stati Uniti e Israele, ed è stata selezionata anche da Kuwait e Taiwan.

Il sistema Paladin viene gestito da un equipaggio di quattro persone, un comandante, un autista, un mitragliere e un caricatore, ed è in grado di operare in modo indipendente senza assistenza tecnica esterna. L'equipaggio riceve i dati della missione tramite un sistema di comunicazione digitale sicuro, calcola i dati di sparo, sblocca automaticamente il cannone dalla posizione nella quale viaggia sul mezzo mobile, punta e spara per poi mantenere puntato il bersaglio anche se in movimento. Il tutto entro i 60 secondi. Utilizzato a sostegno dell'operazione Iraqi Freedom dal marzo 2003, inclusa l'operazione Al Fajr a Fallujah nel novembre 2004, dove ha dimostrato di essere molto efficace e al contempo di aver mantenuto buona parte delle caratteristiche di semplicità del progetto originale, oggi vetusto. Bae Systems ha fornito 219 kit di modifica “Paladin” dell'esercito americano che consentono l'uso del sistema di carica d’artiglieria modulare (Macs) e del proiettile Excalibur XM92 a guida di precisione sviluppato da Raytheon con Bofors Defense (una filiale svedese di Bae Systems), nel 2005. La cadenza di fuoco massima arriva a otto colpi al minuto, tre colpi in 15 secondi o un colpo ogni tre minuti a seconda della versione delle munizioni e della situazione. La pistola è azionata da un sistema automatico di controllo del fuoco con computer balistico, dotato di un backup ottico. Il sistema di posizionamento e navigazione inerziale del veicolo è integrato con il sistema di controllo automatico del fuoco. L'equipaggio rimane nel veicolo per tutta la missione. La protezione contro la guerra nucleare, chimica e biologica è installata con sistemi di protezione individuale dell'equipaggio, inclusa l'aria a temperatura controllata. La torretta è dotata di rivestimento antischegge in Kevlar.

Ovviamente i sistemi italiani dati all’Ucraina non potevano essere così aggiornati, anche considerando il pericolo che possano cadere in mani russe. Se noi abbiamo detto il vero, cioè che i nostri esemplari di M109L erano vetusti e bisognosi di manutenzione, difficile dire a quale livello di tecnologia e aggiornamento son stati portati con i dollari di Washington.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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