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Gli ambientalisti contro i voli privati, ma i numeri dicono altro

L'allarme di Greenpeace con dati confusi e non omogenei. E anche il calcolo sull'anidride carbonica prodotta utilizza parametri discutibili

Greenpeace riporta un grande aumento di voli privati in Europa e come sempre grida all’inquinamento e annuncia che l’Italia sarebbe al quarto posto per l’uso di jet per ricchi. Addirittura, +64% sul 2022, emissioni equivalenti a mezzo milione di persone e scenari allarmisti da catastrofe imminente. E riguardo l’Italia, un volo su dieci sarebbe stato “privato”.

Vorremmo tanto che fosse vero, perché come dicono gli americani “no plane, no gain”, l’aviazione in generale e in particolare quella d’affari sono ottimi indicatori dell’andamento dell’economia perché sintomo che nel mondo gli uomini d’affari devono spostarsi rapidamente per poter creare benessere. Purtroppo invece non è così, sebbene il periodo della pandemia abbia visto un aumento delle persone che ricorrono al noleggio di velivoli per spostarsi rispetto a prima. Ma comunque anche questa nicchia dell’aviazione ha sofferto crisi non di poco conto, prima tra tutte quella creata della persecuzione fiscale, che seppure imposta dalla legge – siamo ancora il Paese della tassa sul lusso – ha comportato la fuga degli aeroplani dal registro aeronautico nazionale.

Ma nei numeri dati da Greenpeace c’è un po’ di confusione, poiché nello studio si confondono i voli di aviazione generale con quelli “privati”, che in aviazione in pratica non esistono. L’aviazione distingue infatti i voli commerciali (linea, cargo, charter) da quelli dell’aviazione generale, ovvero che comprendono i velivoli privati (e non i voli), ovvero anche migliaia di aeroplani ed elicotteri delle scuole di volo e del lavoro aereo appunto “generalizzato”. E certo, qualcuno è anche di cittadini privati, ma si tratta per oltre l’85% dei casi di piccoli monomotori da turismo e soltanto per il 15% di bimotori e jet.

Un altro parametro improbabile è la quantità di anidride carbonica che viene imputata per passeggero a singolo volo, perché paragonata a quella dei velivoli di linea, mentre i motori dei jet executive (così si chiamano) sono in realtà più piccoli e mediamente anche più moderni. Mentre i motori a pistoni dei monomotori, in fatto di emissioni possono essere equiparati a quelli di una grande autovettura di lusso. Ne deriva quindi una denuncia assurda, con cifre la cui correttezza è assolutamente indimostrabile perché criptico – e a ben guardare discutibile – è il metodo di calcolo.

I voli dei “jet privati” avvengono con le stesse regole di quelli commerciali, con operazioni condotte in volo strumentale per la quasi totalità del tempo, dunque gli unici indici che mostrano una loro crescita si possono prendere dai movimenti degli aeroporti e dei gestori dello spazio aereo, che in effetti mostrano un aumento del traffico executive ma che in Europa è ancora ben lontano dai livelli nord americani e asiatici.

Che poi nel Vecchio continente siano voli relativamente brevi, ovvero come dice Greenpeace sotto i 750km, è ovvio, stante che non abbiamo da coprire le distanze australiane e neppure quelle statunitensi, ma ciò non toglie che spostare un gruppo di dirigenti da un impianto produttivo all’altro con un jet noleggiato implichi meno utilizzo di più autoveicoli, traghetti e altre forme di trasporto collettivo a bordo delle quali la riservatezza e l’indipendenza da scioperi e altri imprevisti non può essere garantita. Se poi andiamo a guardare le cifre dei voli gestiti da Eurocontrol, l’ente che regola lo spazio aereo dell’Unione, le cifre di Greepeace appaiono veramente lontane. Purtroppo ad abboccare, più dei lettori pare siano i certi politici di Bruxelles, che dopo la parziale retromarcia fatta sui motori a combustione, ora hanno bisogno di un altro mostro da combattere.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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