Siamo vulnerabili e non lo sappiamo
(Ansa)
Cyber Security

Siamo vulnerabili e non lo sappiamo

La Rubrica: Cybersecurity week

"L'inverno cyber sta arrivando e molto più velocemente di quanto mi aspettassi. Questo è soltanto l'inizio". Il commento è stato di Yigal Unna, direttore generale del National Cyber Directorate di Israele, ed è giunto in un momento decisamente convulso per Tel Aviv. Purtroppo si tratta di avvenimenti che raramente trovano spazio su grandi media (curiosamente anche su quelli on line).

La Rubrica: Cybersecurity Week

In effetti a ben pochi è giunta la notizia che tra il 24 e il 25 aprile scorsi il sistema di distribuzione idrica di Israele è stato vittima di un attacco cibernetico teso ad alterare il funzionamento dei sistemi di depurazione e disinfezione dell'acqua. L'aggressione avrebbe potuto compromettere la potabilità dell'acqua nell'intero paese con conseguenza drammatiche. Praticamente nessuno ha riferito la notizia che le indagini effettuate avevano portato a individuare nell'Iran il responsabile e pochi specialisti hanno rilevato che due settimane dopo i sistemi di supporto del porto iraniano di Shahid Rajaee sono andati in tilt gettando nel caos l'intero scalo. Questo per un cyber attacco portato a compimento dallo stesso Israele.

In questo quadro l'affermazione del direttore generale del National Cyber Directorate assume contorni decisamente inquietanti perché lascia intendere che questo "scambio di favori" tra i due paesi si appunto "soltanto l'inizio", perché evidentemente Israele non intende lasciare "impunita" alcuna aggressione al punto che lo stesso Yigal Unna ha aggiunto di essere convinto che "ci ricorderemo di questo ultimo mese e del maggio 2020 come il momento in cui la storia della moderna cyberwar è cambiata".

Se le affermazioni sembrano piuttosto melodrammatiche vale la pena ricordare che se l'attacco agli impianti idrici avesse avuto successo avrebbe probabilmente fatto più vittime nel solo Israele di quelle causate dal Coronavirus nel mondo, ma questo dovrebbe suscitare spontaneamente alcune domande. Per quale ragione questa notizie non sono state trattate come gli atti di guerra "cinetici", per esempio un bombardamento? Sono ragionevolmente certo che un lancio missilistico di Teheran contro Israele avrebbe riempito le pagine (web e non) di qualsiasi media, anche in assenza di vittime. Così come un successivo raid aereo di Tel Aviv su a una infrastruttura iraniana, anche senza danni, avrebbe fatto parlare il mondo intero di "gravissima escalation" e avremmo assistito a prese di posizioni e commenti ufficiali di tutti gli Stati del mondo.

Questa, personalmente, la ritengo l'ennesima dimostrazione che siamo ancora incapaci di comprendere le implicazioni di quella società dell'informazione in cui viviamo completamente immersi. Da anni sostengo che in quanto esseri umani soffriamo di una fondamentale "inadeguatezza biologica" rispetto a un modo intangibile e fatto di bit del quale riusciamo a percepire i rischi in modo solo superficiale. Non riusciamo a comprendere quanto grande è la pervasività delle tecnologie, tanto che sempre più raramente quanto accade al di là di un schermo non produce conseguenze nel mondo reale. L'impossibilità dei nostri cinque sensi di cogliere il pericolo e la mancanza di una memoria storica del disastro a cui potremmo andare incontro ci rende completamente ciechi. Il Covid 19 era a noi invisibile, ma quando si è palesato il ricordo che la nostre specie ha delle epidemie ha fatto il suo dovere. Purtroppo se mai ci dovremo confrontare con un virus informatico abbastanza potente e sconosciuto quello che il Coronavirus ha fatto al mondo in sei mesi, un malware lo realizzerebbe in sei minuti e il lock down successivo potrebbe essere ben peggiore e più lungo di quello che abbiamo affrontato.

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Alessandro Curioni