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(Ansa)
Tecnologia

Cina e Regno Unito stanno per dimostrare che Einstein aveva ragione

Luce e calore, materia ed energia possono trasformarsi l'una nell'altra

La storia ci ha insegnato che convertire la materia in grandi quantità d'energia è possibile. E purtroppo a dimostrare gli effetti di questo fenomeno sono state le bombe nucleari, ma molto più complicato di quanto Robert Oppenheimer ed Enrico Fermi hanno contribuito a creare è il processo contrario, ovvero concentrare luce e il calore fino ad ottenere materia, ed è esattamente ciò che si sta provando a compiere nei laboratori di Cina e Regno Unito. Se l'obiettivo prefissato venisse raggiunto si aprirebbe un nuovo ramo della della fisica chiamata fotonica nucleare, ricca di potenzialità tecnologiche ancora inimmaginabili.

A Shanghai dal 2018 si sta costruendo "The Station of Extreme Light" (o Sel, la stazione della luce estrema), un laboratorio, già attivo dal 2019, che ha compiuto progressi significativi nel suo obiettivo di produrre raggi laser sempre più potenti e presso il quale entro il 2023 questi proiettili di luce potrebbero attraversare lo spazio vuoto creando nuova materia. Sel è un'installazione laser progettata per produrre raggi con una potenza valutabile di centomila trilioni di watt entro un paio d'anni, ovvero un impianto che una volta completato sarà il più potente sulla Terra e svilupperà un'energia diecimila volte maggiore di quella di tutte le reti elettriche del mondo messe insieme e con un'intensità dieci trilioni di volte maggiore di quella della luce solare come la riceviamo sulla Terra. A riportare questi numeri incredibili sono stati per primi le testate Asiatimes e The Guardian, le quali riferiscono che il laser sarà abbastanza potente da produrre materia e antimateria direttamente dal vuoto dello spazio permettendoci di osservare in un laboratorio terrestre lo stesso processo che presumibilmente ha dato origine all'universo.

E se a molti saranno venuti in mente i fantascientifici libri di Dan Brown, bisogna riconoscere che questa tecnologia si basa su un fatto ineluttabile: ciò che per sinonimo di spazio cosmico chiamiamo vuoto in realtà non lo è mai completamente. E', invece, come uno stagno pieno di coppie di elettroni e positroni (particelle di materia e antimateria) che occasionalmente emergono in superficie (esistenza), sebbene si annullino a vicenda appena si incontrano. Il laser potrebbe intervenire in quel processo e separare la materia e le particelle di antimateria prima che entrino in collisione tra loro, facendo in modo che entrambi emettano raggi gamma e generino più elettroni e positroni. Queste nuove particelle e radiazioni potrebbero quindi essere rilevate nel momento in cui acquisiscono una densità sufficiente per farsi notare dalle strumentazioni di cui disponiamo. In questo modo il laser sarebbe quindi riuscito a creare particelle e antiparticelle come se fossero sorte dal nulla e dimostrerebbe che la luce può generare materia e antimateria seguendo un fenomeno per ora noto come "rottura del vuoto".

Secondo The Guardian, l'idea originale fu scritta dai fisici statunitensi Gregory Breit e John Wheeler, i quali nel 1934 scoprirono che - molto raramente - due particelle di luce (fotoni), potevano combinarsi per produrre un elettrone e il suo equivalente di antimateria, un positrone.

Ma gli elettroni sono le particelle di materia che formano i gusci esterni degli atomi di tutti gli oggetti che ci circondano e quindi possiamo dire che sono la sostanza del creato.

Breit e Wheeler non avevano grandi aspettative sul fatto che la loro teoria potesse essere un giorno dimostrata, la considerarono un'ipotesi matematicamente e logicamente sostenibile e nulla più, poiché nel loro studio notarono che il processo era così raro e complesso da riprodurre che sarebbe stato inutile cercare di osservare la formazione della "coppia neutrone e positrone" in esperimenti di laboratorio. Ma quasi novant'anni dopo, se l'operazione dovesse avere successo l'umanità potrà misurare direttamente le proprietà quantistiche del vuoto sulla Terra mostrando anche che materia ed energia sono intercambiabili in qualsiasi direzione, come aveva affermato Albert Einstein nella sua più celebre equazione.

E se a Shanghai si lavora senza sosta, i fisici dell'Imperial College di Londra non perdono certo tempo, tanto che hanno affermato di aver risolto il problema usando laser ad alta potenza e altre apparecchiature ora disponibili: "In linea di principio abbiamo dimostrato come si può creare materia dalla luce", ha affermato lo scienziato Steven Rose, "con questo esperimento prenderemo la luce e la trasformeremo in materia." Scrivendone sulla rivista Nature Photonics, gli scienziati britannici descrivono il processo nei suoi vari passaggi ma pongono come condizione appunto l'avere a disposizione un potentissimo laser per poter concentrare l'energia necessaria.

La prima fase della creazione (perché si questo si tratta) è sparare elettroni su una lastra d'oro per produrre un fascio di fotoni ad alta energia. Successivamente si attiva il laser ad alta energia dirigendolo verso una minuscola capsula d'oro chiamata Hohlraum (dal tedesco "stanza vuota") e questo produce una luce brillante come quella emessa dalle stelle. Nella fase finale il primo raggio di fotoni nell'Hohlraum viene inviato dove i due flussi di fotoni si scontrano e qui si deve rilevare l'infinitamente piccola massa di materia che si produce. I calcoli degli scienziati mostrano che questa configurazione dell'esperimento comprime abbastanza particelle di luce con energie sufficientemente elevate in un volume sufficientemente piccolo da creare circa centomila coppie formate ognuna da un elettrone e un positrone. Considerando gli esperimenti del 1934, il processo è quindi una delle previsioni più spettacolari di una teoria chiamata elettrodinamica quantistica (Qed) sviluppata nel periodo precedente la seconda guerra mondiale.

Gli scienziati britannici sperano di dimostrare questo processo nei prossimi dodici mesi ed anche se, nel migliore dei casi si tratterà di qualcosa tanto piccolo da non poter essere neppure definito pulviscolo, sia i team scientifici britannici sia quelli cinesi sono consci che la strada per creare qualcosa che si possa definire "oggetto nato dalla luce" è soltanto all'inizio. Tra i commenti dei loro colleghi merita attenzione quello di Andrei Seryi, direttore del John Adams Institute dell'Università di Oxford, il quale ha dichiarato: "Lascia mozzafiato pensare che cose che finora pensavamo non fossero collegate, possano invece essere convertite l'una nell'altra: materia ed energia, particelle e luce. Forse significa anche che in futuro saremo in grado di convertire anche l'energia in tempo e viceversa". Chissà...

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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