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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

I mega miliardari si prendono lo Spazio, abbandonato dalle superpotenze del mondo

Bezos, Branson, Musk guardano ed investono miliardi nella tecnologia spaziale salvando un settore dove i grandi paesi scarseggiano in soldi, idee, volontà

Dopo vent'anni di attività il fondatore di Amazon e della compagnia spaziale Blue Origin Jeff Bezos si dimette da amministratore delegato del colosso del commercio elettronico passando il testimone al collega Andy Jassy. Due decenni nei quali Bezos, da piccolo libraio online, è arrivato a capitalizzare 1,75 trilioni di dollari nella vendita al dettaglio globale, nella logistica e nei servizi Internet. Già nel febbraio scorso l'americano aveva comunicato di voler essere "soltanto" il presidente esecutivo della società, per poter dedicare più tempo ad altre iniziative tra le quali il Washington Post, la società spaziale Blue Origin e la filantropia. "Pur mantenendo un ruolo di enorme influenza dentro Amazon, in virtù del fatto di essere il maggiore azionista individuale, in questo modo sarà in grado di concentrarsi anche su nuove iniziative, prodotti e servizi" ha affermato Daniel Elman, analista della Nucleus Research, che proprio al Washington Post ha spiegato: "Le sue capacità di vedere lontano sono indubbie, quindi avrebbe senso per Amazon liberarlo dalla routine operativa per massimizzare gli sforzi in quelle aree".

Tanti i suoi meriti, ma certamente su tutti quello di pensare che Internet sarebbe servito per vendere qualsiasi cosa più che per collegare tra loro i nerd del pianeta. Bezos non è primo magnate che lascia il suo posto nell'impresa che lo fa reso ricchissimo per dedicarsi allo spazio. L'ha fatto Richard Branson allontanandosi dalla guida operativa del Virgin Group (compagnie aeree, carte di credito, assicurazioni pensionistiche, Formula 1 e molto altro), per dedicarsi al sogno dei voli turistici sub orbitali della Virgin Galactic e lo ha fatto, seppure in modo meno diretto, anche Elon Musk passando la mano in PayPal e Tesla per la sua Space X. Perché dunque lo spazio, apparentemente così lontano dai problemi che affliggono il pianeta, attira così tanto questi visionari? Potrebbe quasi sembrare una moda invece è un calcolo preciso.

Fino alla fine degli anni novanta la ricerca spaziale e le sue ricadute tecnologiche erano saldamente nelle mani dei governi, che nei decenni precedenti (1950-1980) godevano di un vasto consenso popolare nel voler mantenere questa supremazia. Da tempo non è più così: nel 2011 la popolarità del presidente Barack Obama aumentò di quattro punti percentuali in un giorno dopo che per "risparmiare sui costi" annunciò lo stop dei voli dello Space Shuttle. Anche se si trattò di una scelta di pancia e di calcolo errato, poiché fino all'arrivo di Elon Musk e della sua SpaceX gli Usa dovettero pagare molto più denaro ai russi per poter utilizzare le capsule Soyuz. Non soltanto: lo stop delle navette riutilizzabili comportò anche il rallentamento dei programmi per l'ammodernamento dei vettori spaziali, riducendo fortemente proprio quella supremazia tecnologica che gli Usa avevano conquistato dall'amministrazione di Dwight Eisenhower fino a quella di Bill Clinton passando per John Kennedy e il suo annuncio lunare.

Insomma a limitare il denaro pubblico spendibile nel settore dell'aerospazio sono proprio le compagini politiche che non vogliono più vedere oltre i loro mandati. "Un visionario non guarda oltre la curva della strada e neppure dietro la montagna, ma oltre l'orizzonte" fu una delle ultime frasi del "First Man" americano Neil Armstrong, il quale non dimenticava di ricordare quanti prodotti e quante tecnologie di largo consumo oggi divenute popolari derivino dagli sforzi fatti per mandare sulla Luna le missioni Apollo e, prima di quelle, le Gemini e le Mercury. Dalle batterie ricaricabili, la cui evoluzione ci permette di pensare alla mobilità elettrica alle celle a combustibile che stiamo rendendo compatte ed economiche, fino ai primi microprocessori che sostituirono i transistor e a tessuti come il Gore-Tex, per non parlare di come seppe sfruttare l'esperienza di aver fornito i sistemi per i collegamenti radio-tv con la Luna la Motorola, dopo le parole: "Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l'umanità." Ora nel caso dei vettori di Blue Origin non passa certo inosservata la loro capacità di atterrare verticalmente come si era finora soltanto visto nei film degli anni Cinquanta (merito di elettronica, intelligenza artificiale e grandi algoritmi che un domani terranno in piedi le persone non in grado di deambulare), oppure pensando a SpaceX non sarà sfuggito il grande salto in avanti rappresentato dalle uniformi di volo minimali più simili a quelle viste nelle serie di fantascienza come StarTrek o Spazio 1999. Dunque ogni nuova soluzione sviluppata, hardware o software che sia, ogni nuovo materiale validato nei lanci, finanche le procedure per evitare errori, divengono patrimonio dei privati e possono essere concessi per l'utilizzo in ogni settore produttivo. Questa è la grande opportunità offerta dalle sfide tecnologiche spaziali, non a caso le grandi agenzie come l'americana Nasa, l'europea Esa, la russa Roscosmos e la cinese Cnsa concorrono in queste sperimentazioni. Ed è ancora incalcolabile il vantaggio di chi riuscirà a produrre acqua e ossigeno sulla Luna o su Marte, esattamente come quelli dell'imprenditore i cui investimenti spaziali risolveranno qualsiasi altro problema terrestre. Visionari, ebbene si, del resto il giorno che l'architetto francese LeCorbusier fece il suo primo volo su un aeroplano, accorgendosi del grande vantaggio di poter osservare una grande fetta di territorio nello stesso istante, scrisse: "Quando l'occhio vede chiaramente, lo spirito decide limpidamente".

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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